Le lampade al sodio diffondevano una luce fredda su tutta la raccolta dei mezzi meccanici. La nebbia si era alquanto diradata, ed entro un’ora, con lo spuntare del sole all’orizzonte, sarebbe completamente scomparsa.
L’intera zona dello spazioporto era sorvegliata da un folto numero di guardie. Ma in modo inefficiente. Un gruppo stava chiacchierando accanto ai serbatoi del carburante, altri si erano fermati vicino all’officina delle riparazioni. Alcuni uomini isolati camminavano distrattamente lungo il perimetro dell’astroporto e attorno agli scafi. Nessuno di loro era mentalmente vigile. Annoiati dalla lunga notte trascorsa senza incidenti, a mezz’ora dal cambio della guardia, tutti pensavano solo ai minuti che li separavano dalla colazione e dal letto.
Raven fu grato dello stato mentale di quegli uomini. Creava uno stato psicologico a suo favore. La scelta di tempo è un fattore importante per il successo in ogni cosa, e l’orologio è il più grande autocrate che esista. Nel tentare un’impresa difficile si può fallire quando le lancette si trovano in una posizione e riuscire quando si trovano in un’altra.
Giunto a un centinaio di metri dal perimetro, cominciò ad avanzare con cautela. Senza dubbio le guardie dovevano aver ricevuto l’ordine di intercettarlo. La resa di Thorstern non poteva certo aver fatto revocare l’ordine di cattura.
La maggior parte delle guardie erano uomini normali, privi di qualsiasi facoltà. Alcuni dovevano essere seguaci di Thorstern o di Wollencott, e potevano aver ricevuto ordini particolari a riguardo di Raven nel caso fosse comparso all’astroporto. Ma non c’era modo di scoprire quali fossero, perché tutti stavano pensando al termine del servizio di ronda e alle piacevoli occupazioni che sarebbero seguite.
Il tizio che si stava avvicinando aveva nella mente la chiara immagine di un piatto di uova e prosciutto. Non aveva un punto fisso del campo da sorvegliare ed era un levitante.
Dopo averlo osservato per qualche tempo, Raven scoprì che il giovanotto era libero di andare dove voleva, e che compiva un giro irregolare in mezzo alle astronavi. Lo vide fermarsi due o tre volte, sollevarsi nell’aria e scavalcare quegli scafi ai quali non aveva voglia di girare attorno. Le altre guardie, tutti uomini che non si potevano staccare da terra, osservavano con annoiata indifferenza i voli del compagno. Il dieci per cento di loro aveva differenti particolari capacità, e tutti si consideravano superiori agli altri.
Attirato da quello che considerava un semplice impulso, senza motivo di dover sospettare qualcosa, la guardia si avviò al ripostiglio dietro cui Raven stava aspettando. Per un identico impulso, proveniente dalla stessa fonte, il giovane sollevò il mento per portarlo a un angolo adatto. Era parecchio cooperante, e Raven si rammaricò di doverlo ricompensare troppo sgarbatamente: lo colpì al mento, mentre il giovane stava ancora pensando al suo piatto di uova e prosciutto. Indossò berretto e impermeabile della guardia abbattuta, fece il giro dell’edificio e si addentrò nel campo. La sua vittima era bassa di statura, e l’impermeabile gli arrivava a stento alle ginocchia. Ma nessuno se ne accorse. Le guardie più vicine si trovavano a duecento metri, e i guai potevano venire soltanto da un telepatico. Se qualcuno avesse cercato di leggergli i pensieri avrebbe trovato il vuoto assoluto e avrebbe capito subito che si trattava di qualcosa di diverso da un semplice levitante… allora, sarebbe cominciata la musica a pieno ritmo.
Raven piegò il braccio per tenere l’arma nello stesso modo in cui l’aveva tenuta l’altro e giunse indisturbato nelle vicinanze dell’astronave passeggeri in attesa della posta. Era la Star Wraith, un modello recente, completamente rifornita di carburante e pronta per partire. Non c’era ancora nessuno a bordo. Raven si sollevò lentamente da terra e passò dall’altra parte dello scafo.
Nonostante il grande numero di scafi che si trovavano sul campo, dovendo scegliere un mezzo per la fuga, Raven aveva una scelta molto limitata. I giro, gli elicotteri e i mezzi antigravità potevano soltanto servire per spostamenti locali sul pianeta. Di mezzi adatti ad affrontare lo spazio c’erano soltanto la Star Wraith e le due astronavi del servizio diplomatico.
Queste ultime venivano rifornite di carburante proprio in quel momento. Fortunatamente, su quel mondo senza luna, Raven non correva pericolo di prendere per sbaglio uno scafo rifornito soltanto del carburante sufficiente per raggiungere il satellite. Lo scafo diplomatico più vicino aveva ormai i serbatoi pieni ed era pronto per la partenza, ma Raven lo sorpassò per dare un’occhiata allo scafo gemello. Anche questo era ormai pronto alla partenza. Mancava soltanto il pilota. Tutte e due gli scafi viaggiavano senza personale di bordo, e tutti e due avevano i portelli aperti. Raven scelse il secondo in considerazione del fatto che aveva circa mezzo chilometro di spazio libero dietro la coda. L’altro avrebbe distrutto un autogiro che forse il proprietario amava più di sua madre.
In quel momento la mente della persona stesa a terra dietro il magazzino fece ritorno dalla sua involontaria vacanza, e Raven la percepì all’istante. Si aspettava una cosa del genere. Il pugno avrebbe dovuto permettergli di guadagnare un paio di minuti, un tempo più che sufficiente. Così aveva sperato.
“Dove sono andato a sbattere?” si chiese il giovane, con la testa ancora confusa. E dopo qualche secondo, “Mi hanno dato un pugno!” Una pausa leggermente più lunga, poi giunse il pensiero sconvolto. “Il mio berretto! Il mio fucile! Qualche maledetto mi ha…”
Con aria indifferente, Raven si alzò da terra, come per passare dall’altra parte dello scafo che gli stava di fronte, ma si fermò all’altezza del portello aperto ed entrò. Accostò il battente circolare e tirò la leva che chiudeva ermeticamente il portello, poi si avviò verso la cabina di pilotaggio.
“Qualcuno mi ha colpito” continuò la mente dell’altro. “Doveva essere in attesa del mio passaggio!” Seguì un attimo di pensieri confusi, poi ci fu l’urlo mentale e vocale. — Ehi, voi, addormentati! Qualcuno è penetrato nel campo! Mi ha rubato il…
In mezzo alla confusione di pensieri che giunsero dalle guardie che stavano per smontare e che solo adesso si ricordavano di essere ancora in servizio, quattro menti più forti parvero emergere dal nulla e avanzarono in mezzo al campo per scrutare negli scafi. Quando raggiunsero la piccola astronave le quattro menti urtarono contro lo scudo mentale di Raven, si sforzarono, rimbalzarono.
“Chi siete?”
Raven non rispose. In quel momento le pompe e gli iniettori dello scafo cominciarono a entrare in azione.
“Rispondete! Chi siete?”
Erano menti molto diverse dalle altre che si aggiravano per il campo. Erano acute, precise, e avevano saputo riconoscere lo schermo mentale nell’attimo in cui lo avevano incontrato.
“È un telepatico. Non vuole parlare e tiene la mente serrata. Si trova sul KM 44. Meglio circondare lo scafo.”
“Circondarlo? No! Se mette in azione i propulsori incenerirà tutti quelli che si trovano dietro la coda.”
“Non credo. Non oserà partire prima che si sollevi la nebbia.”
“Se è Raven avremo delle grane, perché avremmo dovuto…”
“Vi ho detto che non sappiamo chi sia. Potrebbe trattarsi soltanto di un maniaco del volo nello spazio che tenta di rubare un’astronave. Se parte, spero che vada a fracassarsi.”