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La guida era una bella ragazza sui venticinque anni, con i capelli rossi corti e lucidi ed un’uniforme grigia disegnata ad arte per mascherare le sue caratteristiche femminili. Ci invitò con un cenno ad affacciarci alla galleria e disse: «Sotto di noi potete vedere la grande sala della Borsa di New York. In questo momento, quattromilacentoventicinque azioni tra comuni e privilegiate vengono trattate nella Borsa. Le trattative per i buoni del Tesoro si svolgono altrove. Al centro potete vedere il pilastro del nostro cervello elettronico principale. Si estende per tredici piani sottoterra, e sale per otto piani sopra di noi. Dei cento piani del palazzo, cinquantuno sono usati interamente o in parte per l’attività di questo computer, inclusi i piani riservati alla programmazione, alla decifrazione, alla manutenzione e all’immagazzinaggio dati. Ogni transazione che ha luogo al pianterreno della Borsa o in qualunque altra borsa sussidiaria in altre città e in altri paesi viene registrata da questo computer alla velocità della luce. Vi sono attualmente undici principali Borse sussidiarie: San Francisco, Chicago, Londra, Zurigo, Milano, Mosca, Tokyo, Hong Kong, Rio de Janeiro, Addis Abeba e… ah, Sydney. Poiché sono sparse in tutti i fusi orari, è possibile svolgere contrattazioni ventiquattro ore al giorno. La Borsa di New York, tuttavia, è aperta soltanto dalle dieci del mattino alle tre e mezzo, secondo l’orario tradizionale, e tutte le transazioni del dopo borsa vengono registrate ed analizzate per la sessione preapertura del mattino successivo. Il volume medio giornaliero delle transazioni effettuate qui è di circa trecentocinquanta milioni di azioni, e all’incirca un numero doppio di azioni viene trattato ogni giorno nelle Borse sussidiarie. Soltanto una generazione fa, queste cifre sarebbero state considerate fantastiche.

«Ora, come si svolge una transazione?

«Poniamo che lei, signor Vornan, voglia acquistare cento azioni della XYZ Space Transit Corporation. Lei ha visto nelle registrazioni di ieri che il prezzo di mercato è attualmente di quaranta dollari per azione, perciò sa che deve investire approssimativamente quattromila dollari. Per prima cosa, si mette in contatto con il suo agente di cambio, e questo può farlo ovviamente per telefono. Gli passa l’ordine, e l’agente lo trasmette immediatamente in sala Borsa. Il particolare banco dei dati presso cui sono registrate le transazioni della XYZ Space Transit riceve la chiamata e prende nota dell’ordine. Il computer svolge un’asta, così come si è sempre fatto per le azioni quotate in Borsa a partire dal 1792. Le XYZ Space Transit offerte in vendita vengono confrontate con le richieste di acquisto. Alla velocità della luce, il calcolatore accerta che vi sono cento azioni disponibili a quaranta dollari l’una, e che esiste un compratore. La transazione è conclusa, e il suo agente glielo riferisce. Una piccola percentuale è tutto ciò che lei gli deve pagare; c’è, inoltre, un piccolo onorario per i servizi del computer. Una parte di questa somma viene versata al fondo pensioni dei cosiddetti specialisti che un tempo si occupavano del controllo degli ordini di acquisto e di vendita.

«Poiché tutto è sbrigato dal computer, forse si domanderà cosa succede altrove nella sala. Ciò che si vede qui rappresenta una meravigliosa tradizione della Borsa: sebbene non sia più strettamente necessario, noi conserviamo uno staff di agenti che acquistano e vendono azioni per loro conto, esattamente come nei tempi andati. Essi seguono il processo pre-calcolatore. Mi sia permesso di farle seguire il corso di una transazione…»

In toni precisi e nitidi, la ragazza ci spiegò la ragione di tutta quella folle agitazione nella sala. Mi stupii nello scoprire che si trattava in realtà di una mascherata: le transazioni erano irreali, ed al termine della giornata, tutte venivano cancellate. In effetti, provvedeva a tutto il computer. Il frastuono, i fogli scartati, i gesti complicati… erano ricostruzioni di un passato arcaico, compiute da uomini le cui vite avevano perduto ogni scopo. Era affascinante e deprimente: un rituale del danaro, l’orologio capitalista che si scaricava. Vecchi agenti di cambio che non volevano saperne di ritirarsi prendevano parte a quello spasso quotidiano, mentre accanto a loro il pilastro mostruoso del cervello elettronico, che li aveva castrati un decennio prima, scintillava come il simbolo eretto della loro impotenza.

La nostra guida continuò a parlare del tabellone luminoso e dell’Indice Dow-Jones, decifrando i simboli enigmatici che fluttuavano come in sogno sullo schermo, citando riporti e vendite a breve e molte altre cose strane e meravigliose. Come culmine del suo intervento, accese un output del calcolatore e ci permise di dare un’occhiata alla ribollente follia del cervello principale, dove le transazioni si svolgevano a velocità inverosimili, e miliardi di dollari cambiavano di mano in pochi istanti.

Io ero pieno di reverenza e di sgomento. Non avevo mai giocato in borsa, ma provavo l’impulso di telefonare al mio agente, se fossi riuscito a trovarne uno, e di farmi collegare con i grandi banchi di dati. Vendete cento GFX! Comprate duecento CCC! Caduta di un punto! Ripresa di due! Quello era il vero senso della vita; quella era l’essenza dell’essere. Il ritmo folle mi travolse completamente. Ardevo dalla smania di precipitarmi verso il pilastro del computer, spalancare le braccia, stringermi alla sua lucente mole verticale. Immaginavo i suoi cavi che si estendevano in tutto il mondo, fino ai confratelli socialisti redenti di Mosca, intessendo una comunione di dollari da una città all’altra, forse sino alla Luna, alle future basi sugli altri pianeti, sulle stelle… il capitalismo trionfante!

La guida si dileguò, il presidente della Borsa, Norton, si fece avanti di nuovo, raggiante e soddisfatto, e disse: «Ora, se posso essere utile a qualcuno di voi, nel caso ci fosse qualche problema…»

«Sì,» disse Vornan in tono blando. «Qual è la funzione di una borsa, per favore?»

Il presidente arrossì, scandalizzato e sconvolto. Dopo quelle spiegazioni dettagliate… sentire lo stimato ospite chiedere cosa significava tutto quanto? Anche noi eravamo imbarazzati. Nessuno aveva pensato che Vornan fosse venuto tra noi completamente ignaro degli usi fondamentali dell’iniziativa privata. Come aveva lasciato che lo conducessero in Borsa senza sapere che cosa gli avrebbero fatto vedere? Perché non l’aveva chiesto prima? Mi resi conto, una volta di più, che se non era un impostore, Vornan doveva vederci come divertenti scimmioni, i cui piani ed i cui comportamenti erano buffi da ammirare in se stessi; non gli interessava tanto visitare una cosa chiamata Borsa, quanto il fatto che il nostro governo ci teneva parecchio a mostrargliela.

«Ecco,» disse il presidente della Borsa, «devo intendere, signor Vornan, che nel tempo in cui… da cui proviene non esiste un mercato azionario?»

«No, che io sappia.»

«Magari sotto un altro nome?»

«Non mi viene in mente nulla che gli corrisponda.»

Costernazione. «Ma allora, come fate a trasferire i titoli di proprietà azionaria?»

Vuoto. Un sorriso timido, probabilmente beffardo da parte di Vornan.

«Ma avete la proprietà azionaria?»

«Chiedo scusa,» disse Vornan. «Ho studiato scrupolosamente la vosta lingua prima di compiere il viaggio, ma vi sono parecchie lacune nelle mie conoscenze. Forse, se potesse spiegarmi alcuni dei vostri termini fondamentali…»