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«Possono esserci molte interpretazioni di qualunque profezia» replicò Moridin. «Ma sì. Questa Predizione promette che Aybara morirà per mano tua. Tu mi porterai la testa di questo lupo, Graendal. E quando lo farai, qualunque cosa chiederai sarà tua.» Chiuse il libro di colpo. «Ma fa’ attenzione alle mie parole. Se fallirai, perderai tutto quello che hai guadagnato. E molto di più.»

Moridin aprì un portale per lei con un gesto della mano; la debole abilità di Graendal di toccare il Vero Potere — che non le era stata tolta — le permise di vedere dei flussi contorti pugnalare l’aria e lacerarla, squarciando un buco nel tessuto del Disegno. L’aria scintillava lì. L’avrebbe condotta di nuovo nella caverna nascosta, lei lo sapeva.

L’attraversò senza una parola. Non era sicura, se avesse parlato, di poter impedire alla sua voce di tremare.

6

Dubbie intenzioni

Morgase Trakand, un tempo regina dell’Andor, serviva il tè. Si muoveva da una persona all’altra nell’ampio padiglione che Perrin aveva preso da Malden. Aveva lati che potevano essere arrotolati e nessun pavimento.

Per quanto la tenda fosse grande, c’era a malapena abbastanza spazio per tutti quelli che volevano partecipare all’incontro. Perrin e Faile erano lì, naturalmente, seduti per terra. Accanto a loro sedevano Elyas dagli occhi dorati e Tam al’Thor, il semplice contadino dalle spalle larghe e i modi calmi. Quest’uomo era davvero il padre del Drago Rinato? Certo, Morgase aveva visto al’Thor una volta, e il ragazzo stesso non era sembrato molto più di un contadino.

Accanto a Tam sedeva il polveroso segretario di Perrin, Sebban Balwer. Quanto sapeva Perrin del suo passato? Anche Jur Grady era lì, con indosso la sua giacca nera con una spilla d’argento a forma di spada sul colletto. La sua coriacea faccia da contadino aveva occhi infossati ed era ancora pallida per la malattia di cui aveva sofferto di recente. Neald — l’altro Asha’man — non era lì. Ancora non si era ripreso dai suoi morsi di serpente.

Tutte e tre le Aes Sedai erano lì. Seonid e Masuri sedevano con le Sapienti, mentre Annoura era seduta accanto a Berelain, scoccando di tanto in tanto delle occhiate alle sei Sapienti. Gallenne sedeva dall’altro lato di Berelain. Di fronte a loro c’erano Alliandre e Arganda.

Gli ufficiali fecero correre la mente di Morgase a Gareth Bryne. Non lo vedeva da parecchio tempo, fin da quando lo aveva esiliato per ragioni che lei stessa non riusciva del tutto a spiegare. Molto poco di quel periodo della sua vita aveva senso per lei ora. Era stata davvero così infatuata di un uomo da aver bandito Aemlyn ed Ellorien?

Comunque, quei giorni erano passati. Ora Morgase si faceva strada con cautela per la stanza e si assicurava che le tazze delle persone rimanessero piene.

«Il vostro lavoro ha richiesto più tempo di quanto mi aspettassi» disse Perrin.

«Ci hai dato un compito di cui occuparci, Perrin Aybara» replicò Nevarin. «Noi l’abbiamo portato a termine. C’è voluto il tempo necessario per farlo correttamente. Di certo non insinui che abbiamo fatto altrimenti.» La Sapiente dai capelli color sabbia sedeva direttamente di fronte a Seonid e Masuri.

«Smettila, Nevarin» grugnì Perrin nello srotolare una mappa davanti a sé sul terreno; era stata disegnata da Balwer usando le istruzioni dei Ghealdani. «Non stavo mettendo in discussione te. Stavo chiedendo se ci sono stati problemi col fuoco.»

«Il villaggio non c’è più» disse Nevarin. «E ogni pianta che abbiamo trovato con un accenno di Macchia è stata bruciata e ridotta in cenere. Ed è un bene che l’abbiamo fatto noi. Voi abitanti delle terre bagnate avreste avuto molti problemi a occuparvi di qualcosa di letale come la Macchia.»

«Penso» disse Faile «che rimarreste sorpresi.»

Morgase lanciò un’occhiata a Faile, che serrò il suo sguardo in quello della Sapiente. Faile sedeva come una regina, nuovamente vestita secondo il suo rango con un abito elegante verde e violetto, pieghettato ai lati e diviso per cavalcare. Stranamente, il senso del comando di Faile pareva essere stato accresciuto dal tempo passato con gli Shaido.

Morgase e Faile erano tornate rapidamente a essere padrona e servitrice. In effetti, la vita di Morgase qui era sorprendentemente simile a come era stata nell’accampamento degli Shaido. Certo, alcune cose erano diverse; per esempio, qui era improbabile che Morgase venisse fustigata. Questo non cambiava il fatto che — per un certo periodo — lei e le altre quattro donne erano state eguali. Ora non più.

Morgase si fermò accanto a lord Gallenne e riempì la sua tazza, usando le stesse capacità che aveva esercitato nel servire Sevanna. A volte, essere un servitore richiedeva più furtività dell’essere un esploratore. Lei non doveva essere vista, non doveva distrarre. I suoi stessi servitori si erano comportati in questo modo attorno a lei?

«Be’,» disse Arganda «se qualcuno si sta domandando dove siamo andati, il fumo da quel fuoco è un facile indizio.»

«Siamo fin troppi per pensare di nasconderci» disse Seonid. Di recente, lei e Masuri avevano cominciato ad avere il permesso di parlare senza rimprovero da parte delle Sapienti, anche se la Verde lanciava ancora un’occhiata alle donne Aiel prima di intervenire. Vedere questo infastidiva Morgase. Sorelle della Torre, rese apprendiste da un mucchio di selvatiche? Si diceva che fosse stato fatto su ordine di Rand al’Thor, ma in che modo un uomo — perfino il Drago Rinato — sarebbe stato capace di una cosa del genere?

La metteva a disagio che le due Aes Sedai non sembrassero più resistere alla loro condizione. La situazione di una persona nella vita poteva cambiarla in modo drammatico. Prima Gaebril, poi Valda, avevano insegnato a Morgase quella lezione. La prigionia tra gli Aiel non era stata che un’altra tappa in quel processo.

Ciascuna di quelle esperienze l’aveva allontanata sempre più dalla regina che era stata. Ora lei non bramava cose eleganti o il suo trono. Voleva solo un po’ di stabilità. Quella, pareva, era un bene più prezioso dell’oro.

«Non ha importanza» disse Perrin, picchiettando la mappa. «Allora, abbiamo deciso? Inseguiamo Gill e gli altri a piedi per ora, mandando esploratori tramite passaggi per trovarli, se possibile. Se tutto va bene, li prenderemo prima che raggiungano Lugard. Quanto diresti che dista la città, Arganda?»

«Dipende dal fango» disse il soldato segaligno. «C’è una ragione per cui chiamiamo questo periodo dell’anno l’impaludamento. Gli uomini saggi non viaggiano durante lo scioglimento di primavera.»

«La saggezza è per coloro che ne hanno il tempo» borbottò Perrin, misurando la distanza sulla mappa con le dita.

Morgase andò a riempire la tazza di Annoura. Versare il tè era più complicato di quanto avesse mai immaginato. Doveva sapere di chi prendere la tazza da una parte per riempirla e di chi riempirla mentre la teneva in mano. Doveva sapere con precisione a che altezza riempire una tazza in modo che non uscisse fuori e come versare il tè senza far sbatacchiare la porcellana o schizzare. Sapeva quando non farsi vedere e quando farsi appena notare a riempire tazze nel caso in cui le fossero sfuggite delle persone, si fosse dimenticata di loro o avesse giudicato male le loro esigenze.

Prese attentamente la tazza di Perrin, posata accanto a lui sul terreno. A lui piaceva gesticolare mentre parlava, e poteva sbatterle via di mano la tazza se lei non stava attenta. Tutto sommato, c’era una notevole arte nel servire il tè, un intero mondo che Morgase la regina non si era mai curata di notare.

Riempì la tazza di Perrin e la rimise accanto a lui. Perrin fece altre domande sulla mappa: cittadine nei paraggi, potenziali fonti di riapprovvigionamento. Aveva parecchio potenziale come capo, perfino se era piuttosto inesperto. Qualche consiglio da Morgase...

Diede un taglio a quel pensiero. Perrin Aybara era un ribelle. I Fiumi Gemelli erano parte dell’Andor, e lui si era nominato loro signore, sventolando quello stendardo a testa di lupo. Almeno la bandiera di Manetheren era stata ammainata. Sventolare quella non sarebbe stato diverso da un’aperta dichiarazione di guerra.