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Forse non li rivedrò mai più.

Conosco troppo bene la loro vergogna segreta, e come chi ha trovato per caso un pacco di lettere ingiallite appartenenti ad una persona cara, sento che la mia conoscenza indesiderata adesso è come una spada discesa a dividermi da loro. Forse questo cambierà. Già adesso, dopo due mesi, vedo l’episodio in una luce diversa. Eravamo riusciti ad apparire egualmente disgustosi e deboli, tutti e tre, marionette mosse dall’ingegnoso capriccio di Vornan; e quella comune conoscenza della nostra fragilità forse potrà unirci di nuovo. Non lo so. So, tuttavia, che ciò che Shirley e Jack avevano avuto in comune, adesso è stato calpestato, irreparabilmente distrutto.

Mi passa per la mente un montaggio di visi: Shirley, avvampata e stordita nella stretta della passione, con gli occhi chiusi, la bocca spalancata, Shirley nauseata e depressa, dopo, che si lasciava scivolare sul pavimento e si allontanava da me, strisciando, come un insetto ferito. Jack che saliva dal laboratorio, pallido e abbagliato, come se fosse stato vittima d’uno sturpo, e camminava adagio in un mondo divenuto irreale. E Vornan, compiaciuto, gaiamente sazio, soddisfatto della sua opera e ancora più contento di scoprire ciò che avevamo fatto io e Shirley. Non riuscivo a provare un vero sentimento di collera verso di lui. Era la solita bestia da preda, e non aveva rinunciato a niente. Aveva respinto Shirley, non per un eccesso di riguardo, ma solo perché inseguiva una selvaggina diversa.

Non dissi niente a Kralick. Capì da solo che l’interludio in Arizona era stato un disastro, ma non gli fornii particolari, e lui non insistette per averne. Ci incontrammo a Phoenix: era arrivato in volo da Washington appena aveva ricevuto il mio messaggio. Il viaggio nell’America del Sud, annunciò, era stato frettolosamente reintrodotto nel programma, e dovevamo essere a Caracas il martedì successivo.

«Escludimi pure,» dissi. «Ne ho avuto abbastanza di Vornan. Mi dimetto dalla commissione, Sandy.»

«No.»

«È necessario. Una questione personale. Ti ho dedicato quasi un anno, ma adesso debbo raccattare i cocci della mia vita.»

«Concedici un altro mese,» mi supplicò lui. «È importante. Non hai seguito le notizie, Leo?»

«Di tanto in tanto.»

«Il mondo è in preda a una Vornanmania. Peggiora di giorno in giorno. Le due settimane che ha passato lontano da tutti, nel deserto, sono servite solo ad alimentare la fiamma. Sai che un falso Vornan è comparso domenica a Buenos Aires e ha proclamato un Impero latino-americano? In un quarto d’ora ha radunato un’orda di cinquantamila persone. I danni si valutano in milioni di dollari, e sarebbe stato anche peggio, se un cecchino non gli avesse sparato.»

«Gli ha sparato? Perché?»

Kralick scosse il capo. «Chi lo sa? Era isteria pura. La folla ha fatto a pezzi l’assassino. Ci sono voluti due giorni per convincere tutti che si era trattato di un falso Vornan. E poi abbiamo avuto notizie di altri falsi Vornan a Karachi, a Instanbul, a Pechino, ad Oslo. È quel libro immondo scritto da Fields. Lo scuoierei volentieri vivo.»

«Ed io che c’entro, Sandy?»

«Ho bisogno che tu resti accanto a Vornan. Hai trascorso accanto a lui più tempo di chiunque altro. Lo conosci bene, e penso che lui ti conosca e si fidi di te. Forse nessun altro riuscirebbe a tenerlo a freno.»

«Non ho la minima possibilità di tenerlo a freno,» dissi io, pensando a Jack ed a Shirley. «Non è chiaro, ormai?»

«Ma almeno, con te, una possibilità l’abbiamo. Leo, se Vornan usa il potere che ha a sua disposizione, metterà a soqquadro il mondo. Basta una sua parola, e cinquanta milioni di individui si taglierebbero la gola. Tu hai perso il contatto con la situazione. Non puoi capire cosa sta maturando. Forse riuscirai a distoglierlo, se comincia a rendersi conto delle sue possibilità potenziali.»

«Nel modo in cui sono riuscito a trattenerlo quando ha sfasciato la villa di Wesley Bruton, eh?»

«Allora era l’inizio. Adesso non commettiamo più certi errori, non lasciamo che Vornan si avvicini a strumenti pericolosi. E quello che ha fatto in casa di Bruton è solo un campione di quello che può fare al mondo intero.»

Risi, aspramente. «In tal caso, perché correre rischi? Fatelo uccidere.»

«Per l’amor di Dio, Leo…»

«Dico sul serio. Ci sono molti modi di arrangiarsi. Un furbo, grosso funzionario governativo come te non ha bisogno di lezioni di machiavellismo. Sbarazzatevi di Vornan finché potete, prima che si autoproclami imperatore, con una guardia del corpo di diecimila uomini. Provvedi a tutto tu e lasciami tornare al mio laboratorio, Sandy.»

«Sii serio. Come…»

«Sono serio. Se non volete assassinarlo, cercate di convincerlo a tornare da dove è venuto.»

«Non possiamo fare neanche questo.»

«E che cosa intendete fare, allora?»

«Te l’ho detto,» spiegò pazientemente Kralick. «Continuare a portarlo in giro finché si stancherà. Sorvegliarlo di continuo. Assicurarci che sia contento. Dargli tutte le donne che è in grado di passarsi.»

«E anche gli uomini,» l’interruppi.

«Anche i bambini, se sarà necessario. Siamo seduti su di una megabomba, Leo, e ci stiamo sforzando disperatamente di evitare che esploda. Se vuoi abbandonarci a questo punto, fai pure. Ma quando ci sarà lo scoppio, probabilmente ne risentirai anche nella tua torre d’avorio. Cosa mi rispondi, adesso?»

«Rimango,» dissi io, con amarezza.

Rientrai a far parte del circo viaggiante, e fu così che mi trovai presente agli eventi finali della storia di Vornan. Non mi ero aspettato che Kralick riuscisse a convincermi. Per qualche ora almeno mi ero illuso di essermi liberato di Vornan, che non odiavo per quanto aveva fatto ai miei amici, ma che consideravo un pericolo supremo. Avevo parlato sul serio, quando avevo consigliato a Kralick di farlo uccidere. E adesso mi trovavo di nuovo impegnato ad accompagnarlo; ma cercavo di stare a distanza da lui, persino quando gli ero accanto, soffocando il sentimento di buon cameratismo che aveva cominciato a svilupparsi. Vornan sapeva il perché, di questo ero sicuro. Non mi sembrava però turbato dalla mia nuova freddezza nei suoi confronti.

Le folle erano oceaniche. Avevamo già visto turbe ruggenti, ma non ne avevamo mai viste come quelle. A Caracas si calcolò che fossero centomila… tutti quelli che potevano stare stipati nella grande piazza centrale. E noi guardavamo sbalorditi, mentre quelli urlavano in spagnolo la loro felicità. Vornan comparve su un balcone per salutare: come un Papa che impartisce la benedizione. La folla urlò, chiedendo che tenesse un discorso. Non avevamo l’attrezzatura necessaria, comunque, e Vornan si limitò a sorridere e ad agitare le mani. Il mare di libri della copertina rossa turbinava pazzamente. Non sapevo se agitavano La Nuova Rivelazione o La Nuovissima Rivelazione, ma aveva poca importanza.

Quella notte fu intervistato alla televisione venezuelana. La rete organizzò un sistema di traduzione simultanea, perché Vornan non conosceva lo spagnolo. Quale messaggio, gli chiesero, aveva per il popolo del Venezuela? «Il mondo è puro e meraviglioso e bellissimo,» rispose solennemente Vornan. «La vita è sacra. Potete creare un paradiso durante la nostra vita.» Ero sbigottito. Quelle sbrodolature non erano in carattere con il nostro malizioso amico, a meno che preannunciassero qualche nuova malignità.