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— Non lo sapevamo. — La voce della donna suonò convinta. — L’equipaggio della Manta si trova ancora in sonno sospeso, in attesa del ricupero. Non sanno ancora nulla della vostra presenza a bordo della loro nave. Anche la vostra partenza da Sol è passata inosservata. E laggiù voi avete costretto una squadra di tecnici a lavorar duro per molte settimane, per eliminare dal sistema dei dati i punti deboli che voi avete scoperto e ingegnosamente sfruttato. Per voi passare attraverso i punti di controllo e i meccanismi di sicurezza del sistema di Sol è stata una passeggiata. Jan de Vries è rimasto sgomento nel vedere come li avete fatti apparire inadeguati. Una cosa è certa: non dovete provare nessuna vergogna. Ma noi troviamo conveniente impiegare un nostro supplementare sistema di sicurezza qui a Gulf City. Come sono certa che voi sapete, gli abitanti dell’S-Spazio sono molto vulnerabili a qualunque azione compiuta nello spazio normale. Perciò, ispezioniamo noi stessi tutte le navi in avvicinamento durante la decelerazione, molto tempo prima che venga ad esse consentito di attraccare qui.

Peron si rese conto che adesso, accanto a lui, Elissa aveva ripreso completamente i sensi e stava ascoltando con attenzione. — Ma voi chi siete? — domandò. — E cosa intendete, quando dite che ci volete qui? Perché ci volete?

— Una domanda alla volta. — La donna sorrise, e il sorriso trasformò il suo viso. Adesso non sembrava più austera e indifferente. — Prima le presentazioni voi siete Peron di Turcanta, Elissa Morimar, e Sy Day di Burgon. — Girò di nuovo gli occhi su Sy, e vi fu un altro lungo momento in cui i loro sguardi si rinserrarono. — I piantagrane di Pentecoste, ma anche i primi del vostro pianeta che abbiano mai raggiunto Gulf City. Le mie congratulazioni. In quanto a noi — toccò leggermente l’uomo tarchiato alla spalla, — questo è Wolfgang Gibbs, direttore di Gulf City. Questa è Charlene Bloom, la mia assistente speciale. E io sono Judith Niles. — Sorrise di nuovo. — Io sono il direttore generale di Gulf City, e delle operazioni degli Immortali. Statevene distesi tranquilli ancora per un momento.

Venne avanti ed esaminò i loro volti. Poi studiò i quadranti incassati nelle testate dei tre letti, per un secondo o due, e annuì. — Penso che possiamo restituirvi la libertà di movimento. Le precauzioni sono state prese per il vostro bene, oltre che per il nostro. — Le cinghie intorno al corpo di Peron subito si sciolsero: un istante dopo avvertì un pizzicore doloroso alle braccia e alle gambe, mentre ritornavano alla completa sensibilità. Scivolò in avanti e si alzò in piedi, accertandosi di essere in grado di mantenere l’equilibrio.

— Siete impazienti di ricevere delle risposte — proseguì Judith Niles. — Come lo sarei io. Molto bene, non vi deluderemo. Wolfgang, vuoi cominciare con le spiegazioni e le visite? Per favore, chiamami nel momento più adatto.

Regolò qualcosa alla sua cintura e scomparve. Un momento più tardi anche Charlene Bloom non c’era più. Wolfgang Gibbs rimase invece là a fissare con espressione beffarda Sy, Elissa e Peron.

— Be’, è davvero carino. — Tirò su col naso. — Già. JN dice che potete andare in giro liberi, poi lei e Charlene se ne tornano al lavoro, perciò io devo districarmi con voi da solo, quando vi verrà l’istinto omicida. D’accordo, allora, mi fiderò di voi. Se ve la sentite di fare una passeggiatina, faremo il vecchio giro guidato.

Wolfgang Gibbs si girò con noncuranza e s’incamminò lentamente verso la porta della stanza. Dopo essersi scambiati una singola occhiata, gli altri tre lo seguirono.

— Potremmo usare i robot di servizio per farci portare in giro — disse Wolfgang Gibbs senza voltarsi. — Di solito io faccio così. Ma se ci facessimo portare adesso dai robot, voi non percepireste la disposizione di Gulf City. Meglio farlo sulle vostre gambe, così saprete dove si trova ogni cosa come futuro riferimento. Cominceremo con l’esterno.

— Dove ci sta portando? — chiese Elissa, mettendosi al passo al suo fianco, mentre Peron e Sy si accodavano.

Wolfgang Gibbs la gratificò d’una occhiata di apprezzamento. Con una punta di fastidio da parte di Peron, parve compiere un’ispezione molto attenta del suo viso e della sua figura. — Il Punto di Vedetta. È il luogo in cui vengono compiute tutte le osservazioni galattiche: di tutta la nostra Galassia, e anche oltre. Ascoltiamo e guardiamo molto, a Gulf City. È per questo che ci troviamo qui, a molti anni-luce da qualunque altro punto dove abbiate mai scelto di essere. Qui noterete parecchi robot di servizio in meno rispetto al solito, e un numero minore di congegni meccanici. Siamo rassegnati al disordine. Quando si è fatta tutta questa strada per cercare un posto tranquillo in cui ascoltare, non è proprio il caso d’intasare i segnali osservati con la propria spazzatura elettronica.

Fece loro strada lungo un corridoio radiale che si prolungava per più d’un chilometro verso l’esterno. Le dimensioni di Gulf City cominciavano a fare impressione sugli altre tre. Quando infine raggiunsero il Punto di Vedetta, si muovevano nel più totale silenzio, prendendo appunti mentali di tutto ciò che vedevano. Tutta Gulf City era cinta di antenne, telescopi, interferometri, e congegni di segnalazione. Dozzine di oblò esterni mostravano la stessa bianca vacuità dell’S-Spazio, ma gli schermi delle pareti interne eseguivano conversioni di frequenza e proiezioni. Potevano osservare lo spazio interstellare aperto come appariva su ogni banda di lunghezza d’onda, dai raggi X duri alle onde radio di milioni di chilometri.

Wolfgang Gibbs si soffermò molto a lungo davanti a uno schermo. — Vedete quello? — chiese infine. Batté una mano sulla proiezione, dove una fievole forma simile ad un granchio appariva scura contro uno sfondo più chiaro. — Quel grumo scuro a spirale? È uno dei motivi principali per cui ci troviamo qui a Gulf City. Sono quindicimila anni che li osserviamo. Li ho studiati io stesso per una buona metà di questo periodo, sono venuto qui quattro S-anni fa, insieme a Charlene Bloom.

— Cosa sono? — domandò Sy. I suoi modi taciturni erano scomparsi, e la sua voce tradiva un’eccitazione febbrile. — Questo schermo rivela segnali radio di lunghezze d’onda ultralunghe. Non sapevo che là ci fosse qualcosa che irradiava, oltre ai garzaioli ed ai pipistrelli che abbiamo visto mentre viaggiavamo verso la Terra.

Wolfgang Gibbs perse i suoi modi distaccati e indifferenti. Guardò intensamente Sy. — Esatto. Abbiamo incominciato con la stessa idea. Ma adesso pensiamo che metà dell’universo comunichi su quelle onde lunghissime. Come il nostro amico lì presente. Lo chiamiamo un Oggetto Kermel, ma è soltanto un nome. È ancora uno dei maggiori misteri. Pensiamo che sia una specie di fratello maggiore dei garzaioli. S’inviano tutti messaggi su lunghezza d’onda multichilometriche.

Le proiezioni mostravano un campo visivo di trecentosessanta gradi. Sy si spostò rapidamente dall’una all’altra, controllando la presenza di quelle forme scure simili a ragnatele. — Gli schermi mostrano Oggetti Kermel in tutte le direzioni — constatò. — Quanto sono distanti?

— Buona domanda — rispose Wolfgang. — Parecchio. Dannatamente parecchio. Stimiamo che il più vicino si trovi a duemila anni-luce, e perfino quello più vicino si trova fuori del piano della nostra Galassia. Generalmente parlando, non sono oggetti galattici, sono oggetti intergalattici. A meno di non trovarsi in un luogo tranquillo come questo, non si può affatto sperare d’individuarli. Venite. Avrete un sacco di occasioni di scoprire altre cose sui Kermel, ma per ora voglio che vi facciate il giro da dieci centesimi. Però, vi dirò ancora una cosa: là, state guardando una possibile forma d’intelligenza, ed è un’intelligenza che sembra più antica di questa galassia.