— Sembra una nuova minaccia.
— È solo un avvertimento amichevole. Per quanto la coppia di Venere abbia dato meno motivi di sospetto, viene trattata come voi. Siete quattro uccelli della stessa nidiata, e verrete liberati o uccisi insieme.
— Così, i due casi sono collegati? — chiese Raven.
— Esatto. Uno stato di emergenza sulla Terra azionerà un segnale che provocherà un’identica reazione su Venere. E viceversa. Ecco perché abbiamo tenuto le due coppie separate. Più tempo fanno perdere gli uni, più grande è la possibilità che gli altri giungano rapidamente a una decisione.
— Un piano ben pensato — ammise Raven.
— Avete due modi per lasciare questo mondo. Per mia mano, nel caso di una vostra reazione, o per mano dei vostri alleati di Venere. — Lomax fece un leggero sorriso. — Vi trovate nella infelice situazione di chi si rende conto di poter battere i nemici, ma che non è certo di portersi salvare dagli amici.
Raven si lasciò sfuggire un profondo sospiro. Si appoggiò allo schienale della poltrona e chiuse gli occhi, come per concentrarsi sul problema che doveva risolvere. Il fatto che Lomax gli potesse leggere i pensieri non lo preoccupò. Aveva assoluta fiducia nella inviolabilità del suo scudo mentale e sapeva che i telepati di tipo terrestre non potevano sintonizzarsi su una banda mentale tanto alta.
“Charles… Charles!”
La risposta giunse parecchio tempo dopo, perché la mente dell’altro era stata assorta nei propri pensieri.
“Sì, David?”
“A che punto siete?”
“Ci hanno detto in questo momento che quattro astronavi deneb hanno inseguito uno scafo terrestre, ma che sono state distolte dalla caccia… Non riesco proprio a capire cosa possa averle indotte a cambiare proposito.” Seguì una risatina mentale.
“Siete in ritardo di qualche minuto. Noi siamo arrivati alla fine. Chi vi sta interrogando?”
“Un uomo molto vecchio. Pronto di mente, ma agli ultimi giorni di vita.”
“Da noi c’è un uomo giovane” informò Raven. “Un caso pietoso. E non ci sarebbe da stupirsi se venisse colto da un attacco e morisse sotto lo sforzo di questo colloquio. Sui nastri verrebbe registrata una morte naturale. Spiacevole, ma naturale. Penso che si possa trarre vantaggio dalle sue condizioni.”
“Cosa proponi?”
“Recitare ai microfoni una specie di piccolo dramma. Lo faremo per offrire maggiore plausibilità di innocenza. Poi, lui avrà il suo attacco. Noi reagiremo in modo naturale, e anche lui, perché non ne può fare a meno. Il risultato toglierà tutti dall’imbarazzo.”
“Quanto tempo ti ci vorrà?”
“Un paio di minuti.”
Raven si raddrizzò sulla sedia e spalancò gli occhi, come se avesse trovato la possibile soluzione. — Sentite, se la mia vita è conosciuta in ogni minimo particolare, è ovvio che il mio corpo può essere stato occupato soltanto al momento della mia morte e della rinascita.
— Non mi riguarda — fece Lomax. — Saranno gli altri a decidere.
— Dovranno convenirne — disse Raven, con voce piena di speranza. — Ora, se si accetta l’assurda teoria che qualcuno possa essersi impossessato del mio corpo, com’è possibile che si sia impossessato anche di una cosa tanto immateriale quali possono essere i miei ricordi?
— Non chiedetelo a me. Non sono un esperto in materia. — Lomax prese alcuni appunti su un foglio. — Continuate.
— Se posso ricordare fatti della mia fanciullezza, di quando avevo tre o quattro anni — continuò Raven con il tono di chi ha trovato la soluzione a tutti i suoi guai — e se posso farli confermare da persone ancora in vita, in che situazione mi verrei a trovare?
— Non lo so — disse Lomax. — In questo momento le vostre parole vengono considerate da competenti. Un segnale mi dirà se potete illustrare il vostro argomento.
— Che cosa succederebbe se dimostrassi che, nella mia giovinezza, ho volontariamente represso i miei poteri perché mi consideravo una specie di mostro? Cosa succederebbe se dimostrassi che l’amicizia fra questi quattro mostri è dovuta semplicemente al fatto che ogni simile ama il suo simile?
— Forse può bastare — disse Lomax — e forse no. Lo sapremo presto. — Improvvisamente la sua faccia ebbe una contrazione di dolore e grosse gocce di sudore gli segnarono la fronte. Ma si controllò subito. — Se avete qualcos’altro da dire siete ancora in tempo.
Guardandosi attorno, Raven vide le lenti delle telecamere, i cavi di registrazione nascosti nella parete, il piccolo pulsante vicino ai piedi di Lomax, e i fili che correvano dal pulsante alla macchina situata nel sotterraneo. Senza la minima difficoltà riuscì a studiare la macchina e a calcolare la potenza del suo raggio distruttivo.
Lui e Leina si erano resi conto di tutto questo fin dal momento in cui erano entrati nella stanza. Sarebbe stato facile, per loro, staccare tutti i contatti anche senza muoversi dalla loro poltrona. Sebbene Lomax pensasse il contrario, la via della salvezza era aperta… Ma una fuga sarebbe stata la completa confessione di ogni loro segreto.
La situazione del momento indicava che molte cose erano ormai trapelate. In qualsiasi modo, dovevano far cessare i sospetti e far trarre conclusioni false.
Nello stesso tempo dovevano far scomparire per sempre, e in modo plausibile, le persone che erano la loro unica fonte di informazione. Le ombre che stavano all’altro capo dei fili avrebbero dovuto ricevere dati che portassero soltanto a conclusioni sbagliate.
Restare nascosti era l’obiettivo primario. Nessun frammento di verità doveva rimanere nelle menti degli uomini altrimenti un giorno qualcuno avrebbe potuto capirla. Gli esseri umani vivevano in una ignoranza protettiva, e dovevano restarci. Un briciolo di conoscenza sarebbe stato pericolosissimo e doveva essere loro negato per sempre.
La libertà che stava oltre la porta di ferro era una libertà ben misera… come quella del bambino che vuole giocare per la strada, o del neonato che può bagnare le lenzuola e agitare il sonaglio, o del bruco che striscia sotto una foglia per cercare una salvezza illusoria.
Come casualmente, Raven toccò la mano di Leina, era un gesto fatto di comune accordo. C’erano gli obiettivi da ingannare, e bisognava agire con molta prudenza. E poi c’erano il nastro di registrazione, il piccolo pulsante, e il proiettore mortale.
— Ci sono sempre stati mutanti sconosciuti — disse Raven, in tono che voleva essere persuasivo. — È un fatto che rende tutti i vecchi dati insufficienti e inesatti. Per esempio, il mio nonno materno, essendo un mascalzone, avesse cercato per tutta la vita di tenere nascosti i suoi poteri ipnotici per servirsene per scopi illegali, ne conseguirebbe che…
S’interruppe per osservare Lomax che aveva fatto una nuova smorfia di dolore e si era piegato in avanti. Prima che l’uomo alla scrivania potesse riprendersi. Leina lanciò un grido di sorpresa.
— Oh, David. Guarda! — Poi con tono atterrito: — Che cosa vi sta succedendo, Lomax?
Nello stesso momento le due menti si scatenarono con forza per vincere lo scudo mentale dell’altro. Lomax non ebbe il tempo di chiedere di che cosa stessero parlando né di affermare che non gli era successo niente di preoccupante. Sentì l’esclamazione di Leina e una fitta dolorosa al cervello. Cadde con la testa sulla scrivania. Nello stesso istante, il circuito di reazione scattò. Automaticamente il piede raggiunse il pulsante.
Per una frazione di secondo la mente di Lomax urlò disperatamente:
“L’ho fatto! Mio Dio, l’ho…”