«Non gli ho ancora parlato da quando gli è arrivato il richiamo, ma lo vedrò certamente domani prima che salga su Deimos. Comunque Whittaker dice che è ottimista, e che non sembra affatto preoccupato.»
«Secondo te che cosa succederà?»
«Potrebbero accusarlo di appropriazione di fondi, di materiale, di personale eccetera eccetera… tutte cose che sarebbero sufficienti per mandarlo in galera vita natural durante. Ma siccome nella faccenda sono coinvolti quasi tutti i dirigenti e gli scienziati di Marte, cosa vuoi che faccia la Terra? Francamente è una situazione grottesca. Hadfield è l’eroe di due universi, e l’Ufficio Sviluppi Interplaneíari dovrà per forza di cose trattarlo coi guanti. Ritengo che il verdetto sarà: "Non avreste dovuto farlo, però siamo contenti che l’abbiate fatto".»
«E credi che dopo lo lasceranno tornare su Marte?»
«Per forza. Qui non c’è nessuno che possa sostituirlo.»
«Eppure dovrà ben succedere, un giorno o l’altro.»
«È vero, ma sarebbe una follia sacrificare Hadfield quando ha ancora davanti a sé tanti anni preziosi di attività fattiva. Inoltre, il cielo assista il poveretto che fosse mandato qui a sostituirlo!»
«Certo è una situazione curiosa. Credo che avvengano un sacco di cose di cui non sappiamo niente. Per esempio, perché la Terra ha respinto subito, senza neppure discuterlo, il Progetto Aurora?»
«Me lo sono chiesto anch’io, e un giorno o l’altro vorrò vederci chiaro fino in fondo, in questa faccenda. Per il momento la mia opinione è che a molta gente sulla Terra dia fastidio che Marte diventi potente, e dia fastidio soprattutto la sua possibile indipendenza futura. Non per scopi oscuri e sinistri, bada bene, ma così, per principio. Il loro orgoglio ne resterebbe ferito, perché quelli vogliono che la Terra continui a restare il centro dell’universo.»
«Sai che parli della Terra in un modo curioso, come se fosse un misto di meschineria, di prepotenza e di oscurantismo?» disse Norden. «Questo non è giusto. Quelli di cui ti stai lamentando sono gli amministratori della Commissione per gli Sviluppi Interplanetari e le organizzazioni consociate, tutta gente che in fondo cerca di fare del suo meglio. Non dimenticare che tutto quello che vedi qui è dovuto allo spirito d’iniziativa terrestre. Temo che voialtri colonizzatori» e così dicendo fece un sorriso malinconico «vediate le cose da un punto di vista egocentrico. Io viceversa mi metto nei panni degli uni e degli altri, perché quando sono qui vedo e apprezzo il vostro punto di vista, ma quando in capo a tre mesi arriverò dall’altra parte probabilmente mi verrà fatto di pensare che qui su Marte siete una manica di brontoloni mai contenti.»
Gibson rise, ma un po’ forzatamente. Capiva che nelle parole di Norden c’era una buona dose di verità. Le difficoltà e le spese enormi per affrontare i viaggi interplanetari, e il tempo che occorreva per trasferirsi da un pianeta all’altro rendevano inevitabili una certa incomprensione e una certa intolleranza fra Terra e Marte. Si augurò che quando i trasporti fossero diventati più veloci queste barriere psicologiche sarebbero cadute permettendo così ai due pianeti di essere più vicini nello spirito oltre che nello spazio di tempo. Intanto erano arrivati al compartimento stagno, e stavano aspettando il mezzo che avrebbe dovuto trasportare Norden alla pista di decollo. Gli altri componenti dell’equipaggio l’avevano già salutato e ormai erano in viaggio per Deimos. Jimmy aveva avuto il permesso speciale di partire il giorno dopo con Hadfield e Irene. Certo, la posizione di Jimmy era mutata parecchio da quando l’Ares aveva lasciato la Terra, pensò Gibson alquanto divertito. E si chiese sino a che punto Norden sarebbe riuscito a farlo sgobbare durante il viaggio di ritorno.
«Allora, John, ti auguro una buona traversata!» disse Gibson stringendo la mano dell’amico mentre la porta del compartimento stagno si apriva. «Quando avrò il piacere di rivederti?»
«Tra diciotto mesi circa. Prima devo fare una corsa su Venere. E quando tornerò qui, chissà quanti cambiamenti troverò. Alghe aeree e Marziani dappertutto!»
«Non credo che succederà in così poco tempo» rispose Gibson ridendo. «Ma faremo del nostro meglio per non deluderti!»
Si salutarono, e Norden scomparve oltre la porta stagna. Gibson si accorse di provare suo malgrado una punta d’invidia al pensiero di tutte le cose verso cui l’altro tornava. Tutte le bellezze della Terra, che sino a quel momento lui aveva, se non disprezzate, certo accettate come fatti acquisiti, di normale amministrazione, erano lontanissime per Gibson. Lontane nel tempo e nello spazio. Forse sarebbero passati anni prima che potesse rivederle.
Doveva ancora salutare due persone. Quelli sarebbero stati i commiati più difficili. Nel suo ultimo incontro con Hadfield sarebbe stato opportuno dare prova di delicatezza e di tatto particolari. Il paragone di Norden, pensò, era giusto: sarebbe stato quasi come intervistare un re detronizzato sul punto di partire per l’esilio.
In realtà le cose si svolsero molto diversamente. Hadfield si dimostrò padrone della situazione come sempre e non sembrava affatto preoccupato del suo avvenire. Quando Gibson entrò dal Presidente, Hadfield stava finendo di mettere ordine nelle sue carte. La stanza aveva un aspetto nudo e squallido, e in un angolo c’erano tre cesti pieni di moduli e di promemoria stracciati. Il giorno dopo Whittaker sarebbe entrato in quella stanza con funzioni di presidente ad interim.
«Ho letto adesso la vostra relazione circa l’alga aerea e i Marziani» disse Hadfield frugando sulla sua scrivania. «È un progetto molto interessante, ma nessuno ha saputo dirmi se è attuabile o no. Il problema è complesso e delicato e non abbiamo dati sufficientemente precisi. In sostanza tutto si risolve in questo interrogativo: in che modo otterremo il migliore risultato, insegnando ai Marziani a coltivare la pianta, oppure coltivandola noi stessi? Comunque istituiremo un piccolo gruppo di ricerche che si occupi del problema, ma si potrà fare poco finché non avremo scoperto altri Marziani. Ho chiesto al dottor Petersen di interessarsi del lato scientifico, mentre vorrei che voi vi occupaste dei problemi amministrativi a mano a mano che questi si presenteranno, lasciando naturalmente a Whittaker le decisioni finali. Petersen è un’ottima persona, ma manca totalmente d’immaginazione. Perciò credo che voi due messi insieme riuscirete a trovare il giusto equilibrio.»
«Farò del mio meglio con tutta la mia buona volontà» disse Gibson, soddisfatto ma un po’ preoccupato di non riuscire a far fronte a tante nuove responsabilità. Il fatto però che il Presidente gli avesse affidato quell’incarico era confortante: significava che Hadfield, almeno, era convinto che lui fosse in grado di portarlo a termine.
Mentre stavano discutendo di dettagli amministrativi, Gibson capì che Hadfield pensava di restare assente da Marte un anno al massimo. Il Presidente dava l’impressione di considerare quel viaggio sulla Terra come una vacanza meritata, che gli spettava di diritto e che era stata rimandata troppo a lungo. Gibson si augurò che quell’ottimismo trovasse una conferma nei fatti.
Verso la fine, la conversazione scivolò fatalmente su Irene e Jimmy. Quel lungo viaggio di ritorno insieme avrebbe dato a Hadfield la possibilità che lui desiderava di studiare a fondo il futuro genero, e Gibson si augurò che Jimmy sapesse mostrarsi all’altezza della situazione. Era chiaro che Hadfield considerava questo lato del viaggio con divertito interesse. Come fece osservare a Gibson, se Irene e Jimmy fossero riusciti ad andare sempre d’accordo durante i tre mesi di stretta convivenza a bordo dell’Ares, c’era da sperare che il loro sarebbe stato un matrimonio fortunato. E se invece non ci fossero riusciti, niente di male perché se ne sarebbero accorti in tempo.