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— Qui Ardern. Irruzione in corso.

— Come procede?

— Vi mettereste a ridere. Gli ipno stavano pesando e imballando alberi di mandorlo; i microtecnici montano orologi da donna; i telecinetici stampano le ultime notizie giunte da Venere, e tutti si comportano come scolari disciplinati. Il posto è sereno, tranquillo, insospettabile.

— Avete fatto in tempo a trattare tutti?

— La maggior parte. Quando il controspionaggio ha fatto l’irruzione ne mancavano sei. Li abbiamo fatti uscire dal condotto. Si sono allontanati senza incidenti.

— Bene — fece Kayder soddisfatto.

— Non è tutto. Voi avete diramato certi ordini riguardo un tale che si chiama David Raven. Bene, l’abbiamo preso.

— Come avete fatto? — sussultò Kayder.

— Non è stato difficile. Metaforicamente parlando, si è cacciato nella gabbia, si è chiuso la porta alle spalle, ha incollato il suo biglietto da visita alle sbarre, e ci ha gridato di andarlo a vedere. — Attraverso il microfono giunse una risata soddisfatta. — Si è cacciato in un sacco e si è consegnato a noi.

— Sono troppo diffidente per poterla pensare alla stessa maniera. Dev’esserci sotto qualcosa. Verrò a controllare di persona. Sarò lì fra una decina di minuti. — Kayder tornò a nascondere il telefono nel cassetto e rimase con gli occhi fissi sul ripiano della scrivania, senza più occuparsi né di Santil né del ragno. Per qualche ragione che non poteva comprendere, si sentiva preoccupato. E per gualche altra ragione ugualmente oscura ricordò le falene dagli occhi lucenti che volavano nell’oscurità.

Brillanti, abbaglianti, si libravano in un buio senza fine.

6

Kayder fece la strada in sette minuti. La modesta casa in cui entrò era lo sbocco del passaggio segreto che partiva dalla base sotterranea: di lì erano usciti i sei uomini che non erano stati condizionati prima dell’incursione e di lì avevano preso strade diverse e si erano allontanati con la più grande naturalezza.

L’uomo che lo stava aspettando era piccolo e magro, e aveva la pelle permanentemente ingiallita da una vecchia febbre contratta nelle valli di Venere. Era un mutante di Tipo Due, un levitante che zoppicava fortemente da quando, in gioventù, si era sollevato troppo in alto e aveva esaurito la forza mentale al momento della discesa.

— Allora? — chiese Kayder, guardandosi attorno.

— Raven è a bordo del Fantôme - disse Ardern.

L’ira di Kayder esplose di scatto.

— Perché mi avete raccontato la panzana di averlo chiuso in una gabbia con il cartellino sulle sbarre?

— Infatti, lo è — insistette Ardern senza scomporsi. — Come sapete, il Fantôme è un’astronave in partenza per Venere.

— Con equipaggio terrestre. Tutti gli equipaggi delle astronavi sono composti di Terrestri.

— E con questo? Né Raven né l’equipaggio possono fare qualcosa mentre si trovano nello spazio. E dovranno atterrare. Allora Raven si troverà sul nostro pianeta, in mezzo a milioni di noi. e soggetto alle nostre autorità locali. Cosa volete di più?

— Occuparmene di persona — Kayder si avvicinò alla finestra e fissò le luci verdi del lontano spazioporto in cui si trovava il Fantôme.

Ardern attraversò zoppicando la stanza e raggiunse Kayder. — Ero vicino alla passerella, quando ho visto quel tale scendere rapidamente da un elicottero, come se mancassero soltanto pochi secondi alla partenza dell’astronave. Al controllo ha detto di chiamarsi David Raven e ha chiesto una cabina. Tra me ho pensato: “Quello deve essere l’uomo che Kayder sta cercando”. In quel momento lui si è girato verso di me e si è messo a sogghignare, come sogghigna un coccodrillo che vede un nuotatore nudo nelle acque del fiume. «Avete ragione», mi ha detto. — Si strinse nelle spalle. — Così, naturalmente, mi sono precipitato alla più vicina cabina telefonica e vi ho informato.

— Ha più impudenza di dieci impudenti assieme — borbottò Kayder. — Crede forse di essere invincibile? — Si mise a camminare avanti e indietro, tormentato dall’indecisione. — Potrei nascondere una scatola di insetti nello scafo, ma con quale utilità? I miei piccoli soldati non sanno riconoscere un individuo da un altro, a meno che uno non possa parlare con loro.

— Non avete molte probabilità di salire a bordo — disse Ardern. — Il Fantôme parte tra cinque minuti circa.

— C’è qualcuno che conosciamo, a bordo dell’astronave?

— È troppo tardi per avere la lista completa dei passeggeri. Trasporta circa trecento persone, senza contare l’equipaggio. Parte sono Terrestri, il resto Venusiani o Marziani incapaci di pensare o di fare qualcosa che non sia collegato al commercio. — Ardern rimase un attimo soprappensiero. — Peccato che non sia possibile raggiungere i passeggeri. I soli che conosco sono dodici nostri uomini che partono per la licenza del quarto anno.

— Di che tipo sono?

— Dieci microtecnici e due telecinetici.

— La combinazione ideale di talenti per mandare attraverso la serratura della sua cabina un miniesploratore in grado di schiacciarlo sul letto — disse Kayder con sarcasmo.

— Verrebbe immediatamente a conoscere le loro intenzioni, e potrebbe tenersi a distanza di sicurezza per tutta la durata del viaggio.

— Dovrà pur dormire — disse Ardern.

— Come facciamo a saperlo? I notturni non dormono mai, e forse anche lui può fare a meno del sonno.

— Siamo ancora in contatto radio. Possiamo incaricare quei dodici di cercare un passeggero telepatico dei nostri e farsi aiutare.

— Non servirebbe a niente — disse Kayder scuotendo la testa.

— Raven può trasformare la sua mente in una lastra di marmo. Se un telepatico lo raggiunge attraverso la porta della cabina e trova il vuoto assoluto, come può dire se Raven è sveglio o addormentato? E come può essere sicuro che l’altro non gli frughi in testa?

— Riconosco che è impossibile — ammise Ardern corrugando la fronte.

— Certi fatti legati alle mutazioni mi lasciano perplesso — disse Kayder, tornando a spostare lo sguardo sulle luci lontane. — Di tanto in tanto, mi stufo di sentir parlare del nostro cosiddetto spiegamento di talenti superiori. Gli insetti sono la cosa migliore. Nessuno può leggere nella mente di un insetto. E nessuno può ipnotizzare un insetto. Obbediscono alle persone che amano, ed è tutto. Posso dirvi che non serve altro.

— Una volta ho visto un pirotico bruciare un migliaio di insetti.

— Davvero? E cos’è successo dopo?

— Ne sono venuti diecimila e hanno divorato il pirotico.

— Ecco! — disse Kayder, con intima soddisfazione. — Gli insetti… non li si può battere! — Riprese a passeggiare avanti e indietro, fermandosi di tanto in tanto a fissare le luci. — Non possiamo fare altro che lasciar perdere.

— Cosa volete dire? — chiese Ardern.

— Lasceremo che se ne occupino quelli che si trovano dall’altra parte. Se un intero pianeta non può competere con una sola persona, allora tanto vale rinunciare alla lotta.

—  Proprio come vi ho detto fin dall’inizio. Si è messo in gabbia.

— Forse sì, e forse no. Io mi trovo sul suo pianeta e non sono in gabbia, vero?

Le luci lontane scomparvero improvvisamente lasciando il posto alla vivida fiammata bianca che si alzò da terra per spingersi verso il cielo. Poco dopo giunse un profondo boato che fece tremare i vetri delle finestre. Alla fine tornò il buio, e le luci verdi lontane ricomparvero. Sembravano diventate molto più deboli.