“In che modo? Avanzando a tastoni come i ciechi? Non siamo mica dei radiosensitivi, sai!”
“Chiudi il becco! Anche loro si trovano nelle nostre stesse condizioni.”
“Niente affatto. Ti dico che quelli hanno qualità speciali, e sono pronto a scommettere che in questo momento stanno correndo in mezzo alla nebbia come se non esistesse.”
— Se fossi uno di loro, odierei a morte la gente come noi — disse Charles.
— Infatti ci odiano. E non posso biasimarli — disse Raven, e fece un gesto per imporre il silenzio. — Ascolta.
“Voi fate come volete, io li inseguo. Non possono correre senza fare rumore, e io sparerò in direzione di qualsiasi rumore dovessi sentire. Vieni con me, Sweeny?”
“Sì, certo.”
Un rumore di passi crepitò sulla ghiaia oltre il cancello e si allontanò con cautela nella notte.
“E se fossero telecinetici? Possono evitare di farsi sentire.”
“Un telecinetico non può rimanere sospeso in aria per sempre. Per me, il vero superdotato è chi può digerire un confetto di piombo.”
“Piantala, Sweeny. Come facciamo a sentirli se continui a chiacchierare?”
Continuarono ad allontanarsi mentre le loro menti si concentravano soltanto nell’ascolto degli eventuali rumori fatti dai fuggitivi. Gli uomini rimasti al cancello continuavano a rimproverare le guardie per quella partita a jimbo che le aveva distolte dal servizio, e nello stesso tempo cercavano di rianimare il povero Jesmond.
Un’onda di onde neurali giungeva invece dall’interno del castello.
“Niente indica cosa l’ha ucciso. Sembra che sia stato colpito da un attacco di cuore. Vi dico che si tratta di una disgraziata coincidenza. Nessun ipnotico può servirsi dei propri poteri attraverso uno schermo, né tantomeno può uccidere una persona a distanza.”
“No? Allora perché Thorstern ha spalancato loro la porta e ha ordinato alle guardie di aprire il cancello? L’hanno ipnotizzato, ne sono sicuro, e attraverso lo schermo. Quei due hanno un potere che nessun essere umano dovrebbe possedere.”
— Sei stato in gamba — disse Charles. — Guardando lo schermo al momento giusto, li hai indirizzati sulla pista sbagliata. Danno tutta la colpa a te, pensano che in qualche modo tu sia riuscito a farlo coi tuoi begli occhi.
— Non vorrei che scoprissero la verità.
— Già. Almeno ci fosse il modo di raccontare loro qualcosa sulla verità, ma senza tirare in ballo i Deneb.
— Non c’è. Nel modo più assoluto.
— Lo so. Ed è un vero peccato.
Rimasero in silenzio ad ascoltare le menti.
“Hai avvisato Plain City?”
“Sì. Stanno arrivando in forze. Un paio di telepatici per localizzarli con la mente, se ci riescono, una mezza dozzina di ipnotici, un pirotico e un tale con una muta di gatti selvatici. Una combriccola di fenomeni da circo capaci di camminare sulla corda e di fare altre cose del genere.”
“Al capo verrà un colpo quando vedrà cos’è successo.”
“Credo che un insettivoco con una scatola dei suoi insetti potrebbe fare molto di più che…”
— Hai sentito? — disse Raven facendo un piccolo cenno al compagno. — Proprio quello che volevamo sapere. Thorstern non era al castello, ma lo stanno aspettando. Infatti l’uomo nella sala di trasmissione, quando l’ho visto cadere a terra, non somigliava minimamente a Thorstern. Doveva essere un malleabile.
— Io me ne sono accorto nel momento in cui sono entrato in contatto — disse Charles. — Recitava molto bene, e non avevo avuto il minimo sospetto. È stata una sorpresa… Ma non certo paragonabile a quella che ha provato lui grazie a me.
— Ormai ha finito di restare sorpreso! La morte mette fine a tutto, vero?
Charles ignorò la domanda, perché la risposta era ovvia.
— La sala di trasmissione era protetta da schermi d’argento per evitare penetrazioni mentali dall’esterno. Si chiamava Greatorex. Ed era uno dei tre mutanti che avevano libero accesso al castello.
— Per motivi speciali.
— Sì. L’avevano addestrato a impersonare Thorstern, e Thorstern era diventato il suo secondo io. Ecco perché diceva di essere invulnerabile. Lui parlava a nome di due persone. Il vero grande capo era invulnerabile soltanto perché non si trovava in quella stanza. — Charles rimase un attimo in silenzio. — I tre mutanti fanno il loro servizio e turni al castello ogni volta che Sua Eccellenza, lo richiede.
— Dove sono gli altri due? Ha detto qualcosa la sua mente?
— Sono da qualche parte in città, in attesa di essere chiamati in servizio.
— Puoi capire cosa significa. Se stanno aspettando Thorstern, e lui non sa ancora cos’è successo, può darsi che arrivi di persona. A meno che non riescano ad avvisarlo e lui non ci mandi una seconda copia di se stesso. Gli conviene gettarci un’altra esca perché non potremo rifiutarci di abboccare.
— Ma non riuscirà a prenderci.
— Però nemmeno noi prenderemo lui… Ecco cosa mi preoccupa. — Corrugò la fronte, poi rivolse improvvisamente l’attenzione altrove. — Ascolta… comincia a rendersi conto di qualcosa, questo tipo.
I pensieri giungevano da una delle stanze del castello.
“D’accordo, il cancello era aperto e una delle guardie era stesa a terra. Significa proprio che sono fuggiti? O vogliono soltanto farcelo credere? Forse non sono fuggiti. Forse si stanno ancora aggirando per il castello. Se fossi una volpe mi vestirei da cacciatore e mi metterei in groppa a un cavallo. Vivrei più a lungo. Non importa che possano leggere nella mia mente… sono sempre in grado di pensare. Io dico che bisogna cercare all’interno del castello, al più presto possibile.”
Rispose una seconda mente più agitata. “Tu hai la testa piena di se, di ma e di forse. Se non avessi di meglio da fare, saprei dedurre le stesse cose. Potrei pensare alla possibilità che siano dei supermalleabili. E allora? Dovremmo preoccuparci non soltanto di scoprire dove sono, ma anche di sapere chi sono. Ti rendi conto che uno di loro potrebbe essersi fatto uscire sangue dal naso e essersi sdraiato vicino al cancello fingendo di essere Jesmond? Fece una pausa. Di questo passo, come fate a sapere che io sono proprio io?”
“In questo caso non avresti molto da vivere. Dalla città stanno arrivando alcuni telepati in grado di scoprire rapidamente chi sei. Io ripeto che dobbiamo setacciare il castello. Il capo andrà su tutte le furie se non lo facciamo.”
“D’accordo. Facciamo come vuoi, Signor Agitato. Ordinerò di cominciare le ricerche. Sarà inutile, ma lo faremo. Dirò anche che si armino e sparino a qualsiasi ombra sospetta.”
— Certi mancano totalmente di buon senso — borbottò Raven. — Perché non ci lasciano in pace?
— Senti chi parla! — disse Charles sorridendo.
Raven studiò le pareti del castello. — La caccia è cominciata. Dobbiamo cercare di tenerli a bada fino all’arrivo di Thorstern o di uno dei sosia.
Tenerli a bada non fu difficile. Andarono a sedersi su un bastione avvolto dalla nebbia e alto una quindicina di metri. Un gatto selvatico li avrebbe potuti scoprire, un supersonico li avrebbe potuti localizzare con l’eco, e un levitante li avrebbe saputi scorgere per quel suo istinto di curiosare nei punti che gli esseri normali trascuravano.
Ma quelli che stavano dando loro la caccia erano esseri normali, con tutte le limitazioni imposte alle normali forme di vita.