— Per la Danimarca! — disse il russo prima che venisse inquadrato un altro collega. — Questo monopolio non significa forse che voi impedirete al mondo di trarre la sua giusta parte di profitto da questa avventura? Non dovreste voi, in quanto paese socialista, dividere con gli altri la vostra scoperta… secondo il vero spirito socialista?
Leif Holm annuì, solennemente. — Molte delle nostre istituzioni pubbliche sono socialiste, ma ne abbiamo anche un notevole numero di private e tanto capitaliste da impedirci di rinunciare a quello che voi chiamate «monopolio»… È un monopolio solo nel senso che saremo noi a far funzionare, con un equo profitto, le navi a propulsione Daleth, che apriranno il sistema solare ai paesi della Terra. Cercheremo di non essere troppo avidi, e abbiamo già stipulato un accordo con i paesi scandinavi per la costruzione di tali navi. Siamo certi che questa invenzione andrà a beneficio del genere umano, e consideriamo nostro dovere mettere in pratica tale convinzione.
Il rappresentante della stampa israeliana fu inquadrato nel mezzo di una folla di colleghi eccitati e gesticolanti, e si volse verso la telecamera. Aveva un atteggiamento distaccato, da studioso, con la tendenza a sbirciare al di sopra degli occhiali senza montatura, ma Arnie lo riconobbe come uno dei commentatori più acuti del paese.
— Se questa scoperta è di tale vantaggio per il genere umano, perché non è stata resa accessibile al mondo intero? La mia domanda è rivolta al professor Klein.
Arnie ebbe solo pochi secondi per prepararsi alla risposta, ma si era già aspettato una domanda del genere. Guardò deciso la telecamera e parlò, lentamente, con chiarezza.
— L’effetto Daleth è qualcosa di più di un sistema di propulsione: potrebbe essere sfruttato facilmente per distruggere. Un paese che si proponesse di conquistare il mondo intero, potrebbe riuscirci in poco tempo, utilizzando questo effetto. E magari annientare il nostro pianeta durante tale tentativo.
— Volete precisare meglio? Sono ansioso di sapere come questa specie di motore a razzo possa fare tutto ciò che dite.
Il cronista sorrise, ma Arnie non si lasciò ingannare. Tutti e due ne sapevano assai più sull’effetto Daleth di quanto volessero ammettere.
— Le sue possibilità sono incalcolabili, perché non è affatto una «specie di motore a razzo». Si tratta di un principio nuovo. Può servire a sollevare una nave, piccola… o grande. E magari anche un’intera fortezza in cemento armato e acciaio, con pesantissimi cannoni. E a trasportare poi questa in una parte qualsiasi del mondo in pochi minuti. E la fortezza potrebbe restarsene sospesa nello spazio in cima al pozzo di gravità, al sicuro da qualsiasi rappresaglia, persino da un attacco con missili dotati di armi nucleari, e distruggere qualsiasi obiettivo con semplici granate. O, se questo non vi sembra sufficientemente atroce, vi dirò che, grazie all’effetto Daleth, sarebbe possibile sollevare enormi masse e perfino piccole montagne, trasportarle sulla Luna o lasciarle cadere sulla Terra: le sue possibilità di distruzione sono illimitate.
— E credete che gli altri paesi del mondo userebbero l’effetto Daleth solo per distruggere, se lo possedessero? — Gli altri cronisti rimasero un attimo in silenzio, avvertendo il duello nascosto nel dialogo fra i due uomini.
— Sapete benissimo che lo farebbero — replicò Arnie, secco. — Da quando in qua l’orribile potenza di un’arma ha distolto qualcuno dal farne uso? Chi è stato capace di compiere un genocidio con i gas velenosi e le bombe atomiche durante una guerra, non si fermerà davanti a nulla.
— E credete che Israele si comporterebbe così? Ho sentito dire che l’effetto Daleth l’avete scoperto in Israele e l’avete poi sottratto a quella nazione.
Arnie si era aspettato la domanda, ma tremò ugualmente sotto il colpo. Quando ricominciò a parlare, la sua voce era tanto debole che i tecnici dovettero alzare il volume audio.
— Non volevo obbligare Israele a scegliere tra la propria sopravvivenza e la necessità di scatenare una tragedia nel mondo. Dapprima pensai di distruggere i miei appunti, ma poi mi accorsi che esistevano buone probabilità che qualcun altro giungesse alle mie medesime conclusioni e scoprisse ciò che avevo scoperto io. Dovevo per forza prendere una decisione… e la presi. — Era irritato, ora, e le sue parole avevano un tono di sfida. — Sono certo di avere agito giustamente, e tornerei a comportarmi così, se venissi a trovarmi nella medesima situazione. Ho portato la mia scoperta in Danimarca, perché, per quanto io ami Israele, è pur sempre un paese eternamente in guerra e potrebbe servirsi dell’effetto Daleth per scopi bellici. E poi ero convinto che, se avessi trovato il modo di fare del bene col mio lavoro a tutta l’umanità, ne avrebbe approfittato anche Israele, e per primo, visto tutto ciò di cui gli sono debitore. Ma la Danimarca, che conosco bene perché vi sono nato, non si trova sotto la minaccia di un’aggressione che possa spingerla a scatenare una guerra. È il paese che per due volte ha votato in favore del proprio disarmo unilaterale. In un mondo pieno di belve, voleva camminare disarmato! La Danimarca ha fiducia. E io ho fede in lei. Può anche darsi che mi sia sbagliato, ma Dio sa che ho fatto del mio meglio…
La sua voce tremò per l’emozione, e lui distolse lo sguardo dalla telecamera. Immediatamente il regista diede la parola alla Terra. Dopo i soliti secondi di attesa, venne inquadrato un cronista indiano, che rappresentava un gruppo di giornalisti asiatici.
— Il ministro dello spazio vuol essere tanto cortese da spiegare più dettagliatamente i vantaggi che deriverebbero dall’impiego di questa scoperta e da enumerare quelli che riguarderebbero in particolare i paesi dell’Asia meridionale?
— Sì, lo farò — disse Holm. E guardò il suo sigaro. Se l’era completamente dimenticato, e si era spento.
18
— È una giornata splendida, proprio quello che ci vuole — disse Martha Hansen, schiacciando la sigaretta nel portacenere e intrecciando poi le dita, per nascondere la sua eccitazione.
— Ma certo, ma certo — disse Skou. E allargò le narici, annusando l’aria quasi per accertarsi che non ci fosse odore di guai. — Vi prego di scusarmi un momento.
E, prima che Martha potesse rispondere, sparì, con le sue due fedeli ombre alle calcagna. Lei prese un’altra sigaretta e l’accese; se andava avanti così, ne avrebbe fumato un intero pacchetto prima di mezzogiorno. Allungò le gambe sul divano, e si lisciò la gonna. Aveva scelto il vestito giusto? L’abito di maglia era quello che Nils preferiva. Quanto tempo era trascorso? Udì il rumore di un’auto e si girò di scatto… ma era soltanto il traffico che passava su Strandvejen. Il sole brillava sull’erba verde, sugli alberi alti e sulle azzurre acque del Sound. Le vele bianche si inclinavano per sfuggire al vento e una barca a motore ronzava come un calabrone, tracciando una pallida e lunga scia verso la Svezia. In una domenica di giugno sfavillante di sole… anche la Danimarca poteva trasformarsi in un paradiso, e Nils stava per tornare! Quanti mesi erano passati…
Tre grosse auto nere imboccarono il vialetto di accesso e si fermarono davanti alla casa. Un’auto della polizia e un’altra non meglio identificabile parcheggiarono davanti al marciapiede. Erano arrivati!
Martha si precipitò, precedendo Skou, e spalancò la porta.
— Martha! — gridò Nils, mollando la borsa e stringendo a sé la moglie. E la baciò con tanta foga da toglierle il respiro, proprio lì, sotto il portico. Quando lei riuscì a svincolarsi ridendo, si accorse che un piccolo circolo di uomini stava aspettando pazientemente la fine delle loro effusioni.