— Mi chiamo Grant — disse. Condizionato dalla sua limitazione, aveva parlato vocalmente. Altrimenti dovendo parlare con dei veri telepati si sarebbe trovato in grande svantaggio.
— Sono venuto a riferirvi che il maggiore Lomax, del Servizio Segreto, vorrebbe vedervi al più presto possibile.
— È urgente? — chiese Raven.
— Credo di sì. Se siete pronti, posso portare voi e la signora con questo stesso elicottero.
— Ci vuole tutti e due?
— Sì, ha detto voi e la signora.
— Sapete cosa vuole?
— No, signore. — Aveva l’espressione sincera, e la sua mente confermava le parole.
Raven si girò per interrogare Leina con lo sguardo. — Possiamo anche andare subito. Che ne dici?
— Io sono pronta — rispose lei fissando gli occhi sul visitatore.
Grant arrossì e imprecò contro l’incapacità di nascondere i propri pensieri.
“Mi sta scrutando” pensò. “Mi sta scrutando profondamente. Vorrei che non lo facesse. O vorrei poterla scrutare allo stesso modo. È grande e grossa… ma è molto bella.”
Leina sorrise, ma non fece osservazioni. — Vado a prendere la borsetta — disse.
Al suo ritorno, si avviarono verso l’elicottero. La macchina si sollevò dolcemente da terra e puntò verso ovest. In tutta l’ora del volo, nessuno disse una parola. Grant rimase concentrato sugli strumenti di bordo e cercò di controllare il più possibile i pensieri.
Leina continuò a fissare il paesaggio che sfilava sotto di loro, come se fosse la prima volta che lo vedeva… o l’ultima. Raven chiuse gli occhi per sintonizzarsi su una banda molto al di sopra della banda telepatica normale.
“David! David!”
“Sì, Charles?”
“Ci stanno portando via.”
“Anche noi, Charles.”
L’elicottero scese verso un edificio isolato al centro di un tratto desolato battuto dal vento. Era una costruzione quadrata e somigliava a una centrale elettrica abbandonata o a un vecchio deposito di esplosivi.
Toccando terra, l’elicottero sobbalzò un paio di volte, poi rimase immobile. Grant saltò dall’apparecchio e aiutò impacciato Leina a scendere. Poi si avviarono tutti insieme verso la porta blindata che si apriva nella parete. Grant premette un pulsante, e subito una piccola apertura a iride si aprì nella porta mostrando la lente di un obiettivo.
La feritoia si richiuse quasi all’istante e dall’interno giunse il leggero cigolio del meccanismo che spostava i catenacci.
— Sembra una fortezza — disse Grant in tono ingenuo.
La porta si aprì, e le due persone convocate oltrepassarono la soglia. Grant li lasciò e tornò all’elicottero.
— A me sembra un crematorio — gridò Raven dalla soglia, girandosi verso Grant.
Poi la porta metallica si richiuse e i catenacci tornarono al loro posto. Grant rimase un attimo a osservare i battenti di ferro e le pareti senza finestre. Ed ebbe un brivido.
Dal fondo del corridoio in cui Raven e Leina si trovavano, giunse l’eco di una voce.
— Percorrete tutto il corridoio. Mi troverete nell’ultima stanza. Avrei voluto venire a ricevervi, ma sono certo che mi scuserete.
Era una voce cortese ma estremamente impersonale, priva di calore. Quando si trovarono di fronte alla persona che aveva parlato, notarono che aveva un aspetto corrispondente alla voce.
Il maggiore Lomax sedeva dietro una lunga scrivania. Era un uomo magro, di poco più di trent’anni, e aveva occhi azzurri che guardavano con una strana fissità. Portava i capelli biondi tagliati a spazzola. Ma le cose più caratteristiche erano l’estremo pallore del viso, quasi cereo, e la guancia permanentemente contratta da un lato. Indicò le uniche due poltrone esistenti nella sala.
— Sedetevi, prego. Vi ringrazio di essere venuti immediatamente. — Spostò gli occhi su Leina, poi tornò a fissare Raven. — Mi scuso per non essere venuto alla porta. Riesco a stare in piedi con difficoltà, e camminare mi è quasi impossibile.
— Mi spiace — disse Leina con compassione femminile.
Non era facile comprendere quale fosse stata la reazione di Lomax. Un rapido sondaggio mostrò che era un telepate di prima qualità, e che aveva uno schermo mentale efficientissimo. Volendo, però, Raven e Leina avrebbero forse potuto perforare le sue difese con un affondo simultaneo e violento. Per mutuo consenso, decisero di non tentare. Lomax doveva essersi accorto del primo tentativo di sondaggio, ma la sua faccia era rimasta impassibile.
Lomax prese alcuni fogli dattiloscritti che erano sulla scrivania, poi parlò con la stessa voce fredda e impersonale.
— Non so se sospettate il motivo della vostra convocazione, né posso immaginare quali saranno le vostre reazioni dopo che vi avrò parlato Comunque, prima di dare inizio al colloquio voglio farvi sapere che le mie funzioni sono stabilite qui.
Batté un dito sui fogli che stringeva nell’altra mano. — Sono dettagliate al massimo, e mi devo attenere strettamente alle istruzioni.
— Sembra tutto molto minaccioso — disse Raven. — Continuate.
Non ci furono reazioni visibili. La faccia pallida rimase fredda e impassibile come quella di una mummia. Sembrava che Lomax volesse recitare la parte del perfetto automa.
Prese il primo foglio e cominciò a leggere.
— Anzitutto devo comunicarvi un messaggio personale del signor Carson, capo dei Servizi di Spionaggio terrestri. Quando ha saputo di questa convocazione ha disapprovato con tutte le sue forze e ha usato tutti i mezzi in suo potere per impedirla. Ma è stato inutile. Vuole che vi porga i suoi saluti e che vi assicuri che qualsiasi cosa possa succedere in questo edificio, lui vi terrà sempre in grandissima stima.
— Povero me! — esclamò Raven. — Le cose si mettono male!
Lomax non perse la sua impassibilità.
— Questa conversazione dovrà essere svolta vocalmente, perché verrà registrata per un eventuale controllo da parte di chi l’ha voluta. — Prese un altro foglio e continuò a parlare come un robot. — È importante che sappiate che sono stato scelto per una strana combinazione di qualità. Sono membro del Servizio di Spionaggio, sono un telepate capace di nascondere i pensieri, e infine, cosa non senza importanza, sono una specie di relitto fisico. — Alzò gli occhi dal foglio, incontrando lo sguardo penetrante di Leina, e per la prima volta dimostrò un certo disagio. Riprese rapidamente a parlare. — Non vi annoierò con tutti i particolari. Sono rimasto ferito gravemente in un incidente. È stato fatto il possibile per salvarmi, però non mi rimangono ancora molti giorni di vita. Questa attesa è estremamente penosa, quindi sono felice di andarmene. — Alzò di nuovo gli occhi e guardò i due con espressione di sfida. — Voglio che lo ricordiate, perché è molto importante. Io vivo nell’anormale stato di mente dell’uomo che desidera morire. Quindi le minacce di morte non mi spaventano.
— Non intimidiscono nemmeno noi — disse Raven pacato.
Lomax li guardò sconcertato. Si era aspettato che gli domandassero chi mai intendesse minacciarlo. Riuscì comunque a nascondere la propria sorpresa, e riprese a parlare.
— Inoltre, per quanto non abbia paura di morire, sarò costretto a reagire nel caso che la mia esistenza venga minacciata. Sono stato sottoposto a uno speciale corso di condizionamento mentale che mi costringe alla reazione. Non fa parte del mio normale processo mentale e non può essere controllato da nessun telepate. Questo circuito entra automaticamente in azione quando corro il pericolo di perdere la vita o il controllo della mia personalità. Mi costringe ad agire senza pensarci, istintivamente. E il risultato sarà l’immeditata distruzione di noi tre.