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Joline fissò Mat, le labbra piene premute assieme. «Vorrei averti addomesticato, Cauthon» disse lei. «Ho ancora una mezza idea di tornare un giorno e portare a termine quel lavoro come si deve.»

«Aspetterò col fiato in gola, allora» disse, prendendo il pacchetto avvolto nella stoffa che teneva sottobraccio. Glielo porse.

«Cos’è questo?» chiese lei, non allungando la mano per prenderlo.

Mat agitò l’involto. «Un dono d’addio» disse. «Da dove vengo, non si lascia mai andar via un viaggiatore senza dargli qualcosa per la strada. Sarebbe scortese.»

Con riluttanza, lei lo accettò e sbirciò dentro. Fu evidentemente sorpresa di scoprire che conteneva un insieme di circa dodici panini dolci con zucchero a velo. «Grazie» disse lei accigliandosi.

«Manderò dei soldati con voi» disse Mat. «Riporteranno indietro i miei cavalli una volta che sarete arrivate a Tar Valon.»

Joline aprì la bocca come per lamentarsi, ma poi la richiuse. Che obiezione poteva avanzare?

«Questo sarà accettabile, Cauthon» disse Teslyn, muovendo il suo castrone nero più vicino.

«Darò loro ordini di fare come dite» aggiunse Mat, voltandosi verso di lei. «Così avrete persone da comandare e a cui far montare le vostre tende. Ma c’è una condizione.»

Teslyn sollevò un sopracciglio.

«Voglio che diciate una cosa all’Amyrlin» disse lui. «Se è Egwene, dovrebbe essere facile. Ma perfino se non è lei, glielo direte. La Torre Bianca ha qualcosa di mio ed è quasi il momento che io lo reclami. Non voglio, ma quello che voglio non sembra mai importare un fico secco, di questi tempi. Perciò verrò, e non ho intenzione di essere dannatamente messo alla porta.» Sorrise. «Usate queste stesse parole.»

Teslyn, onore al merito, ridacchiò piano. «Provvederò, anche se dubito che le voci siano vere. Elaida non avrebbe abbandonato l’Amyrlin Seat.»

«Potresti rimanere sorpresa.» Mat lo era stato di sicuro quando aveva scoperto donne che chiamavano Egwene Amyrlin. Non sapeva cosa fosse successo su alla Torre Bianca, ma aveva una sensazione inquietante che le Aes Sedai avessero coinvolto la povera Egwene nei loro complotti in modo tanto completo che lei non sarebbe mai scappata. Aveva una mezza idea di andare lassù lui stesso e vedere se riusciva a tirarla fuori.

Ma aveva altri compiti. Egwene avrebbe dovuto badare a sé stessa per ora. Era una ragazza capace; probabilmente poteva cavarsela senza di lui per un po’.

Thom stava al suo fianco, con aria pensierosa. Non sapeva per certo che Mat aveva suonato il Corno... perlomeno, Mat non glielo aveva mai detto. Cercava di dimenticarsi di quella dannata cosa. Ma Thom probabilmente lo aveva indovinato.

«Be’, suppongo che dovreste andare» disse Mat. «Dov’è Setalle?»

«Lei resterà qui» disse Teslyn. «Ha detto che voleva impedirti di commettere troppi passi falsi.» Lei sollevò un sopracciglio, e Joline e Edesina annuirono con sagacia. Tutte presumevano che Setalle fosse una ex servitrice fuggita dalla Torre Bianca, essendo scappata via da ragazza forse per via di qualche malefatta.

Be’, questo voleva dire che lui non si sarebbe sbarazzato dell’intero gruppo. Comunque, se avesse dovuto sceglierne una perché rimanesse, sarebbe stata comare Anan. Probabilmente voleva trovare un modo per ricongiungersi con suo marito e la sua famiglia, che erano fuggiti da Ebou Dar via nave.

Juilin si accostò conducendo Thera. Quello spaventato fuscello di donna era stata davvero la Panarca di Tarabon? Mat aveva visto topi meno timidi. I soldati di Mat portarono dei cavalli anche per loro due. Tutto sommato, questa spedizione gli stava costando una quarantina di animali e una fila di soldati. Ma ne sarebbe valsa la pena. Inoltre, intendeva recuperare sia uomini che cavalli... assieme a informazioni su cosa stava accadendo davvero a Tar Valon.

Annuì a Vanin. Il corpulento ladro di cavalli non era stato troppo contento quando Mat gli aveva ordinato di andare con loro a Tar Valon e raccogliere informazioni. Mat aveva immaginato che ne sarebbe stato entusiasta, considerando come stravedeva per le Aes Sedai. Be’, sarebbe stato ancor meno felice quando avesse scoperto che c’era anche Juilin; Vanin tendeva ad andarci cauto con il cacciatore di ladri nei paraggi.

Vanin montava un castrone baio. Per quanto ne sapevano le Aes Sedai, lui era un veterano delle Braccia Rosse, nonché uno degli esploratori di Mat, ma nessuno di cui sospettare. Non sembrava molto minaccioso, tranne forse essere un pericolo per una scodella di patate bollite. Poteva essere quello il motivo per cui era così bravo in quello che faceva. A Mat non serviva rubare nessun cavallo, ma i talenti di Vanin potevano essere applicati ad altri compiti.

«Bene,» disse Mat, voltandosi di nuovo verso le Aes Sedai «non vi tratterrò oltre, allora.» Fece un passo indietro, evitando di guardare Joline, che aveva negli occhi un’aria da predatore che gli ricordava fin troppo Tylin. Teslyn salutò con la mano e, cosa curiosa, Edesina gli rivolse un cenno di rispetto col capo. Anche Juilin salutò con la mano lui e Thom, e Mat ricevette un cenno da Leilwin. Quella donna masticava rocce per colazione e chiodi per cena, ma era giusta. Forse lui poteva parlare con Tuon, per farla reintegrare o cose del genere.

Non essere uno sciocco, pensò, salutando Bayle Domon. Per prima cosa avrai bisogno di convincere Tuon a non renderti da’covale.

Era quasi convinto che lei intendesse fare di lui il suo servitore, marito o no. Pensare a quello lo fece sudare attorno al colletto.

Non passò molto tempo prima che la polvere che sollevavano per la strada li oscurasse. Thom si accostò a Mat, osservando i cavalieri. «Panini dolci?»

«E una tradizione tra noi, gente dei Fiumi Gemelli.»

«Non ho mai sentito di questa tradizione.»

«È poco nota.»

«Ah, capisco. E cos’hai fatto a quei panini?»

«Spruzzolia» disse Mat. «Le farà diventare la bocca blu per una settimana, forse due. E lei non condividerà quei panini dolci con nessuno, eccetto forse i suoi Custodi. Joline va matta per quelle cose. Deve averne mangiati sei o sette sacchetti da quando siamo arrivati a Caemlyn.»

«Buono» disse Thom, lisciandosi i baffi con le nocche. «Infantile, però.»

«Sto cercando di tornare alle radici» disse Mat. «Sai, ricatturare parte della mia giovinezza perduta.»

«Hai a malapena venti inverni!»

«Certo, ma ho vissuto parecchio quando ero più giovane. Andiamo. Comare Anan rimarrà, e questo mi dà un’idea.»

«Hai bisogno di raderti, Matrim Cauthon.» Comare Anan incrociò le braccia squadrandolo.

Lui sollevò una mano per toccarsi la faccia. Era stato sempre Lopin a farlo, ogni mattina. Quell’uomo diventava imbronciato come un cane nella pioggia quando Mat non gli lasciava fare certe cose, anche se di recente si era lasciato crescere la barba per evitare di essere notato. Gli prudeva ancora come una vecchia crosta.

Aveva trovato Setalle presso le tende delle provviste, a sovrintendere al pasto di mezzogiorno. Dei soldati della Banda se ne stavano accovacciati a tagliare verdure e bollire fagioli con l’espressione furtiva di uomini a cui erano state date istruzioni precise. Non c’era bisogno di Setalle qui: i cuochi della Banda erano sempre stati in grado di preparare i pasti senza di lei. Ma a una donna non piaceva nulla più di trovare degli uomini che si stavano rilassando e dar loro ordini. Inoltre, Setalle era una ex locandiera e — cosa singolare — una ex Aes Sedai. Mat la trovava spesso a sovrintendere a cose che non avevano bisogno di alcuna supervisione.

Non per la prima volta, desiderò che Tuon stesse ancora viaggiando con lui. Di solito Setalle aveva preso le parti di Tuon, ma stare con la Figlia delle Nove Lune l’aveva tenuta spesso occupata. Nulla era più pericoloso per la sanità mentale di un uomo che una donna con troppo tempo a disposizione.