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— Diamine, no! — esclamò il gigantesco pilota. E la sua voce vibrò di un impeto pieno di ardore. — Io sono dalla vostra parte, non dimenticatelo. Voglio dire che ammiro quello che avete fatto e che non vi ritengo un venduto! Se ciò che temete è vero, restare sarebbe stato un grosso tradimento: lo stesso che hanno compiuto tutti gli scienziati, da quando è stata inventata la parola scienza. Bombe, gas velenosi e morte per amore della terra natale! Questo è tradimento diretto. Inventare la bomba atomica, lamentarsi per l’uso che ne viene fatto, senza però prendere alcuna iniziativa, è invece tradimento indiretto. E poi c’è il tradimento «con fette di salame sugli occhi»: compio ricerche sui gas che agiscono sul sistema nervoso, sulla guerra biologica, su bombe sempre più potenti, ma tutto questo non verrà mai usato… E infine il tradimento tipo «il mondo è troppo grande per me», quello che scelgono tutti. La Dow Chemical produce il napalm per arrostire la gente; ma io non posso smettere di comprare i prodotti della Dow: non servirebbe a niente. Il Sud Africa ha il migliore regime poliziesco del mondo e un paese pieno di schiavi negri legalmente riconosciuti; ma io compro ancora le sue arance. Che posso farci? È colpa vostra, se mi sento così, Arnie!

— Che diavolo intendete dire? — domandò il professore, pestando i piedi perché il freddo cominciava a filtrare attraverso le suole degli stivali.

— Dico che voi avete fatto quello che io non avrei avuto il coraggio di fare. Siete rimasto fedele alle vostre convinzioni, senza curarvi del prezzo che dovevate pagare personalmente. Il Sud Africa e la Dow sono stati boicottati in diversi modi, in Danimarca, ma io ho fatto orecchio da mercante. Oppure ci ho riso sopra. Che potevo farci, io? Volavo, me la passavo bene e mi divertivo. Ma voi siete riuscito a penetrare la mia pellaccia, mi avete mostrato qualcosa di diverso…

— Smettetela! — sbottò Arnie, scosso. — Non sapete che cosa state dicendo. Mi sono comportato spregevolmente, tradendo la mia patria e la sua fiducia in me, e privandola dei risultati delle ricerche che le appartenevano di diritto. Mi sono messo al di là della legge. Se si può dire che uno scienziato ha una parola, io ho certamente mancato alla mia.

— Non capisco…

— Lo credo bene! Il vostro punto di vista è unilaterale, irriflessivo, ancora più prevenuto del mio. Io, almeno, ammetto la mia colpa. Invece voi, con la massima disinvoltura, incolpate tutti gli scienziati di tutti i delitti del mondo! Parlate di bombe atomiche; ma… tacete sulle centrali per l’energia atomica e sulle medicine radioattive! Rinfacciate agli scienziati di aver inventato gli esplosivi, ma non accennate alle materie plastiche, che derivano dagli stessi principi chimici fondamentali… Tirate in ballo la guerra biologica, ma non pensate alle medicine che uccidono i virus e che sono state scoperte grazie alle medesime ricerche… Tentate pure di accusare la scienza e gli scienziati di tutti i mali del mondo: non ci riuscirete. Noi fisici abbiamo forse inventato la bomba atomica, ma è stato il governo a finanziarne la costruzione e ad eleggere gli uomini politici che hanno deciso di lanciarla. E la gente, in genere, sembrava approvare quella decisione. Non sono gli scienziati a fare la guerra, ma la gente! Quando incolpate i fisici della situazione mondiale, voi cercate semplicemente di usarli come capri espiatori. È molto più facile accusare un altro, che ammettere la propria colpa. Devono esserci un buon numero di africani soddisfatti di poter possedere legalmente schiavi, altrimenti il loro governo cadrebbe: Machiavelli ha detto che un principe non può governare a dispetto dell’opposizione attiva del popolo. Non sono stati i nazisti a sterminare gli ebrei, ma il popolo tedesco. La gente ha la responsabilità delle proprie azioni, ma non le piace il peso di questa responsabilità. Allora preferisce dare la colpa agli altri. Dicono che gli scienziati, che inventarono bombe, aerei e cannoni, sono i responsabili dello stato di cose attuale. Dunque, gli elettori che scelgono gli uomini politici che fanno le guerre sono senza macchia. La pensate così anche voi?

Nils era rimasto scosso da quell’esplosione d’ira improvvisa.

— Non intendevo questo. Ho detto solo che ammiravo…

— Non ammirate un uomo che ha tradito la fiducia che il suo paese riponeva in lui! Anche se la mia decisione si dimostrerà giusta, avrò sempre commesso un delitto imperdonabile.

— Ma se la pensavate così, perché avete abbandonato Israele e siete venuto in Danimarca? So che siete nato e cresciuto da noi. È forse per questo?

Il silenzio di Marte pesò per parecchi secondi, prima che Arnie parlasse di nuovo.

— Forse. O forse per un atto di fede… o di speranza. O forse perché sono ebreo. In Israele, ero un israeliano, ma in qualsiasi altro posto del mondo sono un ebreo. Tranne che in Danimarca. Non esistono ebrei, in Danimarca; esistono solo molti danesi di varie confessioni religiose. Voi avevate tre o quattro anni, quando i nazisti marciarono sull’Europa, e quindi per voi si tratta soltanto di storia; di un capitolo di un libro già assai voluminoso. Quelli erano mostri, demoni, perché riuscivano a scatenare il male nel cuore degli altri, oltre che nel proprio. Gli abitanti dei paesi da loro conquistati li «aiutavano» ad alimentare i forni crematori. La polizia francese andò in giro ad arrestare gli ebrei per conto loro e gli ucraini costruivano allegramente le fornaci. I polacchi si precipitavano a veder arrostire i loro vicini ebrei, e per ricompensa venivano uccisi. Tutti i paesi che subirono l’invasione aiutarono i tedeschi. Tutti, eccetto uno. In Danimarca la polizia rimase scossa dalla notizia dell’epurazione che si andava avvicinando, e ne fece parola ad altri, che rimasero ugualmente inorriditi. Gli autisti dei tassì percorsero le strade, elenchi telefonici alla mano, in cerca di persone con nomi ebrei. I Giovani Esploratori fecero circolare l’allarme. Tutti gli ospedali aprirono le porte agli israeliti e li nascosero. In pochi giorni, tutti gli ebrei che poterono essere raggiunti furono fatti uscire dal paese di nascosto e messi in salvo. Sapete perché i danesi si comportarono così?

— Certo! — Nils strinse i grossi pugni. — Anche quelli erano esseri umani, danesi come gli altri. Cose del genere non si fanno e basta!

— Vedere… vi siete risposto da solo. Potevo scegliere, e ho scelto. E spero di avere scelto giustamente.

Arnie cominciò a scendere dall’altura, poi si fermò un momento.

— Io ero tra le persone fatte fuggire segretamente in Svezia. Così, forse, sto pagando un debito.

Poi scesero, uno accanto all’altro, verso la luce e il calore della base.

21

— Inutile prendere tutt’e due le auto — disse Martha al telefono. — D’accordo, discuteremo dopo su quale delle due scegliere… Sì, Ove… È pronta Ulla?… Bene. Sarò lì tra un’oretta, credo… Sì, così avremo tutto il tempo. I nostri posti sono riservati, e non dovrebbero esserci difficoltà. Vado, perché suonano alla porta. Tutto a posto?… Arrivederci, allora.

Riappese in fretta e andò a mettersi la vestaglia, mentre il campanello tornava a suonare: non poteva andare ad aprire in sottoveste.

— Ja, nu kommer jeg — gridò, mentre si precipitava in anticamera. Ma, socchiusa la porta, si fermò interdetta vedendo il carico di spazzole e piumini di un venditore ambulante.

— Nej tak, ingen pensler idag.

— Lasciatemi entrare — disse l’uomo. — Devo parlarvi.

Quell’improvvisa richiesta in inglese la sorprese, e Martha alzò lo sguardo dal vestito sciupato dell’uomo alla sua faccia, agli occhi acquosi e ammiccanti, con l’orlo delle palpebre infiammato.