«Jowdry» disse Cacciatore mentre Mat agitava i suoi dadi. «L’hanno trovato morto stamattina. La gola squarciata. Il corpo era stato prosciugato di tutto il sangue, come un otre pieno di buchi.»
Mat era così sconcertato che tirò i dadi, ma non li guardò rotolare. «Cosa?» domandò. «Cos’hai detto?»
«Ehi» disse Cacciatore, guardando verso Mat. «È solo qualcuno che conoscevamo. Mi doveva due corone, mi doveva.»
«Prosciugato di tutto il sangue» disse Mat. «Ne sei certo? Hai visto il corpo?»
«Cosa?» disse Cacciatore con una smorfia. «Dannate ceneri, amico! Cos’hai che non va?»
«Io...»
«Cacciatore» disse Clare. «Dà un’occhiata a questo!»
L’uomo magro abbassò lo sguardo, come fece Mat. I dadi che aveva lanciato — tutti e tre — erano atterrati immobili ed erano in equilibrio sui loro spigoli. Luce! Mat aveva lanciato in precedenza monete che erano cadute sui lati, ma non aveva mai fatto nulla del genere.
Proprio lì, tutto ad un tratto, i dadi cominciarono a sbatacchiargli nella testa. Per poco non fece un salto fino al soffitto. Sangue e dannate ceneri! Quei dadi nella sua testa non significavano mai nulla di buono. Si fermavano solo quando qualcosa cambiava, qualcosa che di solito voleva dire brutte notizie per Matrim Cauthon.
«Io non ho mai...» disse Cacciatore.
«Io dico che ho perso» replicò Mat, gettando giù alcune monete e raccogliendo il resto delle sue vincite.
«Cosa sai di Jowdry?» domandò Clare. Stava allungando la mano alla sua vita. Mat avrebbe scommesso oro contro rame che lei aveva un coltello lì, dal modo in cui lo guardava torvo.
«Nulla» disse Mat. Nulla e troppo allo stesso tempo. «Scusatemi.»
Attraversò la taverna in tutta fretta. Mentre lo faceva, notò uno dei buttafuori dalle braccia possenti alla porta alzarsi e andare a parlare con Bemherd l’oste, indicando un pezzo di carta nelle sue mani. Mat non riusciva a vedere cosa ci fosse sopra, ma poteva indovinarlo: la sua stessa faccia.
Imprecò e uscì rapidamente in strada. Prese il primo vicolo che vide, scattando in una corsa.
I Reietti che gli davano la caccia, un disegno della sua faccia nella tasca di ogni furfante della città e un cadavere ucciso e prosciugato di tutto il sangue. Questo poteva voler dire una sola cosa. Il gholam era a Caemlyn. Pareva impossibile che potesse essere arrivato qui così in fretta. Naturalmente, Mat lo aveva visto restringersi fino a passare in un buco largo meno di due spanne. Quella cosa non sembrava avere un corretto senso di quello che era possibile e quello che non era possibile.
Sangue e maledette ceneri, pensò, abbassando la testa. Aveva bisogno di riprendere Thom e tornare all’accampamento della Banda fuori città. Si affrettò lungo la strada buia e resa scivolosa dalla pioggia. Le pietre del selciato riflettevano le lampade a olio accese più avanti. Elayne manteneva il Viale della Regina ben illuminato di notte.
Lui le aveva mandato un messaggio, ma non aveva ricevuto risposta. Ma che bella gratitudine. Secondo i suoi conti, lui le aveva salvato la vita due volte. Una sarebbe dovuta essere sufficiente a ridurla a lacrime e baci, ma lui non aveva visto nemmeno un bacetto sulla guancia. Non che ne volesse uno; non da qualcuno di sangue reale. Meglio evitarli.
Sei sposato a una dannata Somma Signora dei Seanchan, pensò. Figlia dell’imperatrice in persona.
Non c’era modo di evitare i reali ora! Non per lui. Almeno Tuon era carina. E brava a giocare a sassolini. E dalla mente acuta e un’ottima conversatrice, perfino se era maledettamente frustrante la maggior parte del...
No. Non doveva pensare a Tuon ora.
Comunque, non aveva ricevuto risposta da Elayne. Avrebbe dovuto mostrare più fermezza. Non si trattava solo di Aludra e dei suoi draghi ora. Il dannato gholam era in città.
Uscì su una strada ampia e trafficata, le mani infilate nelle tasche della sua giacca. Nella fretta, aveva lasciato il suo bastone da passeggio al Respiro del morto. Bofonchiò tra sé; avrebbe dovuto passare le sue giornate a rilassarsi, le sue serate a giocare a dadi in locande eleganti e le sue mattinate a dormire fin tardi aspettando che i trenta giorni richiesti da Verin trascorressero. E ora questo.
Aveva un conto da regolare con quel gholam. Era già terribile che avesse trucidato degli innocenti mentre stava in agguato a Ebou Dar, e Mat non si era dimenticato nemmeno di Nalesean e delle cinque Braccia Rosse che aveva ucciso. Dannate ceneri, quell’essere aveva avuto già abbastanza di cui rispondere. Poi aveva colpito Tylin.
Mat tolse una mano di tasca, tastando il medaglione a testa di volpe, poggiato — come sempre — contro il suo petto. Era stanco di scappare da quel mostro. Iniziò a formarglisi un piano nella testa, accompagnato dallo sbatacchiare di dadi. Cercò di scacciare l’immagine della regina stesa a terra avvinta in corde che Mat stesso aveva legato, la sua testa strappata. Ci sarebbe stato così tanto sangue. Il gholam viveva di sangue fresco.
Mat rabbrividì, ficcandosi di nuovo la mano in tasca mentre si avvicinava al cancello cittadino. Malgrado l’oscurità, riusciva a cogliere dei segni della battaglia che era stata combattuta qui. Una punta di freccia conficcata nella porta di un edificio alla sua sinistra, una chiazza scura sul muro di un posto di guardia, che macchiava il legno sotto la finestra. Un uomo era morto qui, forse sparando fuori con una balestra, si era accasciato sul davanzale della finestra e il legno era rimasto intriso del suo sangue.
Quell’assedio era terminato ora, e una nuova regina — la regina giusta — deteneva il trono. Per una volta c’era stata una battaglia e lui se l’era persa. Ricordare quello lo tirò un po’ su di morale. Era stata combattuta un’intera guerra per il Trono del Leone, e nemmeno una freccia, lama o lancia era entrata nel conflitto cercando il cuore di Matrim Cauthon.
Svoltò a destra, lungo l’interno delle mura cittadine. C’erano parecchie locande qui. C’erano sempre locande vicino ai cancelli di una città. Non le migliori, ma quasi sempre le più redditizie.
Della luce filtrava da porte e finestre, dipingendo la strada d’oro a chiazze. Forme scure affollavano i vicoli tranne dove le locande avevano ingaggiato uomini per tenere lontani i poveri. Caemlyn era messa a dura prova. L’afflusso di profughi, i recenti combattimenti, le... altre faccende. Abbondavano storie di morti che camminavano, di cibo che si guastava, di pareti imbiancate che diventavano improvvisamente sudicie.
La locanda dove Thom aveva scelto di esibirsi era una struttura dal tetto a spiovente con la facciata di mattoni, con un’insegna che mostrava due mele, una mangiata fino al torsolo. Questo rendeva una completamente bianca e l’altra completamente rossa: i colori della bandiera dell’Andor. Le due mele era uno dei locali migliori della zona.
Mat poteva sentire la musica dall’esterno. Entrò e vide Thom seduto in cima a una piccola predella all’estremità opposta della sala comune, che suonava il flauto e indossava il suo mantello a toppe da menestrello. I suoi occhi erano chiusi mentre suonava, i baffi che pendevano lunghi e bianchi da ciascun lato dello strumento. Era una melodia ammaliante, Le nozze di Cinny Wade. Mat l’aveva imparata come Scegli sempre il cavallo giusto e ancora non era abituato a sentirla eseguire lentamente come faceva Thom.