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— Quali? — chiese Thorstern.

— Il fatto di non essere voi e di non poter prendere decisioni senza il vostro consenso. Conoscendovi, non ha osato. Si è limitato soltanto a recitare la parte imparata a memoria. Si è trovato a non poter disporre di quella iniziativa che gli avrebbe salvato la vita. — Raven fece un gesto sconsolato. — Ed è morto.

— Vi pentite di questo?

— Pentirci? — Raven lo guardò con occhi scintillanti di punti di argento. — No di certo. Non ce ne importa niente!

Un brivido percorse la schiena di Thorstern. Anche lui, quando si trattava di raggiungere un suo fine, sapeva essere freddo all’estremo, ma non lo dimostrava mai con tanto cinismo e spietatezza. Quando c’era di mezzo un cadavere, lui se ne lavava le mani esprimendo ufficialmente la sua deplorazione. Se Greatorex, molto meno colpevole di lui, era stato eliminato in quel modo…

— Sembra che ci siano altri che si divertono in modo sadico — osservò caustico.

— Non avete capito. Noi non siamo felici di aver ucciso Greatorex, né ci mettiamo a piangere. La cosa ci lascia del tutto indifferenti.

— Praticamente è la stessa cosa. — Quello era il momento opportuno per lanciare il suo messaggio telepatico alle pattuglie. — Non so come abbiate fatto, ma voi avete commesso un omicidio!

Mavis entrò con un vassoio e versò da bere in tre tazze. Poi depose sul tavolo un piatto di dolci e tornò in cucina, senza dire una parola.

— Volete parlare di omicidio? — chiese Raven. — Un argomento che siete qualificato a discutere.

Thorstern pensò che era una battuta stupida e immeritata. Si poteva dire qualsiasi cosa sul suo conto, ma non che fosse un mostro sanguinario. Era vero che stava conducendo una guerra non dichiarata contro la Terra, ma nella realtà si trattava di un movimento di liberazione. Ed era anche vero che aveva causato delle vittime, nonostante le raccomandazioni di colpire senza provocare perdite di vite umane e di badare soltanto al danno economico.

Quei pochi morti erano stati inevitabili. Aveva approvato soltanto quelli assolutamente necessari per poter compiere la missione. Non uno di più. Fino a quel momento era il conquistatore più umano della storia, quello che avrebbe conquistato la vittoria più spettacolare con perdite minime.

— Volete spiegarmi la vostra insinuazione? Se mi accusate di massacri, io vi prego di citarmene uno.

— Nel passato ci sono stati soltanto casi individuali. Le grandi atrocità avverranno in futuro, se le riterrete necessarie… e se vivrete abbastanza a lungo.

— Oh! Ecco un altro chiaroveggente — disse Charles. Tuttavia capiva che quella previsione poteva essere esatta.

Raven continuò a parlare con Thorstern.

— Soltanto voi sapete il prezzo di vite che siete disposto a pagare per la conquista del vostro mondo. Comunque, è perfettamente visibile quello che sta scritto a lettere di fuoco nella vostra mente: nessun prezzo è troppo alto.

Thorstern non seppe cosa rispondere. Non c’era una risposta. Lui voleva il dominio senza spargere molto sangue e senza grandi difficoltà. Ma se la resistenza si fosse fatta violenta e il prezzo di vite e di rovine fosse enormemente salito lui lo avrebbe pagato ugualmente, pur con profondo rammarico.

In quel momento, però, si trovava nelle mani di due avversari. Avrebbero potuto troncare le sue ambizioni, uccidendolo come avevano ucciso Greatorex. Nessun dubbio che ne avessero la possibilità. Restava tuttavia da vedere se ne avevano l’intenzione.

Lentamente, sperando che nessuno se ne accorgesse, girò lo sguardo verso la porta. Ma non riuscì a nascondere i pensieri che gli vennero nello stesso momento, e cioè che se una pattuglia della polizia avesse captato i discorsi sull’omicidio, forse non avrebbe osato fare irruzione nella casa e probabilmente sarebbe andata a chiedere rinforzi. Forse, entro pochi minuti, lui sarebbe stato nuovamente libero.

Raven continuò a parlare, anche se l’altro lo ascoltava appena.

— Se il movimento nazionalista venusiano volesse soltanto conquistare l’indipendenza, noi potremmo simpatizzare, nonostante i metodi violenti che vengono usati. Ma non è quello che dice di essere. Il vostro cervello rivela che si tratta di un vostro strumento personale per la conquista del potere. È destinato soltanto alla conquista di quella supremazia che voi desiderate. Povero piccolo verme strisciante!

— Cosa? — Di colpo Thorstern prestò nuovamente tutta la sua attenzione.

— Ho detto, povero piccolo verme strisciante, che si nasconde alla luce, che brancola nel buio e che è pateticamente atterrito da mille piccole cose, anche dall’anonimato.

— Io non ho paura…

— Voi mirate al dominio su una colonia di piccoli vermi, a un dominio che può durare soltanto un battito di cuore nello scorrere infinito del tempo. Dopo di che, sparirete per sempre. Polvere alla polvere. Un nome insignificante stampato su un libro inutile, mormorato da storici miopi e maledetto dagli studenti. In un lontano futuro per punire qualche bambino cattivo forse gli faranno scrivere un noiosissimo saggio su di voi. L’ascesa e la caduta dell’Imperatore Emmanuel. - Raven sbuffò sprezzante. — Immagino che la consideriate immortalità.

Era troppo, perché colpiva Thorstern nel suo punto debole. Gioiva degli insulti perché erano un riconoscimento alla sua forza e abilità. Apprezzava le inimicizie perché il sapere di essere temuto esaltava il suo Io. Considerava le gelosie come una forma contorta di venerazione. L’odio gli serviva per elevarsi. L’unica cosa che non poteva sopportare era l’essere considerato un individuo senza importanza, un buono a niente, un accattone di cicche. Non tollerava che qualcuno lo giudicasse una nullità.

Livido in volto, si alzò. Nervosamente infilò una mano nella tasca e prese tre fotografie che lanciò sul tavolo.

— Voi avete delle buone carte in mano, e vi possono esaltare. Ma io le conosco. Ora, date un’occhiata alle mie. Non sono tutte, naturalmente. Le altre non le vedrete mai.

Raven raccolse quella che stava sopra le altre e l’osservò senza scomporsi. Era una sua foto alquanto vecchia e leggermente sfuocata. Tuttavia, poteva servire abbastanza bene per una identificazione.

— Viene proiettata dagli spettroschermi ogni ora — disse Thorstern, con malvagio compiacimento. — Copie di questa foto vengono a mano a mano distribuite a tutte le pattuglie. Entro mezzogiorno di domani, tutti conosceranno la vostra faccia… e la taglia spingerà tutti a darvi la caccia. — Fissò Raven con un’occhiata di trionfo. — Più duro sarete con me, più inflessibili saranno gli altri nei vostri riguardi. Siete riuscito a sbarcare su questo pianeta nonostante i preparativi fatti per arrestarvi all’arrivo. Provate ora ad andarvene. — Si girò verso Charles. — Questo riguarda anche voi, grassone.

— Non è vero. Io non ho nessuna intenzione di partire. — Charles si accomodò meglio sulla poltrona. — Mi trovo bene qui. Venere mi piace… come potrebbe piacermi una qualsiasi altra palla di polvere. A ogni modo il mio lavoro si svolge qui. Come farei senza lavoro?

— Quale lavoro?

— Questo — disse Charles — non riuscireste a capirlo.

— Porta a passeggio i cani, ma si vergogna a dirlo — spiegò Raven. Mise la sua foto sul tavolo e prese la seconda. Improvvisamente si irrigidì.

— Cosa gli avete fatto? — chiese girando la foto verso Thorstern.

— Io? Niente.

— Avete fatto fare lo sporco lavoro per procura.

— Io non ho dato istruzioni precise — disse Thorstern, colto alla sprovvista per la reazione di Raven. — Io ho detto soltanto di prendere Steen e di fargli dire cos’era successo. — Portò nuovamente lo sguardo alla fotografia e assunse l’espressione di uno che deplori quello che sta osservando. — E così loro hanno fatto.