— Sa che lo state facendo aspettare, e sa il perché — disse l’uomo alto, guardando con disagio la scatola. — Sa esattamente cosa state facendo e cosa avete in mente di fare. Vi può strappare tutti i pensieri dalla mente.
— Lasciamolo fare, tanto non gli serve a niente. — Mise la scatola al centro della scrivania e avvicinò la poltrona che stava di fronte. Alcuni granelli luminosi uscirono dalla scatola e si alzarono in volo sparpagliandosi per la stanza. — Ti preoccupi troppo, Santil. Voi telepatici siete tutti uguali. Ossessionati dai fantasiosi pericoli di un pensiero svelato. — Emise altre vibrazioni sonore atteggiando le labbra in modo curioso e creando suoni che quasi oltrepassavano la soglia dell’udibilità. Altri puntini si alzarono in volo e scomparvero alla vista. — Fallo entrare.
Santil fu felice di andarsene. E anche il suo compagno. Quando Kayder cominciava a giocare con le sue scatole era meglio stare alla larga da lui. Tutti i pensieri riguardo l’anatra venusiana e le mandorle si potevano rimandare a un momento migliore.
L’atteggiamento dei due piaceva a Kayder perché aumentava il suo senso di potere. La superiorità sulle pedine era una cosa assolutamente necessaria, ma l’emergere sugli altri dotati di indubbio talento significava grandezza. Girò lentamente uno sguardo soddisfatto per la stanza, spostandolo dalla scatola a una cassetta, da un vaso esotico a un cofanetto laccato. Alcuni erano aperti, altri erano chiusi, e non si preoccupò che qualcuno potesse leggere nella sua mente. In fondo alla tasca destra, un piccolo ragno verde si mosse nel sonno. Kayder era l’unico al mondo in possesso di un’armata coraggiosa e quasi invincibile sempre a portata di mano.
Quando Raven entrò, sulle labbra di Kayder comparve il sorriso professionale del commerciante che saluta il cliente importante. Poi il Venusiano indicò una sedia e osservò in silenzio i capelli lucidi e neri, le spalle larghe e i fianchi stretti del visitatore. Il tipo del manichino pensò, a parte gli occhi punteggiati d’argento.
Non gli piacevano, nemmeno un po’. Avevano qualcosa che non andava. Sembravano guardare troppo lontano, penetrare troppo profondamente.
— Proprio così — disse Raven senza una particolare inflessione nella voce. — Avete perfettamente ragione.
Senza scomporsi, Kayder disse: — Non sono sorpreso, sapete? Sono troppo abituato ad avere attorno lettori-di-mente. A volte non riesco a pensare a una barzelletta spiritosa senza che cinque o sei persone si mettano a ridere prima che io abbia avuto il tempo di raccontarla. — Poi si concesse un’altra occhiata calcolatrice. — Vi stavo cercando.
— Quindi sono stato gentile a venire. Cosa volevate?
— Sapere cosa avete di speciale. — In realtà, Kayder avrebbe voluto dire qualcosa di subdolo per portare l’altro su una falsa pista, ma come aveva detto, conosceva bene i telepati. Quando la mente è aperta e palese come uno schermo acceso, l’unica cosa da fare è ammettere tutto quello che è visibile. — Mi è stato riferito che sareste un elemento a dir poco speciale.
Raven si protese in avanti e appoggiò le mani sulle ginocchia. — Chi ve l’ha riferito?
Kayder scoppiò in una risata. — Mi chiedete una cosa che potete leggere nella mia mente?
— Nella vostra mente non c’è. Forse, di tanto in tanto, per precauzione, un ipnotico vi cancella dalla mente ogni ricordo. Se è così, è possibile fare qualcosa. Un marchio può essere cancellato, ma non il segno dell’impressione sottostante.
— Per essere uno speciale mancate di acume — disse Kayder, sempre felice quando poteva ridimensionare un telepate. — Quello che un ipno fa, può essere disfatto da un ipno più bravo. Perciò, se voglio tener lontano un pensiero dalla mia mente, uso sistemi migliori e più efficaci.
— Quali?
— Per esempio, non far entrare il dato nella mente.
— Volete dire che ricevete le informazioni da una fonte sconosciuta?
— Proprio così. Sono stato io a chiederlo. Se non so una cosa, non la posso riferire, e nessuno può strapparmela nemmeno contro la mia volontà. Il miglior telepate di tutto il creato non può leggere quello che in una mente non c’è.
— Ottima precauzione — ammise Raven. Diede una manata a qualcosa che volava nell’aria. Poi ripeté il gesto.
— Non fatelo! — disse Kayder guardandolo torvo.
— Perché?
— Quei moscerini di palude mi appartengono.
— Questo non li autorizza a ronzarmi vicino all’orecchio, non vi pare? — Raven batté le mani e schiacciò due puntini quasi invisibili. Tutti gli altri insetti si allontanarono simili a una piccola nuvola di polvere. — Inoltre, nel posto dove li avete presi, ce ne sono molti altri.
Kayder si alzò, cupo in viso e disse minaccioso: — Quei moscerini possono fare all’uomo cose molto spiacevoli. Possono pungergli una gamba e fargliela gonfiare finché raggiunge le dimensioni del suo torace. Poi il gonfiore sale. E il corpo diventa una specie di ammasso elefantino, assolutamente incapace di muoversi. — Era evidente che provava una soddisfazione sadica per la potenza del suo esercito privato. — Quando il gonfiore raggiunge il cuore, la vittima muore. Ma la morte non elimina il processo. Il collo diventa due volte più grande della testa. E alla fine la testa si gonfia come un pallone, e tutti i capelli si rizzano sulla pelle del cranio, tesa, incredibilmente distanziati uno dall’altro. A questo punto gli occhi sono ridotti a due cavità affondate di almeno quindici centimetri nella faccia ridotta a una maschera grottesca e mostruosa. — Fece una breve pausa per congratularsi della propria abilità descrittiva, poi concluse: — Una vittima di questi moscerini è certamente il cadavere più repellente che si possa trovare tra qui e Sirio.
— Interessante, anche se melodrammatico — commentò Raven, freddo e impassibile. — Molto spiacevole sapere che non posso essere oggetto delle loro attenzioni.
— Cosa ve lo fa pensare? — domandò Kayder, aggrottando la fronte.
— Un paio di particolari. Per esempio, quali informazioni potreste cavare da un cadavere gonfio e disgustoso?
— Nessuna. Ma non ne avrei più bisogno se foste morto.
— E commettereste un errore, peraltro scusabile, carissimo amico. Un giorno potreste scoprire con sorpresa la mancanza di informazioni di importanza vitale… informazioni ottenibili.
— Cosa volete dire?
— Niente. — Raven fece un gesto con la mano. — Mettetevi a sedere e state calmo. Pensate a quali conseguenze avrebbe per voi trasformarmi in un pallone. Soltanto un insettivoco venusiano potrebbe fare una cosa simile. E per quanto sappiamo voi siete l’unico sulla Terra.
— Infatti — disse Kayder con un certo orgoglio.
— Questo restringerebbe i sospetti, non vi pare? I servizi di polizia terrestri esaminerebbero il cadavere e punterebbero il dito contro di voi, dichiarando che si tratta di un omicidio. E l’omicidio prevede una pena.
Kayder diede un’occhiata alla nuvola di insetti. — Ammesso che esista un cadavere da esaminare — disse in tono pieno di sottintesi. — E se non ci fosse?
— Il cadavere non ci sarà. Farò in modo che venga disintegrato. E in un certo senso questo rimetterebbe a posto le cose.
— Farete in modo? Stiamo parlando del vostro cadavere, non del mio.
— Stiamo parlando di qualcosa che non è né vostro né mio.
— Siete completamente partito — disse Kayder, con un senso di gelo alla nuca. — Avete una decina di rotelle in meno. — Si piegò in avanti per premere un pulsante sulla scrivania e non staccò mai lo sguardo dal suo interlocutore, come se temesse di trovarsi alla presenza di un pazzo.
Santil aprì la porta e avanzò di qualche passo. Sembrava intimorito, ed era evidente che avrebbe volentieri fatto a meno di entrare.