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«Don Marco, è vero; vi sono al mondo madri più sventurate di me!

«Eh! signora-rispose il prete-la terra se la dividono in due, la sventura e la ingiustizia...; e in tanti secoli che Gesù è morto, le sue promesse sono di là da compirsi!»

La signora lo guardò maravigliata, ma tocca da quelle parole; e tirarono innanzi senza dir altro, sino alla casuccia, dove Anselmo col calesse cominciava a spazientarsi, e scerpando manate d'erba, ne dava a mangiare al cavallo. I due s'accomiatarono ridicendo cogli occhi tutto quello che s'erano detto a voce; poi essa si mise dentro il legno, Anselmo si chinò per baciare la mano al prete, che non volle lasciarlo fare: ma come il cavallo partì, diede di volta pensoso, e passo passo lasciandosi menar dalle gambe, se ne tornò a casa.

Egli era, povero vecchio, il decano dei preti di C..., portava alla meglio i suoi settant'anni, e viveva solo. Da lunga pezza aveva visto addensarsi la bufera, che in quei giorni rumoreggiava terribile dalla Francia; e alcuni che erano stati da lui a scuola, ora che si udivano i fatti, rammentavano certe sue parole, dette molti anni prima, come profezie avverate. Scoppiata la rivoluzione egli ne aveva avuto un senso, diverso da quello fatto al clero, e per esempio a don Apollinare: perchè egli la capiva nelle sue cause; perchè egli aveva un cuore così grande, che nato re si sarebbe fatto mendico; perchè pensava che il medio evo fosse stato un troppo lungo oltraggio alla dottrina di Gesù, ed ancora non gli pareva finito. Perciò il grido di quella rivoluzione gli era giunto come una voce nota; e gli aveva fatto chinare la fronte, quasi somigliasse in qualche guisa ai tuoni del Sinai. A Parigi sarebbe stato coi Girondini sino alla morte; ma amava Danton, in cui per quel poco che n'udiva così da lungi, ravvisava qualcosa di San Paolo; in Vandea avrebbe dato il cuore a Bonchamps, la mano a Marceau; nel suo borgo oscuro, era un povero prete, poco capito, che viveva insegnando la buona latinità. Dal quale ufficio, e da un poderetto che aveva sui colli vicini, e formava il suo patrimonio ecclesiastico, gli veniva quel po' di bene che faceva a metà coi poveri, che di quei tempi battevano numerosi alle porte. Molto aveva speso in libri e molto gli aveva studiati; e così vissuto in certa maniera coi morti, s'era mescolato poco a quel volgo di ricchi sfaccendati e di preti ignoranti, de' quali la borgata allora era ingombra. Questi ultimi sebbene mostrassero d'onorarlo, lo scansavano volentieri; ed egli esperto di sè e del mondo, non se ne aveva a male. Del sacerdozio pensava un po' alla sua maniera, forse da cristiano primitivo; perchè si narrava che un giovane volendo farsi prete, ed essendo andato a lui per consiglio, egli gli avesse detto: «Tirate innanzi un altro tantino colla vita, poniamo fino ai cinquanta: e se a quell'età vi tocchi qualche gran dolore, se Dio vi chiami colla voce severa della sventura; datevi a consolare le afflizioni altrui, parlando del cielo, e pregando con tutti. Sarete un buon sacerdote, di questo v'accerto io: ma a vent'anni farsi prete, come altri si fa medico, soldato, o che so io... no... no... non istà.

«Ma e lei?-si dice che interrogasse l'altro stupito. E don Marco:

«Io? Eh! io sono un uomo che in settant'anni ho imparato molte cose!»

Man mano che invecchiava la sua vita si faceva più raccolta ed operosa, come di chi si apparecchia il viatico per mettersi in cammino; la sua casa s'andava spogliando, ed era ormai quasi vuota. Dormiva su d'un letticciuolo di paglia, perchè aveva dato il proprio letto a due poveri sposi; s'ammaniva da sè il cibo, mangiando da tenersi ritto; e nei detti, negli atti, in tutto, mostrava d'attendere la morte come l'ora dell'adempimento d'un dovere verso gli uomini, e d'un diritto fatto valere verso l'infinito.

CAPITOLO IV.

Mentre che la signora Maddalena partiva da C..., tutt'altra d'animo da quella che v'era venuta, le cose tra Giuliano e don Apollinare si facevano a D... molto oscure. Questi, certo della diligenza di Marta a mandare da lui il giovane, l'aveva atteso invano parecchie ore; dopo la colazione lo aspettava ancora; e per fare un viaggio e due servizi, rannicchiato nel suo seggiolone, diceva l'uffizio. Era già innanzi un bel tratto a recitar salmi, e di tanto in tanto, mentre rovesciando il breviario sul ginocchio, fiutava un po' di tabacco, pensava che se quel renitente fosse capitato, sarebbe stato un bel gusto tenerlo ritto lì fuori dello studiolo, e non farlo entrare almeno per una mezz'ora. «Caspita!-esclamava-questo gusto non se l'ha pigliato Gregorio settimo coll'imperatore Arrigo?» Rammentava d'aver letto quella storia, e d'averne udito predicare, nei verdi anni del Seminario, come della più bella pagina della chiesa: e alla maniera che una lucciola può guardare una fornace ardente, e credere di somigliarle; egli si compiaceva alcuni istanti nella immagine del fiero papa. Poi ripigliava la lettura dei salmi, biasciando a verso a verso; e all'ultimo amen si levò in piedi stizzito, e proruppe: «Adesso vado io!»

Si mise in capo il cappello con piglio risoluto, e nell'andare passò pel salotto, ove stava seduto a dire anch'egli le ore, un Minor Osservante del convento di C..., il quale, fatto il quaresimale in D..., aspettava la domenica in Albis, per dare la benedizione papale, e tornarsene poi al proprio convento.

«Dove va, signor pievano?-chiese costui, vedendo don Apollinare pigliar l'uscio difilato.

«Posso dire in partibus infidelium!-rispose il pievano.»

Il frate scoppiò in una risata così piena, che s'appiccò fino a Placidia occupata in cucina; Placidia che non rideva di voglia manco tre volte l'anno.

Passin passino don Apollinare discese di castello; e sebbene quanti s'imbattevano in lui, s'affrettassero come l'altre volte, a sberrettarsi, a baciargli la mano che egli sapeva porgere con garbo da vescovo, gli pareva che la gente sapesse la poca obbedienza mostratagli da Giuliano, e perciò gli fosse meno rispettosa. E procedeva levando il bastone vivacemente, e poi misurandone il moto all'andatura, lo vibrava innanzi, lo appuntava a terra; schiacciando i noccioli di ciliegia dell'anno passato, o scansando i ciottoli della via. Giunto al piano, passò il ponte, ed entrò nel vico oltre il torrente. I borghigiani facevano le meraviglie, vedendolo andare diritto verso la casa della signora Maddalena, dove non era tornato da anni; le donne bisbigliavano con aria di mistero, e stavano lì per dirgli come la signora non vi fosse, ma nessuno l'osava.

Quando fu sul piazzale, egli si fermò un tantino e tossì; volendo che quei di casa lo udissero e s'affollassero a fargli accoglienza. Ma la signora era fuori; Giuliano toltosi di là dove Marta l'aveva lasciato a sedere, se n'era andato nel più remoto angolo del giardino; e là passeggiava, soffermandosi a tastare le boccioline or di questa or di quella pianta, come se avessero qualche legame co' suoi pensieri d'amore. In casa non v'era che la fantesca; la quale non appena ebbe visto il pievano corse ad incontrarlo, tutta batticuore, inchini, e ringraziamenti interni alla Madonna, che anco questa volta l'aveva aiutata. La buona donna, se ci rammenta, s'era tirata in casa pregando il cielo che don Apollinare non venisse, o almeno indugiasse tanto da non trovarsi con Giuliano in quell'ora cattiva; e siccome questi non era più là ad aspettarlo, così essa credeva che il cielo se ne fosse proprio immischiato.

«Men furia e più memoria!-disse il pievano vedendola affrettarsi alla sua volta.

«O signoria, so che cosa vuol dirmi; ma stamattina sono tornata che la signora era in sul partire; darle colazione, aiutarla a vestirsi, correre su e giù..., sa pure che io qui sono Marta, ma faccio anche da Maddalena; e come diceva..., la sua ambasciata, il signorino... non l'ho ancora veduto...»-E subito aggiunse colla mente: «dacchè l'ho lasciato qui.