— Ditelo voi.
— Succede qualcosa capace di far precipitare la situazione creata. — Raven s’interruppe un attimo per cercare un esempio. — Uno scheletro viene trovato su un versante delle Sawtooths, e al fatto viene data molta più pubblicità di quanta meriti. Poi si diffonde la voce che un innocente pirotico è stato dilaniato dallo sciame di un insettivoco. Immediatamente si diffondono altre voci. Un agitatore di masse scatena la folla contro gli insettivoci, proprio quando, per una strana coincidenza, le forze di polizia sono mobilitate da un’altra parte. La notizia si diffonde rapidamente. — Raven guardò Kayder con occhi freddi. — Prima che possiate rendervene conto, vi troverete alle calcagna normali e mutanti, con i pirotici in testa.
— Mentre Thorstern se ne sta a ridere in disparte — concluse Kayder.
— Avete afferrato il concetto. Con l’aiuto dell’umanità atterrita, scova tutti gli insettivoci che esistono e ne estingue la razza. Segue un periodo calcolato di pace e tranquillità, poi i servizi di propaganda iniziano il loro gioco con la nuova vittima: i microtecnici, per esempio.
— Non farà mai una cosa simile.
— Forse no… e forse sì. Avete visto l’ultimo romanzo sceneggiato, sullo spettroschermo?
— No. Ho modi migliori per perdere il mio tempo.
— Avete mancato un’occasione interessante. Parlava di mutanti.
— Spettacoli del genere se ne sono già visti.
— Infatti. Quello spettacolo poteva anche essere privo di significato. O poteva anche essere l’inizio di una insidiosa campagna per sterminare tutti quelli che hanno dei poteri paranormali. — Raven, fece una breve pausa, poi aggiunse: — L’eroe era un telepatico, e il malvagio un insettivoco.
— Non farà mai una cosa simile — ripeté Kayder con rabbia. — Lo ucciderei!
— È quello che vi avevo chiesto. Sono venuto da voi perché eravate in debito di un favore. E anche perché fino a pochi giorni fa eravate il capo di un gruppo assortito di mutanti che probabilmente potete ancora radunare. Avete in mano una forza notevole e siete in grado di usarla. Lasciate che Thorstern viva in pace, ma tenetelo d’occhio, per vedere che strada prende. Se vi accorgete che ha intenzione di sconvolgere il genere umano…
— Non vivrà abbastanza — promise Kayder con decisione. — Ma non per farvi un favore. Soltanto per proteggere me stesso. In questo caso non avrei il minimo scrupolo. Si tratta di legittima difesa. — Guardò Raven attentamente. — Immagino che voi dovrete proteggervi molto prima di me. Cosa intendete fare?
— Niente — disse Raven alzandosi.
— Niente? Perché mai?
— Forse, al contrario di voi, sono incapace di fare qualcosa per difendermi. — Aprì la porta. — O forse mi piace l’idea di diventare un martire.
— Se si tratta di una battuta, non la capisco. Se non lo è, allora siete proprio pazzo!
17
Raven si sdraiò nella poltrona pneumatica e si rivolse a Leina. — Ci saranno altre interferenze, se gli avvenimenti lo richiedono. Ma non da parte nostra. I progetti degli esseri umani saranno ostacolati da altri esseri umani. Sei contenta di questo?
— Avrei preferito che fosse stato così fin dall’inizio — rispose Leina in tono aspro.
— Hanno pure diritto al loro piccolo frammento di destino, non ti pare?
Leina sospirò rassegnata. — Il guaio dei maschi è che non crescono mai. Rimangono incurabilmente romantici. — Girò lo sguardo per fissarlo negli occhi. — Sai benissimo che dobbiamo limitarci a difenderli dai Deneb… questi fragili bipedi.
— Pensala come vuoi — disse Raven per concludere l’argomento. Era inutile discutere con lei… dato che aveva ragione.
— Inoltre — riprese Leina — mentre ti occupavi di affari trascurabili, io sono rimasta in ascolto. Dodici astronavi nere sono state viste nella regione di Vega.
Raven si irrigidì. — Vega! È il punto più vicino che abbiano mai raggiunto.
— Potrebbero anche venire più vicini. Potrebbero raggiungere questo Sistema Solare. O potrebbero allontanarsi in un’altra direzione e lasciare questo settore cosmico per altri diecimila anni. — Non disse altro, ma Raven comprese perfettamente. — È un brutto momento per correre rischi inutili.
— Un errore tattico non ha importanza, quando abbiamo la capacità di nasconderlo e correggerlo — rispose Raven, quindi si alzò. — Vado in cupola ad ascoltare.
Di sopra si accomodò, aprendo la mente, e cercò di isolare dal chiacchiericcio dell’etere la parte di dati provenienti dalla regione di Vega. Non era facile. C’erano tantissime voci che si accavallavano…
“I saltatori tripedi di Raemis sono fuggiti nelle paludi e per la paura rifiutano qualsiasi contatto coi Deneb. Pare che i Deneb lo ritengano un mondo inadatto a qualsiasi scopo. Si apprestano a partire.”
“…influenzato le menti dei piloti, deviando l’intero convoglio verso Zebulam, una quasi-nova nel settore cinquantuno del Crepaccio. Conti nuano a filare imperterriti, convinti di trovarsi sulla giusta rotta.”
“Gliel’ho chiesto. L’aveva abbandonato così all’improvviso e con tanta violenza che era troppo confuso per dare il permesso. Quando si è riavuto era troppo tardi, l’occasione era andata in fumo. Così adesso dovrò aspettarne un altro. Intanto…”
“Questi Weltenstile si sono spaventati a morte quando un incrociatore è sbucato dall’oscurità e li ha bloccati con dei raggi trattori. I Deneb hanno capito subito di aver preso una nave rudimentale con a bordo dei selvaggi, e l’hanno lasciata andare senza nuocere.”
“…dodici in formazione a ventaglio, sempre dirette verso Vega, biancazzurra del settore uno-novantuno, ai bordi del Lungo Spruzzo.”
Raven si drizzò e contemplò il cielo notturno. Il Lungo Spruzzo scintillava allo zenit come un velo impalpabile. I Terrestri lo chiamavano Via Lattea. Tra quel punto e un altro puntolino insignificante perso nell’oscurità c’erano mille mondi capaci di distogliere l’attenzione delle navi in arrivo. Ma quelle navi avrebbero anche potuto insistere sulla loro rotta, ignorando qualsiasi altra attrazione. Quando li si lasciava liberi di agire a modo loro, i cari Deneb erano imprevedibili.
La fine prevista da Leina giunse dopo tre settimane. In quel periodo, né la radio né le reti degli spettroschermi diedero notizia di recenti animosità interplanetarie. Gli altri spettacoli non rivelarono nessun minaccioso spostamento di tendenze verso una particolare direzione. I mutanti venivano sempre rappresentati nei diversi spettacoli, ma i ruoli di eroe, eroina e antagonista venivano distribuiti con imparzialità.
Lontano, dodici astronavi nere avevano deviato leggermente verso destra e stavano puntando verso gli otto pianeti disabitati di un sistema binario minore. Per il momento, la marcia verso Vega era stata interrotta.
Il sole del mattino splendeva caldo. Il cielo era una limpida distesa azzurra segnata soltanto da qualche nube all’orizzonte e da una scia di vapore che si innalzava nella stratosfera. Ancora una volta, il Fantôme era partito per Venere.
Un elicottero a quattro posti diede la prima indicazione sul fatto che gli errori si devono pagare, e che il passato ha sempre modi antipatici per intralciare il presente. Giunse da ovest e atterrò nelle vicinanze del cratere ormai cosparso di erbe colorate. Ne scese un uomo.
Leina lo fece entrare. Si trattava di un giovane alto, robusto, dall’espressione leale. Era un agente del Servizio Segreto della Terra, un subtelepate, capace di leggere il pensiero degli altri ma non di chiudere la propria mente. Secondo quelli che l’avevano mandato, era il tipo più adatto alla missione. Un uomo aperto, che sapeva immediatamente conquistarsi la fiducia degli altri.