«Fin da questo momento, però, ne trarremo benefici tangibili. Prima di tutto farà più caldo, almeno quando Phobos e il Sole splenderanno insieme, e gli inverni saranno più miti. Anche se Phobos non sarà visibile oltre i settanta gradi di latitudine, i nuovi venti di convezione scalderanno anche le regioni polari, e impediranno che l’umidità, tanto preziosa per noi, resti imprigionata nelle calotte glaciali per la durata di sei mesi.
«Naturalmente ci saranno anche alcuni svantaggi, perché le stagioni e le notti diventeranno molto complicate, adesso, ma saranno largamente superati dai vantaggi. E ogni giorno, quando vedrete salire nel cielo il faro che abbiamo appena acceso, ripenserete al nuovo mondo a cui abbiamo dato vita. In questo momento, ricordatevelo, stiamo creando una nuova èra storica, perché questa è la prima volta che l’Uomo si è cimentato a mutare la faccia di un pianeta. Se noi ci siamo riusciti qui, altri riusciranno altrove, e nei secoli futuri civiltà intere, su mondi che oggi neppure conosciamo, dovranno la loro esistenza a quanto è stato fatto questa notte.
«È questo che volevo dirvi. Può darsi rimpiangiate il sacrificio che siamo stati costretti a compiere per ridare vita a questo pianeta. Ma rammentate una cosa: Marte ha perso una luna ma ha guadagnato un sole. Chi metterebbe in dubbio quale dei due beni sia il più prezioso? E adesso… buona notte a tutti!»
Ma a Porto Lowell nessuno pensò di tornare a letto. Per quello che riguardava la città la notte era finita e il nuovo giorno era spuntato. Com’era possibile staccare gli occhi dal minuscolo disco dorato che proseguiva la sua scalata al cielo, mentre il suo calore cresceva di minuto in minuto? Gibson si chiese che cos’avrebbero pensato di quel nuovo fenomeno le piante marziane. Avanzò lungo la strada verso il limite più vicino della cupola, e guardò attraverso la parete trasparente. Era proprio come aveva previsto: le piccole piante si erano tutte risvegliate e avevano rivolto la faccia al nuovo sole. Chissà come sarebbero state contente, pensò Gibson, quando nel cielo i due astri avessero brillato insieme.
Il razzo del Presidente atterrò un’ora più tardi, ma Hadfield e gli scienziati del Progetto Aurora evitarono la folla entrando in città a piedi dalla Cupola Sette e inviando a fare da esca all’entrata principale il mezzo di trasporto. Il trucco funzionò talmente bene che poterono rincasare tutti prima che la gente se n’accorgesse, sottraendosi a festeggiamenti che non avrebbero apprezzato a causa della stanchezza. Non poterono però impedire i numerosi assembramenti che si formarono in tutta la città, e nei quali ognuno affermava di aver sempre saputo sin dall’inizio cosa fosse in realtà il Progetto Aurora.
Phobos si stava avvicinando allo zenith, ed era perciò molto più vicino e quindi molto più caldo di quando era sorto, quando Gibson e Jimmy videro i loro compagni dell’Ares tra la piccola folla di coloro che avevano cortesemente ma fermamente insistito perché George aprisse i battenti prima dell’orario normale. Ognuno sosteneva di essere andato lì unicamente perché aveva avuto la certezza di trovare gli altri.
Data la sua qualifica di Ingegnere Capo, tutti si aspettavano che Hilton fosse più addentro di chiunque altro nei segreti della scienza nucleare, e lo presero quindi d’assalto per farsi spiegare che cosa era stato fatto esattamente. Hilton negò modestamente una sua qualsiasi competenza in materia.
«Quello che è stato fatto su Phobos» disse «è una conquista che va molto al di là di tutto quello che posso aver studiato all’Università. Neanche pensarci che io sia in grado di spiegarlo. Le reazioni mesoniche non erano state neppure scoperte, allora, e tanto meno si conosceva il modo di imbrigliarle. Del resto credo che sulla Terra lo si ignori tutt’ora. È sicuramente una scoperta alla quale Marte è arrivato per conto suo.»
«Come hai detto?» intervenne Bradley. «Secondo te dunque Marte sarebbe più progredito della Terra in fatto di fisica nucleare?»
Per un vero miracolo questa osservazione non scatenò una rissa, e i compagni ebbero il loro da fare a salvare Bradley dallo sdegno dei coloni. Quando la pace fu finalmente ristabilita, Hilton per poco non riaccese la miccia osservando sbadatamente: «Sapete tutti benissimo che in questi ultimi anni tutti i migliori scienziati terrestri si sono trasferiti qui, perciò il fenomeno non è poi così sorprendente come si potrebbe pensare.»
Una considerazione più che giusta, e Gibson ricordò quello che Whittaker gli aveva detto non più tardi del giorno prima. Non soltanto lui, ma molti altri avevano sentito l’attrattiva di Marte, e adesso finalmente aveva trovato la spiegazione. Quali prodigi di persuasione, quali complicati intrighi, quante abilissime trattative doveva aver operato Hadfield in quegli ultimi anni! Forse non era stato molto difficile convincere le menti di prim’ordine che sono sempre attratte dalla ricerca e dall’amore dell’ignoto. Più difficile doveva essere stato convincere i gregari della scienza, i quali sono altrettanto indispensabili per il lavoro scientifico normale. Un giorno forse sarebbe riuscito a scoprire il segreto ufficioso che si era nascosto dietro il segreto ufficiale, cioè come era stato varato e portato al successo il Progetto Aurora.
Quelle ultime ore della notte passarono velocissime. Quando il Sole sorse a salutare il suo rivale, Phobos stava per tuffarsi nel cielo orientale. L’intera città assistette in silenzio, affascinata, al duello che poteva risolversi in un unico modo, unico e previsto. Finché aveva brillato incontrastato nel cielo notturno era stato facile affermare che Phobos fosse luminoso quasi quanto il Sole, ma le prime luci della vera alba fecero crollare ogni illusione. Di minuto in minuto Phobos impallidì, per quanto fosse ancora alto sull’orizzonte, quando il Sole spuntò dal deserto. Ora si vedeva chiaramente quanto Phobos fosse debole e giallo al confronto. Non c’era pericolo che le piante si confondessero nella loro ricerca di luce: quando il Sole splendeva, Phobos veniva ridotto a un patetico lume di candela.
Ma era sufficientemente luminoso per adempiere al suo compito, e per la durata di mille anni sarebbe stato il signore incontrastato della notte marziana. E poi? Poi, quando il suo fuoco, per l’esaurimento di quegli elementi ignoti che oggi lo alimentavano, si fosse estinto, sarebbe ridiventato una piccola luna qualsiasi, brillante soltanto dello splendore riflesso del Sole.
Gibson capiva che questo non aveva importanza. Tra meno di un secolo il satellite avrebbe già compiuto la sua opera, e Marte avrebbe avuta un’atmosfera che non avrebbe riperso per molte età geologiche. E quando alla fine Phobos si fosse esaurito e spento, la scienza di epoche future avrebbe saputo trovare una risposta nuova, forse una risposta inconcepibile oggi per questa nostra epoca attuale come cento anni fa sarebbe stata inconcepibile la trasformazione artificiale di un satellite in piccolo sole.
Mentre la prima giornata di quella nuova era si avviava alla sua pienezza, Gibson rimase a lungo a osservare l’ombra doppia che il suo corpo proiettava sul terreno. Le due ombre erano rivolte entrambe a ovest, ma mentre una si muoveva appena, la seconda, la più debole, si allungava rapidamente sbiadendo sempre più. Alla fine scomparve di colpo nel momento preciso in cui Phobos sparì sotto l’orlo di Marte.