Tam annuì e si precipitò via. Perrin attese nervosamente finché Tam non tornò con Gaul, Sulin e Edarra. Grady arrivò qualche minuto più tardi, indossando un mantello di lana marrone e abiti color verde e marrone presi in prestito da uno degli uomini dei Fiumi Gemelli. Portava un arco lungo, ma camminava come un soldato, con la schiena dritta e gli occhi acuti mentre si guardava attorno. C’era attorno a lui una particolare aria di pericolo che nessun comune paesano avrebbe avuto. C’era da sperare che questo non avrebbe rovinato il travestimento.
Tutti e sei si allontanarono dal campo e, per fortuna, Faile non parve aver udito quello che stava accadendo. Perrin l’avrebbe portata se ci fossero state delle trattative o discussioni più lunghe, ma la sua intenzione era che questo viaggio fosse rapido e aveva bisogno di essere in grado di muoversi senza preoccuparsi per lei.
Andarono a piedi e trovarono i Manti Bianchi a poca distanza lungo la strada. Parevano essercene circa una dozzina, in piedi vicino a una piccola tenda che era stata montata accanto alla strada. Erano sopravento, cosa che fece rilassare un poco Perrin. Colse odori di rabbia e disgusto, ma non percepì una trappola per lui.
Mentre lui e gli altri si avvicinavano, qualcuno usci dalla piccola tenda, vestito di bianco. L’uomo alto aveva fattezze delicate e corti capelli scuri. Molte donne l’avrebbero probabilmente definito attraente. Odorava... meglio degli altri Manti Bianchi. Quelli avevano in sé un odore selvatico, come quello di un animale rabbioso. Questo loro capo aveva un odore calmo e niente affatto nauseante.
Perrin lanciò un’occhiata verso i suoi compagni.
«Non mi piace, Perrin Aybara» disse Edarra, guardando da un lato all’altro. «Questi Figli hanno attorno a sé una sensazione sbagliata.»
«Degli arcieri potrebbero colpirci da quegli alberi» disse Tam con un grugnito, annuendo verso una macchia in lontananza.
«Grady, stai trattenendo il Potere?» chiese Perrin.
«Ma certo.»
«Stai pronto, per qualunque evenienza» disse Perrin, poi avanzò verso il gruppetto di Manti Bianchi. Il loro capo studiò Perrin con le mani serrate dietro la schiena. «Occhi d’oro» disse l’uomo. «Dunque è vero.»
«Tu sei il lord Capitano Comandante?» chiese Perrin.
«Proprio così.»
«Cosa occorrerà per liberare questa mia gente che stai trattenendo?»
«I miei uomini mi dicono che hanno tentato uno scambio del genere una volta» disse il capo dei Manti Bianchi. «E che tu li hai ingannati e traditi.»
«Avevano rapito degli innocenti» disse Perrin. «E avevano preteso la mia vita in cambio. Be’, io mi sono ripreso la mia gente. Non costringermi a fare lo stesso qui.»
Il capo dei Manti Bianchi strinse gli occhi. Odorava pensieroso. «Io farò quello che è giusto, Occhidoro. Il costo è irrilevante. I miei uomini mi dicono che hai ammazzato diversi Figli alcuni anni fa, e non hai mai conosciuto la giustizia per questo. Che hai guidato dei Trolloc ad attaccare villaggi.»
«I tuoi uomini non sono molto affidabili» disse Perrin con un ringhio. «Voglio delle trattative più formali, dove possiamo sederci e discutere. Non qualcosa di improvvisato come questo.»
«Dubito che sarà necessario» disse il capo dei manti Bianchi. «Non sono qui per trattare. Volevo solo vederti con i miei occhi. Vuoi che la tua gente sia liberata? Incontra il mio esercito sul campo di battaglia. Fa’ questo e io libererò i prigionieri, a prescindere dall’esito. È evidente che non sono soldati. Li lascerò andare.»
«E se mi rifiuto?» chiese Perrin.
«Allora questo non... deporrà bene per la loro salute.»
Perrin digrignò i denti.
«La tua armata affronterà la nostra sotto la Luce» disse il capo dei Manti Bianchi. «Questi sono i nostri termini.»
Perrin lanciò un’occhiata di lato. Grady incontrò i suoi occhi e in essi ci fu una domanda evidente. Poteva prendere prigioniero il capo dei Manti Bianchi proprio qui, con appena un pensiero.
Perrin era tentato. Ma erano venuti sotto il giuramento dei Manti Bianchi che sarebbero stati al sicuro. Lui non avrebbe infranto la pace. Invece si voltò e ricondusse la sua gente verso l’accampamento.
Galad osservò Aybara ritirarsi. Quegli occhi dorati erano inquietanti. Aveva dato poco credito all’insistenza di Byar secondo cui quest’uomo non era semplicemente un Amico delle Tenebre, bensì Progenie dell’Ombra. Comunque, guardando in quegli occhi, Galad non era più sicuro di poter scartare quelle affermazioni.
Da un lato, Bornhald lasciò andare un respiro. «Non posso credere che tu abbia voluto fare questo. E se avesse portato delle Aes Sedai? Non avremmo potuto fermare l’Unico Potere.»
«Non mi avrebbero fatto del male» disse Galad. «E inoltre, se Aybara avesse la capacità di assassinarmi qui con l’Unico Potere, avrebbe potuto fare la stessa cosa all’interno del mio accampamento. Ma se lui è come tu e il Figlio Byar dite, allora si preoccupa molto della propria immagine. Non ha guidato i Trolloc contro i Fiumi Gemelli direttamente. Ha finto di difenderli.» Un uomo del genere avrebbe agito con sottigliezza. Galad era stato al sicuro.
Aveva voluto vedere Aybara di persona ed era lieto di averlo fatto. Quegli occhi... erano quasi una condanna di per sé. E Aybara aveva reagito irrigidendosi alla menzione di aver ammazzato dei Manti Bianchi. Oltre a quello, c’era ciò che gli aveva detto la sua gente di un’alleanza con i Seanchan e che aveva con sé uomini in grado di incanalare.
Sì, questo Aybara era un uomo pericoloso. Galad si era preoccupato di impegnare le sue forze a combattere qui, ma la Luce li avrebbe aiutati a sopravvivere a questo. Meglio sconfiggere questo Aybara ora che aspettare e trovarselo davanti all’Ultima Battaglia. Prese la sua decisione così in fretta. Era la decisione giusta. Avrebbero combattuto.
«Venite» disse Galad, facendo cenno ai suoi uomini. «Torniamo al campo.»
11
Una lettera inattesa
«Non penseranno davvero che firmerò questo» disse Elayne, gettando il fascio di carte sul pavimento accanto alla sua sedia.
«È improbabile che lo facciano» disse Dyelin. I suoi capelli dorati erano ben acconciati, il suo volto deciso sotto controllo, il suo corpo magro dignitoso. Quella donna era perfetta! Era ingiusto che lei dovesse sembrare così immacolata mentre Elayne si sentiva come una scrofa, ingrassata e pronta per il macello.
Il focolare nel soggiorno di Elayne scoppiettava calorosamente. Del vino era posto in una caraffa su uno dei tavolini contro la parete, ma ovviamente a lei non era permesso berne neanche una goccia. Se un’altra persona avesse cercato di offrirle del maledetto latte di capra...
Birgitte oziava vicino alla parete opposta, la treccia dorata che pendeva sopra la sua spalla destra, in contrasto con la sua giacca rossa dal colletto bianco e i pantaloni azzurro cielo. Si era versata una tazza di tè e sorrideva sopra di essa, divertita dall’irritazione di Elayne. Elayne poteva sentire quell’emozione attraverso il legame!
Erano le uniche persone nella stanza. Elayne si era ritirata nel soggiorno dopo aver accettato la proposta dal messaggero di Ellorien, spiegando che avrebbe preferito "considerare" l’offerta in privato. Be’, l’aveva considerata! Considerata spazzatura, poiché questo era!
«Questo è un insulto» disse, agitando la mano verso le pagine.
«Intendi tenerle imprigionate per sempre, Elayne?» chiese Dyelin, sollevando un sopracciglio. «Non possono permettersi di pagare un riscatto, non dopo quello che hanno speso per finanziare il loro tentativo nella Successione. Questo ti lascia con una decisione.»
«Possono marcire» disse Elayne, incrociando le braccia. «Hanno radunato eserciti contro di me e assediato Caemlyn!»
«Sì» disse Dyelin in tono piatto. «Credo di essere stata presente.»
Elayne imprecò piano fra sé, poi si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro; sapevano entrambe che Melfane aveva suggerito che Elayne evitasse di stancarsi. Elayne incontrò gli occhi della sua Custode con ostinazione, poi continuò a camminare. Che fosse folgorata lei e quella dannata levatrice! Camminare non era stancante.