«Fila via» gli disse Gibson, agitando le braccia come uno spaventapasseri impazzito. «Torna dalla mamma. Non ho niente da darti.»
Ma non sortì il minimo effetto, e la sua pausa servì soltanto a fare sì che Quiicc potesse raggiungerlo. Gli altri avevano proseguito senza accorgersi che Gibson si era fermato. Persero così la scena divertente dello scrittore che cercava di sganciarsi dal suo nuovo amico senza offenderlo.
Dopo cinque minuti di tentativi inutili, ricorse all’astuzia. Per sua fortuna non aveva restituito a Jimmy il temperino, e dopo molto sbuffare riuscì a raccogliere una manciata di alghe marine che posò davanti a Quiicc. Sperava così di tenerlo occupato per un po’ di tempo.
Aveva appena terminata questa operazione che Hilton e Jimmy ricomparvero di corsa, preoccupati che gli fosse successo qualcosa.
«Vengo, vengo» disse Gibson. «Dovevo pure liberarmi di Quiicc in qualche maniera. Così avrà da fare per un bel po’ e non penserà a seguirmi.»
Intanto il pilota rimasto solo a bordo dell’aereo danneggiato, cominciava a preoccuparsi seriamente perché l’ora era quasi trascorsa e ancora non ricompariva nessuno. Uscito dalla cabina, si arrampicò sulla fusoliera riuscendo così a dominare un buon tratto della valle, fino alla zona scura, coperta di vegetazione, entro la quale gli altri si erano addentrati. Stava appunto scrutando in quella direzione quando da oriente spuntò l’aereo di salvataggio che cominciò a girare sulla valle.
Avuta la certezza che dall’aereo l’avevano avvistato, il pilota tornò a rivolgere l’attenzione a terra, e finalmente vide un gruppetto avanzare nella pianura, ma subito si fregò gli occhi convinto di avere le allucinazioni.
Nella foresta erano entrati in tre, e ora uscivano in quattro. E il quarto aveva un aspetto a dir poco insolito.
13
Dopo quell’avventura, che in seguito sarebbe stata definita il più fortunato incidente aviatorio nella storia dell’esplorazione marziana, la visita al Trivium Charontis nella zona di Porto Schiaparelli rappresentò fatalmente una delusione, tanto che, prevedendolo, Gibson avrebbe preferito annullarla e tornare subito a Porto Lowell con la sua scoperta. Avevano infatti rinunciato ai tentativi di liberarsi di Quiicc, e siccome alla colonia erano tutti impazienti di vedere finalmente un vero Marziano vivo, decisero di portare il cucciolo in aereo con loro.
Ma da Porto Lowell non permisero ai tre di tornare così presto. Passarono dieci giorni prima che venisse dato loro il permesso di rientrare nella capitale. Sotto le grandi cupole si stava intatti combattendo una battaglia decisiva per la conquista del pianeta. Una battaglia che Gibson seguì soltanto attraverso i comunicati radio, una battaglia silenziosa ma ugualmente micidiale, alla quale lui fu lieto di non essere stato testimone.
L’epidemia attesa dal dottor Scott era scoppiata. Quando fu al suo apice, un decimo della popolazione della colonia risultò colpita dalla febbre marziana.
Fortunatamente il siero portato dalla Terra riuscì a stroncare il male, e la lotta venne vinta con tre sole perdite. Quella fu anche l’ultima volta che la malattia colpì la colonia.
Il trasporto di Quiicc a Porto Schiaparelli comportò notevoli difficoltà perché si dovette imbarcare una gran quantità del suo cibo preferito. A tutta prima si dubitò che il marziano potesse sopravvivere nell’atmosfera ossigenata delle cupole, ma ci si rese conto che la cosa non lo disturbava affatto. L’aria diversa ebbe l’unico effetto di ridurre notevolmente il suo appetito. La spiegazione di questo fenomeno fu data molto più tardi. Invece non si scoprì mai la causa del suo attaccamento per Gibson. Qualcuno suggerì, alquanto malignamente, che era questione di affinità elettive, dipendenti dalla loro sagoma pressappoco uguale.
Prima di riprendere il viaggio, Gibson e i suoi compagni, insieme al pilota dell’aereo di salvataggio e agli uomini inviati in seguito per le riparazioni all’apparecchio danneggiato, fecero parecchie visite alla famiglia marziana.
Non trovarono altri gruppi, e Gibson si chiese se quelli non fossero per caso i soli esemplari rimasti sul pianeta. Come fu appurato in seguito, non era così.
L’aereo di salvataggio li aveva cercati seguendo la loro rotta subito dopo aver ricevuto un radiomessaggio da Phobos che annunciava l’avvistamento di segnalazioni luminose provenienti da Aetheria. Tutti erano rimasti con la curiosità di sapere come erano stati fatti quei segnali finché Gibson, con orgoglio comprensibile, ne aveva data la spiegazione.
Quando seppero che ci sarebbero volute solo poche ore per riparare i razzi del loro aereo, decisero di aspettare che le riparazioni fossero fatte anziché ripartire subito con un altro aereo, e impiegarono il tempo a studiare i Marziani nel loro habitat naturale. Fu allora che Gibson intuì il segreto della loro esistenza.
Probabilmente in un lontano passato erano stati respiratori di ossigeno, e i loro processi vitali dipendevano tuttora da questo elemento. Non potendo ottenerlo direttamente dal suolo, dove giaceva imprigionato a trilioni di tonnellate, lo assorbivano dalle piante. Gibson scoprì che i numerosi baccelli raggruppati sulle foglie a forma di alga marina contenevano ossigeno compresso. Grazie a un rallentamento del metabolismo, i Marziani erano riusciti ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali, e adesso vivevano quasi in simbiosi con le piante che li rifornivano di cibo e aria. Era naturalmente un equilibrio assai precario, che una qualsiasi catastrofe naturale avrebbe potuto compromettere. Le condizioni su Marte avevano però da tempo raggiunto la stabilità, e tale equilibrio sarebbe quindi durato per millenni, a meno che non ci pensasse l’Uomo a capovolgerlo!
Le riparazioni risultarono più complicate del previsto, e perciò raggiunsero Porto Schiaparelli soltanto tre giorni dopo aver lasciato Porto Lowell. La seconda città marziana aveva meno di mille abitanti, i quali vivevano sotto due cupole costruite su uno stretto pianoro. Lì era avvenuto il primo atterraggio su Marte. La posizione della città era quindi dovuta a un evento storico che avrebbe dovuto farne la capitale. Ma dopo qualche anno, acquistata una maggiore conoscenza delle risorse del pianeta, era stato deciso di spostare a Porto Lowell il centro attorno a cui gravitava la vita della colonia, e Porto Schiaparelli non era stata ingrandita.
La città era, sotto molti aspetti, una riproduzione della sua maggiore e più moderna rivale. I principali settori di attività erano la fabbricazione di macchine leggere, le ricerche geologiche, o per meglio dire aerologiche, e l’esplorazione delle regioni circostanti. Il fatto che Gibson e i suoi amici avessero fatto, per puro caso, la più grande scoperta realizzata sino a quel momento su Marte, e a meno di un’ora di volo dalla loro città, fu causa di una certa amarezza per gli abitanti di Porto Schiaparelli.
La visita dei tre ospiti produsse un effetto paralizzante sull’attività normale della cittadina, perché dovunque Gibson andasse, il lavoro veniva interrotto e tutti si affollavano intorno a Quiicc. Il divertimento preferito consisteva nell’attirare il Marziano in un campo di illuminazione uniforme per vederlo diventare tutto nero, mentre lui, tutto soddisfatto, cercava di trarre il massimo profitto da quella condizione ottimale. Fu appunto a Porto Schiaparelli che qualcuno ebbe la pessima trovata di proiettare su Quiicc alcune immagini, fotografandone il risultato prima che sbiadissero, e un bel giorno Gibson si irritò parecchio nel vedere una fotografia in cui il suo cucciolo portava sul dorso una feroce e riconoscibilissima caricatura di una nota stella della televisione.
Nel complesso il loro soggiorno a Porto Schiaparelli non fu dei più felici. In tre giorni videro tutto quello che c’era da vedere, e le poche gite che riuscirono a fare nei dintorni furono di scarso interesse. Jimmy pensava continuamente a Irene e spendeva un sacco di solcii per lunghe telefonate a Porto Lowell. Gibson era impaziente di tornare nella grande città che sino a pochi giorni prima aveva considerato un villaggio. Soltanto Hilton, che evidentemente possedeva riserve illimitate di pazienza, si godeva la vita in santa pace e si riposava mentre gli altri si agitavano intorno a lui.