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«Lo spirito di quella donna.

«Già. Che cerca di terminare il suo viaggio incompiuto verso l'isola. . Questo si dice.»

«Ed è vero?»

«È una storia di fantasmi. Puoi crederci o no.»

«Tu ci credi?» indagò Irene.

«Io credo solo a quello che vedo.»

«Un marinaio scettico.»

«Qualcosa del genere.»

Irene rivolse un nuovo sguardo all'isolotto. Le onde si infrangevano con forza contro le rocce. I vetri rotti della torre del faro riflettevano la luce, scomponendola in un arcobaleno spettrale che si dissolveva nella cortina d'acqua che s'innalzava dai frangenti.

«Ci sei stato qualche volta?» chiese.

«Sull'isolotto?»

Ismael cazzò la scotta e, con un colpo di timone, la barca si inclinò a babordo, puntando la prua verso il capo e tagliando la corrente che proveniva dal canale.

«Forse ti farebbe piacere andare a visitare l'isolotto» propose.

«Si può?»

«Tutto si può fare. Si tratta solo di osare» rispose Ismael con un sorriso di sfida.

Irene sostenne il suo sguardo.

«Quando?»

«Sabato prossimo. Con la mia barca.»

«Da soli?»

«Da soli. Ma se hai paura. .»

«Non ho paura» tagliò corto Irene.

«Allora, a sabato. Passo a prenderti al molo a metà mattina.»

Irene spostò lo sguardo verso la costa. La Casa del Capo si stagliava sulla scogliera. Dorian, dalla veranda, li osservava senza nascondere la sua curiosità.

«Mio fratello Dorian. Forse ti fa piacere salire a conoscere mia madre. .»

«Non sono bravo nelle presentazioni familiari.»

«Un altro giorno, allora.»

La barca a vela entrò nella piccola baia naturale riparata tra gli scogli ai piedi della Casa del Capo. Con abilità consumata, Ismael ammainò la vela e fece in modo che l'inerzia stessa della corrente portasse lo scafo fino al molo. Allora afferrò una cima e saltò a terra per ormeggiare. Una volta assicurata la barca, tese la mano a Irene.

«Omero era notoriamente cieco. Come poteva sapere di che colore era il mare?» chiese la ragazza.

Ismael le prese la mano e con un forte strattone la sollevò sul pontile.

«Una ragione in più per credere solo a quello che vedi» rispose il ragazzo, tenendole ancora la mano.

A Irene tornarono in mente le parole di Lazarus nel corso della prima sera a Cravenmoore.

«A volte gli occhi ingannano» sottolineò.

«Non me.»

«Grazie per il passaggio.»

Ismael annuì, lasciandole lentamente la mano.

«A sabato.»

«A sabato.»

Ismael saltò sulla barca, mollò la cima e lasciò che la corrente lo allontanasse dal pontile mentre issava di nuovo la vela. Il vento lo portò fino all'ingresso della cala e, dopo pochi secondi, il Kyaneos si addentrò nella baia cavalcando le onde.

Irene rimase sul pontile a guardare la vela bianca che rimpiccioliva nell'immensità del mare. A un certo punto si accorse che aveva ancora il sorriso stampato in faccia e che un formicolio sospetto le percorreva le mani. Allora seppe che quella sarebbe stata una settimana molto, molto lunga.

4. Segreti e ombre

A Baia Azzurra il calendario distingueva solo due periodi: l'estate e il resto dell'anno. In estate la gente del luogo triplicava il suo orario di lavoro per rifornire i paesi costieri dei dintorni che ospitavano stabilimenti balneari, turisti e gente venuta dalla città in cerca di spiagge, sole e noia a pagamento.

Panettieri, artigiani, sarte, carpentieri, muratori e ogni sorta di mestieri dipendevano dai tre lunghi mesi nei quali il sole sorrideva sulla costa della Normandia.

Durante quelle tredici o quattordici settimane, gli abitanti di Baia Azzurra si trasformavano in formiche laboriose, per poter poltrire languidamente il resto dell'anno come modeste cicale. E se alcuni giorni erano molto intensi, si trattava dei primi di agosto, quando la domanda di prodotto locale cresceva da zero all'infinito.

Una delle poche eccezioni a questa regola era Christian Hupert. Lui, come gli altri proprietari di barche da pesca del paese, pativa il destino della formica dodici mesi all'anno. Queste riflessioni occupavano la mente del maturo pescatore tutte le estati, nelle stesse date, mentre vedeva il paese intero dispiegare le vele intorno a lui. Allora pensava di aver sbagliato mestiere e che sarebbe stato molto più saggio interrompere la tradizione di sette generazioni e diventare albergatore, commerciante o quel che fosse. Forse così sua figlia Hannah non avrebbe dovuto trascorrere la settimana servendo a Cravenmoore, e magari il pescatore avrebbe potuto vedere la faccia della moglie più di trenta minuti al giorno, quindici all'alba e quindici al tramonto.

Ismael osservò lo zio mentre lavoravano insieme per riparare la pompa di sentina della barca. Il viso meditabondo del pescatore tradiva i suoi pensieri.

«Potresti aprire un'officina nautica» osservò Ismael.

Lo zio rispose con un grugnito o qualcosa di simile.

«Oppure vendere la barca e investire nel negozio di monsieur Didier. Sono sei anni che non la smette di insistere» continuò il ragazzo.

Lo zio interruppe il lavoro e osservò il nipote. I tredici anni nei quali gli aveva fatto da padre non erano riusciti a cancellare ciò che più temeva e adorava nel ragazzo: l'ostinata e totale somiglianza con il suo defunto padre, compresa la tendenza a esprimere la sua opinione quando nessuno gli aveva chiesto consiglio.

«Forse dovresti essere tu a farlo» rispose Christian.

«Io ormai vado per i cinquanta. Non si cambia lavoro alla mia età.»

«E allora, perché ti lamenti?»

«E chi non si lamenta?»

Ismael si strinse nelle spalle. Entrambi si concentrarono nuovamente sulla pompa di sentina.

«Va bene. Non dirò neppure una parola in più» mormorò Ismael.

«Non avremo questa fortuna. Rinforza quel tensore.»

«Questo tensore non ha speranza. Dovremmo sostituire la pompa. Un giorno ci prenderemo un bello spavento.»

Hupert sfoggiò il suo sorriso preferito, riservato agli stimatori del mercato, alle autorità del porto e ai sempliciotti di ogni categoria.

«Questa pompa apparteneva a mio padre. E prima a mio nonno. E prima di lui. .»

«Proprio a questo mi riferivo» lo interruppe Ismael.

«Probabilmente sarebbe più utile in un museo che qui.»

«Amen.»

«Ho ragione. E tu lo sai.»

Fare arrabbiare lo zio era, con l'eventuale eccezione di andare in barca a vela, una delle sue occupazioni preferite.

«Non penso di continuare a discutere dell'argomento. Punto. Fine. Terminato.»

Nel caso fosse stato poco chiaro, Hupert sottolineò la sua sentenza con un giro di chiave energica e decisa.

Improvvisamente si sentì un cigolio sospetto all'interno della pompa. Hupert sorrise al ragazzo. Due secondi dopo, il fermo del tensore che aveva appena assicurato venne catapultato con una traiettoria parabolica sulle loro teste, seguito da quello che sembrava un pistone, un set completo di dadi e chincaglieria non meglio identificata.

Zio e nipote seguirono l'evoluzione della ferraglia fin quando atterrò, con poca discrezione, sulla coperta dell'imbarcazione vicina, il barcone di Gerard Picaud. Picaud, un vecchio pugile con la costituzione di un toro e il cervello di un crostaceo, esaminò i pezzi e, subito dopo, scrutò il cielo.

Hupert e Ismael si scambiarono uno sguardo.

«Non credo che noteremo la differenza» suggerì Ismael.

«Quando vorrò la tua opinione. .»

«La chiederai. D'accordo. A proposito, mi domandavo se ti scoccia che mi prenda il prossimo sabato libero. Vorrei fare qualche riparazione alla barca a vela. .»