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— È vero — disse Mavis — ma le ultime previsioni stabilivano un minimo di duecento anni prima che potessero scoprire questo sistema solare.

— Una conclusione ragionevole, basata sui dati che avevamo in precedenza — rispose Raven. — Ora abbiamo dati nuovi e importanti da aggiungere al calcolo. Per la precisione, l’Homo sapiens è pronto a partire per andare loro incontro. Hanno innalzato la bandiera, hanno acceso i falò e hanno fatto il possibile per attirare l’attenzione verso questa parte del cosmo. Questo genere di scherzo è in grado di ridurre il tempo previsto dello spostamento dei Deneb in questa direzione.

— Hai riferito tutto questo? — chiese Charles.

— Certamente.

— E qual è stata la risposta?

— Grazie per l’informazione.

— Niente altro? — Charles inarcò le sopracciglia.

— Niente — assicurò Raven. — Cosa ti aspettavi?

— Qualcosa di più sentito e di meno freddo — disse Mavis. — Voi uomini siete tutti uguali. Siete tanti Buddha di bronzo. Perché non siete capaci di saltare su un tavolo e non vi mettete a gridare?

— Servirebbe a qualcosa? — chiese Charles.

— Non cercare di fare il superlogico con me — disse la ragazza. — Servirebbe a togliere un po’ di pressione dalle ghiandole. Io ne ho qualcuna, nel caso non lo sapessi.

— È un argomento che conosco abbastanza bene — rispose Charles, asciutto. — Inoltre, ho qualche ghiandola anch’io. Una di queste mi ha fatto diventare grasso e incline alla pigrizia. Con tutta probabilità, mi manca quella che ti tormenta in questo momento — sollevò un dito. — Ecco un tavolo. Saltaci sopra e lancia qualche strillo. Non ci faremo caso.

— Gridare non è mia abitudine — disse Mavis.

— Ecco! — Charles girò lo sguardo verso Raven e scosse la testa.

— Ti lascio tutte le donne. Sono fredde e calcolatrici. Non sanno far uscire il vapore dalla valvola di sicurezza.

— Un giorno ti taglierò le ali, Grassone! — promise Mavis.

— Dovrei essere carino, con le ali! — Charles scoppiò in una risata che gli fece ballonzolare la pancia. — Io, con la mia mole, che volteggio nell’aria come un angelo. O che svolazzo come una falena obesa — si asciugò gli occhi e riprese a ridere. — Che bello spettacolo!

Mavis prese un piccolo fazzoletto dall’orlo di pizzo e cominciò a singhiozzare in silenzio.

Charles la guardò, stupito. — Be’, cos’ho detto, adesso, che non va?

— Deve esser stato il tuo tono a stimolare questa reazione — disse Raven, e avvicinatosi a Mavis le batté una mano sulla spalla. — Via! Non devi restare qui se i ricordi si sono fatti troppo oppressivi. Puoi andartene, se vuoi. Possiamo trovare altri due che…

Lei allontanò il fazzoletto dagli occhi e parlò con rabbia. — Io rimango. Me ne andrò quando sarà il momento, e non prima. Che tipo credi che sia? Una ragazza non può piangere quando ne ha voglia?

— Certo che può, ma…

— Non farci caso. — Mavis mise il fazzoletto in tasca e chiuse un attimo gli occhi. Poi gli sorrise. — Ora sto bene.

— Anche Leina si comporta in questo modo? — chiese Charles a Raven.

— Non quando le sono vicino.

— Leina era più vecchia quando… quando… — disse Mavis, ma non concluse la frase.

Tutti sapevano esattamente cosa voleva dire. Nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Neppure i Deneb. Ma loro sì.

Rimasero qualche istante in silenzio. Ciascuno si era immerso in pensieri personali che rimanevano nascosti dietro lo scudo della mente. Charles fu il primo a parlare vocalmente: — Torniamo al lavoro, David. Quali sono i tuoi piani, e in che modo ti possiamo essere utili?

— I piani sono elementari. Voglio trovare, identificare e affrontare l’uomo chiave dell’opposizione che si trova su Venere. Quello che stabilisce il bello e il brutto tempo, che compone le dispute, che dirige il movimento nazionalistico e che è senza dubbio il grande capo. Togli la pietra principale, e tutto l’arco crolla.

— Non sempre.

— È vero — ammise Raven. — Se la loro organizzazione vale soltanto la metà di quello che sarebbe necessario, hanno certo una persona pronta a sostituire il capo, in caso di bisogno. Forse anche più di una. Se è così, il nostro compito sarà molto più complesso.

— Poi rimangono sempre i Marziani — osservò Charles.

— Forse no. Tutto dipende da come reagiscono a quello che succede qui. Il legame tra Marte e Venere dev’essere più che altro basato sul reciproco incoraggiamento. Ciascuno applaude l’altro. Togli l’applauso, e la commedia non sembrerà più tanto bella. Io spero che Marte vorrà desistere il giorno in cui avremo tolto di mezzo Venere.

— C’è una cosa che non riesco a capire — disse Charles pensieroso. — Cosa impedisce alla Terra di ripagare gli insorti alla stessa maniera, dopo i sabotaggi e tutte le altre cose che hanno fatto contro di essa?

Raven lo disse.

— Ah! — Charles si grattò di nuovo il doppio mento. — E così, Marziani e Venusiani possono distruggere quello che considerano proprietà di un altro popolo, mentre per i Terrestri non esistono proprietà di altri, ma solo beni comuni, e tutti di proprietà della Terra.

— Non sono affari nostri — disse Mavis — se lo fossero, saremmo stati informati di tutto. — Girò lo sguardo e fissò Raven. — Sono stati soltanto i Terrestri a chiedere il tuo intervento?

— Sì, finora. E con tutta probabilità non ci saranno altre richieste. Perché per quanto importante possa apparire la situazione in questo piccolo angolo della galassia, è invece piccola e insignificante se la paragoniamo alle situazioni di altri luoghi. Le cose sembrano diverse se si guardano da molto, molto lontano. — Raven parlava con il tono di voce della persona che sa di dire cose perfettamente familiari a chi lo ascolta. — Il regolamento dice che possiamo agire di nostra iniziativa in tutte le questioni di piccola importanza. Ed è proprio quello che sto facendo.

— Sono d’accordo — disse Charles. — Cosa vuoi da noi?

— Non molto. Questo è il vostro dominio e lo conoscete meglio di qualsiasi altro. Ditemi il nome dell’uomo che potete considerare l’ispiratore della follia separatista. Ditemi quello che sapete sui suoi poteri e ditemi dove posso trovarlo. Voglio soltanto informazioni precise. A voi decidere se offrire altri aiuti.

— Io direi di metterci a sua disposizione — disse Charles rivolgendosi alla ragazza. — Che ne dici, Mavis?

— Non contare su di me. Io intendo seguire l’esempio di Leina e continuare l’osservazione. Dopo tutto, è per questo che siamo qui. Qualcuno deve pur farlo, mentre voi maschi ve ne andate cocciutamente in giro a starnazzare.

— Hai ragione — disse Raven. — Osservare è molto importante. Meno male che le dolci femmine sono avvedute. Noi teste di legno così siamo liberi di compiere le nostre dannose interferenze.

La ragazza alzò lo sguardo imbrociata verso di lui, ma non fece commenti.

— Qui la situazione è divertente — disse Charles. — Abbiamo un fervente governatore terrestre, che proclama i suoi sentimenti e che rimane diplomaticamente all’oscuro del fatto che il movimento clandestino nazionalista domina quasi al novanta per cento. Il grande capo di questo movimento, il suo simbolo, è un’abile canaglia che si chiama Wollencott.

— Cos’ha che gli altri non hanno?

— La faccia, l’aspetto e la personalità che servono alla sua parte — spiegò Charles. — È un Venusiano, mutante di Tipo Sei. Un malleabile con una imponente massa di capelli bianchi, e una voce altrettanto imponente. Può trasformarsi nella perfetta immagine di un dio ogni volta che vuole. E può anche parlare come un oracolo… posto che abbia imparato prima le parole a memoria. È incapace di formulare un pensiero autonomamente.