— Perché queste creature debbono essere tanto testarde e idiote? — disse Leina, stringendosi nervosamente le mani. — Cosa devo fare, David?
— Evitare di farti coinvolgere. Sono venuto per distruggere certe carte, ecco tutto. C’è la possibilità di vederli arrivare prima che io possa andarmene. In questo caso, mi dovresti fare un piccolo favore.
— E sarebbe?
— Badare per un po’ di tempo al mio miglior vestito. — Si batté significativamente un dito sul petto. — Mi si addice perfettamente, ed è l’unico che ho. Mi piace, e non voglio perderlo.
— David! - L’impulso mentale della donna fu secco e terribilmente scosso. — Non questo! Non puoi farlo. Non senza permesso. È una violazione grave. E non è morale.
— Non lo è neppure la guerra. Neppure il suicidio di massa.
— Ma…
— Sss! — Sollevò un dito nell’aria. — Stanno arrivando. Non ci hanno messo molto. — Guardò l’orologio appeso alla parete. — Non sono ancora passate tre ore da quando sono uscito dagli uffici. Questa sì che si chiama efficienza! — Tornò a fissare la donna. — Li senti arrivare?
Lei rimase seduta in silenzio e fece un cenno affermativo. Raven si allontanò in fretta e andò a distruggere i documenti. Rientrò nel momento in cui suonava il campanello della porta. Leina si alzò e fissò incerta il compagno: Raven le fece un cenno rassegnato e lei andò ad aprire la porta. Aveva i modi della persona che agisce senza iniziativa.
Cinque uomini erano raggruppati vicino a uno scafo a forma di proiettile, fermo a quattrocento metri dalla casa, e due erano in attesa di fronte alla porta. Tutti indossavano l’uniforme nera e argento degli agenti della polizia politica. I due alla porta erano corpulenti, con la faccia tirata, e tanto somiglianti da poter essere fratelli. Ma era solo una somiglianza fisica, perché internamente erano diversi. La mente di uno dei due scrutò quella di Leina, l’altra non lo fece. Uno era telepate, l’altro doveva essere qualcos’altro. L’improvviso attacco della mente, che scrutava nella sua, impedì a Leina di esaminare il secondo individuo e di capire quali fossero le sue particolari capacità. Fu costretta a respingere l’attacco chiudendo la mente. L’altro se ne accorse all’istante, e smise il tentativo di frugare nei pensieri della donna.
— Un altro tele — disse al compagno. — Abbiamo fatto bene a venire in parecchi, non ti pare? — Senza aspettare risposta, si rivolse a Leina vocalmente. — Potete parlare a me di vostra spontanea volontà. — Fece una leggera pausa per ridere. — Oppure potete parlare con il mio amico contro la vostra volontà. A voi la scelta. Come potete vedere dalla divisa, siamo della polizia.
Leina smise improvvisamente di stare sulla difensiva.
— Non lo siete per niente. Un agente di polizia avrebbe parlato di collega, non di amico. E non si sarebbe scomodato a specificare la sua professione e a minacciare.
Il secondo uomo, rimasto in silenzio fino a quel momento, si intromise nella conversazione.
— Preferite parlare con me? — disse mentre i suoi occhi si accendevano di una luce strana, simile a quella di due piccole lune. Era un ipnotico.
Leina lo ignorò e si rivolse al primo. — Cosa volete?
— Raven.
— Come?
— È qui — disse l’uomo cercando di guardare al di là delle spalle della donna. — Sappiamo che è qui.
— E allora?
— Deve venire con noi per essere interrogato.
Dall’interno della casa giunse la voce di Raven. — Sei gentile, Leina, a voler trattenere i signori. Ma è inutile. Falli pure entrare.
La donna ebbe un leggero brivido e la sua faccia diventò uno specchio di emozioni, mentre si spostava per farli passare. I due uomini avanzarono smaniosi, come buoi che entrano al macello. Nella mano della donna la maniglia si fece gelata. Sapeva cosa sarebbe successo.
3
Gli intrusi si fermarono non appena varcata la soglia. Avevano un’espressione circospetta, stringevano un’arma in pugno e si tenevano lontani l’uno dall’altro, come temendo che la loro preda fosse capace di eliminarli con un colpo solo.
Raven non si preoccupò di alzarsi dal divano e parve molto divertito della loro paura.
— Oh, il signor Grayson e il signor Steen — disse non appena ebbe lette le loro identità nelle loro menti. — Un telepatico e un ipnotico… con una banda di altri anormali che aspettano fuori. Sono molto onorato.
Grayson, il telepatico, si girò di scatto verso il compagno. — Hai sentito? Ci chiama normali — esclamò. Poi fece un cenno secco a Raven. — Bene, lettore di pensieri, alzatevi in piedi e cominciate a camminare.
— Per andare dove?
— Lo saprete quando sarete arrivato.
— Pare proprio che sia così — disse Raven. — La destinazione ultima non è registrata nelle vostre menti. Da questo posso capire che non godete la fiducia dei vostri superiori.
— Neanche voi — disse Grayson. — E ora alzatevi. Non possiamo starcene qui a perdere tutto il giorno.
— Capisco. — Raven si alzò stirandosi e sbadigliò. Poi fermò lo sguardo su Steen, l’ipnotico. — Che vi prende, Strabico? Mai stato tanto affascinato, prima d’ora?
Continuando a fissare Raven con la stessa curiosità con cui lo aveva osservato fin dall’inizio, Steen rispose: — Quando c’è da affascinare qualcuno, sono io a farlo. E perché mai dovrei esserlo, poi? Non avete né quattro braccia, né due teste. Cosa vi fa pensare di essere tanto interessante?
— Non lo è per niente — disse Grayson con impazienza — e credo che i capi siano stati messi in allarme da voci esagerate. Conosco le sue capacità, e non sono certo eccezionali.
— Davvero? — chiese Raven girando la testa verso di lui.
— Sì, voi siete soltanto un nuovo tipo di telepate. Voi potete fruga re nelle menti degli altri anche quando la vostra è chiusa A differenza di noi, potete leggere i pensieri degli altri mantenendo, impenetrabili i vostri. Un trucco interessante e utile. — Fece un gesto di sprezzo. — Ma anche se interessante, non può certo preoccupare due pianeti.
— Allora, di cosa avete paura? — disse Raven. — Saputo questo, non c’è più nient’altro da sapere. Ora lasciatemi meditare con piacere sui peccati della mia passata gioventù.
— Abbiamo avuto ordine di portarvi via tutto intero. Ed eseguiremo l’ordine. — Lo sprezzo di Grayson si fece più evidente. — Siamo venuti a catturare la grande tigre. Però a me sembra che puzzi di gatto.
— E da chi verrò interrogato? Dal grande capo, o da qualche subalterno?
— Non sono affari miei — disse Grayson. — Se volete una risposta, non dovete fare altro che venire con noi.
Raven lanciò una evidente strizzata d’occhio verso la porta, dove la donna era rimasta ferma in silenzio.
— Leina, vuoi andarmi a prendere il cappello e la borsa?
Grayson afferrò la donna per un braccio. Evidentemente non gli piaceva la situazione. — No, voi restate qui. — Poi girò la testa verso Raven. — Andate a prenderli voi. Tu, Steen, vai con lui. Io curo la grassona. Se mostra i denti, sai quello che devi fare.
I due scomparvero nella stanza accanto. Raven davanti e Steen dietro, con gli occhi che brillavano già di quella luce più pericolosa dei proiettili. Grayson si mise a sedere sul bracciolo di una poltrona pneumatica, appoggiò l’arma sulle ginocchia e fissò attentamente la donna.
— Siete anche voi un’ostrica mentale, vero? — disse. — Comunque, se sperate che riesca a liberarsi di Steen, risparmiatevi il disturbo di doverlo pensare. Non ce la farà mai, anche se avesse tutto il tempo da oggi a Natale.