Passai molto tempo con il nostro visitatore, mentre andavamo verso Ovest, da Città del Messico alle Hawaii, e di là a Tokyo, Pechino, Angkor, Melbourne, Tahiti e all’Antartide. Non avevo rinunciato completamente alla speranza di estorcergli informazioni concrete sulle questioni scientifiche che mi stavano a cuore; ma anche se non vi riuscii, imparai qualcosa di più sul conto di Vornan. Scoprii perché era così flaccido, in quei giorni.
Aveva perduto ogni interesse nei nostri confronti.
Lo annoiavamo. Le nostre passioni, i nostri monumenti, la nostra stupidità, le città, il cibo, i conflitti, le neurosi… aveva assaporato tutto, e aveva perduto ogni gusto. Mi confessò di essere mortalmente stufo di venir rimorchiato di qua e di là per tutto il nostro mondo.
«E allora perché non ritorni nel tuo tempo?» gli chiesi.
«Non ancora, Leo»
«Ma se ti stanchiamo tanto…»
«Credo che rimarrò, comunque. Posso sopportare la noia ancora per un po’. Voglio vedere come si metteranno le cose.»
«Quali?»
«Le cose,» disse lui.
Lo riferii a Kralick, che si limitò a scrollare le spalle. «Speriamo che veda in fretta come si mettono le cose,» disse. «Non è l’unico ad essersi stancato di andare in giro.»
Il ritmo dei nostri viaggi si era intensificato, come se Kralick tenesse a far sì che Vornan si nauseasse completamente del ventesimo secolo. I panorami e le sensazioni si confondevano e vorticavano; lasciammo le bianche desolazioni dell’Antartide per passare alla ricchezza lussureggiante e tropicale di Ceylon, e sfrecciammo attraverso l’India e il Vicino Oriente, risalimmo il Nilo a bordo di una feluca, facemmo una spedizione nel cuore dell’Africa, passammo da una splendente capitale all’altra. Dovunque andassimo, anche nei paesi più arretrati, l’accoglienza era frenetica. Migliaia di persone accorrevano ad acclamare il dio in visita. Ormai — era quasi ottobre — il messaggio della Nuovissima Rivelazione aveva avuto tempo di mettere radici. Le analogie di Fields erano state trasformate in affermazioni: non c’era una Chiesa Vornanita nel senso ufficiale, ma era chiaro che l’isterismo di massa si stava condensando in un movimento religioso.
La mia paura che Vornan tentasse di mettersi alla testa del movimento si rivelò infondata. Le masse lo annoiavano quanto, adesso, lo stancavano i laboratori e le centrali elettriche. Dai balconi salutava le folle urlanti come un Cesare, con la mano levata; ma non mi sfuggivano i fremiti delle narici, lo sbadiglio represso a stento. «Cosa vogliono da me?» chiese una volta, quasi in tono petulante.
«Vogliono amarti,» disse Helen.
«Ma perché? Sono così vuoti?»
«Terribilmente vuoti,» mormorò Helen.
Heyman disse, in tono distaccato: «Se andassi in mezzo a loro, sentiresti il loro amore.»
Vornan parve rabbrividire. «Sarebbe un’imprudenza. Mi distruggerebbero con il loro amore.»
Ripensai a Vornan, a Los Angeles, sei mesi prima, quando si era lanciato allegramente nell’orda folle degli Apocalittici. Allora non aveva mostrato di aver paura delle loro energie disperate. Certo, era mascherato, ma il rischio era stato grande. L’immagine di Vornan con un mucchio di cultisti storditi che formavano una barricata vivente si riaffacciò alla mia memoria. Che gioia aveva provato in mezzo a quel caos! Adesso temeva l’amore delle folle che spasimavano per lui. Forse si era reso finalmente conto delle forze che aveva contribuito a scatenare, ed era divenuto più serio nel valutare il pericolo. Il Vornan dei primi giorni, quello che andava a ruota libera, era scomparso.
Alla metà di ottobre eravamo a Johannesburg e avevamo in programma la traversata aerea dell’Atlantico, per un giro nell’America del Sud. L’America Meridionale era pronta a riceverlo. Vi stavano apparendo i primi segni del Vornanismo organizzato: in Brasile e in Argentina c’erano stati raduni di preghiera con la partecipazione di migliaia di persone; e avevamo saputo che si stavano fondando delle chiese, sebbene i dettagli fossero frammentari e scarsamente informativi. Vornan non mostrava la minima curiosità per questi sviluppi. Invece un giorno, nel tardo pomeriggio, si rivolse a me e disse: «Vorrei riposare uno po’, Leo.»
«Fare un sonnellino?»
«No, riposarmi dei viaggi. Le folle, il baccano, l’eccitazione… ne ho avuto abbastanza. Adesso ho bisogno di quiete.»
«Faresti bene a parlarne a Kralick.»
«Prima devo parlarne con te. Qualche settimana fa, Leo, mi hai accennato a certi tuoi amici che abitano in un posto tranquillo. Un uomo e una donna: un tuo ex allievo… capisci a chi mi riferisco?»
Capivo. M’irrigidii. In un momento d’ozio avevo parlato a Vornan di Jack e Shirley, del piacere che mi dava correre a rifugiarmi da loro nei momenti di crisi interiore o di stanchezza. Quando glielo avevo detto, avevo sperato di ricavare da lui qualche affermazione simile, qualche dettaglio sulle sue abitudini e sui suoi rapporti in quel mondo del futuro che mi sembrava ancora tanto irreale. Ma questo non l’avevo previsto.
«Sì,» dissi, teso. «Capisco a chi alludi.»
«Forse dovremmo andare là insieme, Leo. Tu ed io, e quei due, senza gli altri, senza le guardie, il rumore, le folle. Spariremmo senza chiasso. Debbo recuperare le mie energie. Il viaggio è stato faticoso per me, capisci. E voglio vedere la gente di quest’epoca nella vita quotidiana. Ciò che ho visto finora è stato una parata, uno spettacolo. Ma mettermi seduto tranquillo, a parlare… mi piacerebbe moltissimo. Potresti combinarmi tutto questo, Leo?»
Mi colse alla sprovvista. L’improvviso calore della sua supplica mi disarmò; e automaticamente mi sorpresi a calcolare che avremmo potuto imparare molte cose sul conto di Vornan in quel modo; sì, Jack, Shirley ed io, intenti a sorseggiare cocktail nel Sole dell’Arizona, avremmo potuto estorcere al visitatore particolari che erano rimasti nascosti durante il suo ufficialissimo giro del mondo. Sapevo bene cosa avremmo potuto cercare di farci dire da Vornan; e, illuso dal suo comportamento così poco esigente degli ultimi mesi, non tenni conto di quello che Vornan poteva cercare di ottenere da noi. «Ne parlerò con i miei amici,» promisi. «E con Kralick. Vedrò cosa posso fare, Vornan.»
XVI
Kralick, all’inizio, s’infastidì per quel cambiamento di un itinerario meticolosamente studiato; l’America Meridionale, disse, sarebbe stata molto delusa nell’apprendere che l’arrivo di Vornan era rinviato. Ma si rendeva conto anche degli aspetti positivi del progetto. Pensava che poteva essere utile portare Vornan-19 in un ambiente diverso, lontano dalle folle e dalle telecamere. Credo che accogliesse con gioia la possibilità di allontanarsi lui stesso da Vornan, per un po’. Finì per approvare la proposta.
Allora chiamai Jack e Shirley.
Esitavo a scaricare loro addosso Vornan, sebbene mi avessero implorato tutti e due di organizzare qualcosa del genere. Jack era disperatamente ansioso di parlare con Vornan della conversione totale dell’energia, sebbene io sapessi che non ne avrebbe ricavato niente. E Shirley… Shirley mi aveva confessato di essere fisicamente attratta dall’uomo del 2999. Era per il suo bene che esitavo. Poi mi dissi che toccava a lei risolvere il problema di ciò che provava per Vornan, e che se tra loro fosse accaduto qualcosa, sarebbe successo soltanto con il consenso e la benedizione di Jack. E in questo caso, non dovevo considerarmi responsabile.