Setalle indossava ancora abiti nello stile di Ebou Dar, che Mat trovava piacevole, considerando la scollatura vertiginosa. Quel genere di abbigliamento funzionava particolarmente bene su una donna prosperosa come Setalle. Non che lui ci facesse caso. Aveva grossi anelli dorati alle orecchie, un portamento solenne e del grigio fra i capelli. Il prezioso coltello nuziale che portava attorno al collo sembrava una sorta di avvertimento, dal modo in cui era annidato in quella scollatura. Non che Mat facesse caso nemmeno a quello.
«Mi sono fatto crescere la barba di proposito» disse Mat in risposta. «Voglio...»
«La tua giacca è sporca» disse lei, annuendo a un soldato che le portò delle cipolle che aveva sbucciato. Lui le versò impacciato dentro una pentola, non guardando Mat. «E i tuoi capelli sono un disastro. Sembra che tu abbia partecipato a una rissa, e non è ancora mezzogiorno.»
«Sto bene» disse Mat. «Mi darò una ripulita più tardi. Non sei andata con le Aes Sedai.»
«Ciascun passo verso Tar Valon mi porterebbe più lontano da dove devo essere. Ho bisogno di mandare notizie a mio marito. Quando ci siamo separati, non sospettavo che sarei finita addirittura nell’Andor.»
«Sto pensando che presto qui potrei ottenere accesso a qualcuno in grado di creare passaggi» disse Mat. «E...» Si accigliò quando un altro gruppo di soldati si avvicinò, portando delle piccole quaglie che avevano cacciato. I soldati parevano vergognarsi per quella magra cacciagione.
Setalle ordinò loro di spennare gli uccelli senza rivolgere a Mat nemmeno uno sguardo. Luce, doveva farla uscire dal suo campo. Le cose qui non sarebbero tornate alla normalità finché non se ne fossero andate tutte.
«Non guardarmi a quel modo, lord Mat» disse Setalle. «Noram è andato in città per vedere che tipo di provviste riusciva a trovare. Ho notato che, senza il cuoco in persona qui a pungolare gli uomini, i pasti non vengono preparati a una velocità ragionevole. Non a tutti noi piace pranzare quando il sole sta tramontando.»
«Io non ho detto niente» replicò Mat, mantenendo il proprio tono pacato. Fece un cenno col capo da una parte. «Possiamo parlare un momento?»
Setalle esitò, poi annuì e si allontanò dagli altri con lui. «Cosa sta succedendo davvero?» disse lei piano. «Pare che tu abbia dormito sotto un covone di fieno.»
«Ho dormito sotto un carro, in effetti. E la mia tenda è macchiata di sangue. Non ho proprio molta voglia di andar lì a cambiarmi d’abito ora.»
Il suo sguardo si attenuò. «Capisco la tua perdita. Ma questa non è una scusa per andare in giro con l’aria di aver vissuto in un vicolo. Avrai bisogno di ingaggiare un altro servitore.»
Mat si accigliò. «Non ne ho mai avuto bisogno. Posso prendermi cura di me stesso. Ascolta, ho un favore da chiederti. Voglio che badi a Olver per un poco.»
«A quale scopo?»
«Quella cosa potrebbe tornare indietro» disse Mat. «E potrebbe provare a fargli del male. Inoltre, a breve andrò via con Thom. Potrei tornare. Dovrei tornare. Ma in caso contrario, io... Be’, preferirei che lui non restasse da solo.»
Lei lo esaminò. «Non sarebbe da solo. Gli uomini nell’accampamento paiono nutrire molto affetto per il bambino.»
«Certo, ma non mi piacciono le cose che gli stanno insegnando. Al ragazzo servono esempi migliori di quella marmaglia.»
Lei parve divertita da questo per qualche ragione. «Ho già cominciato a insegnargli a leggere. Suppongo di poter badare a lui per un po’, se necessario.»
«Grandioso. Stupendo.» Mat emise un sospiro di sollievo. Le donne erano sempre felici di avere un’opportunità per educare un ragazzo quando era giovane; Mat pensava che ritenessero di poterlo istruire a non diventare un uomo, se si fossero sforzate abbastanza. «Ti darò del denaro. Puoi andare in città e trovare una locanda.»
«Sono stata in città» disse Setalle. «Ogni locanda lì dentro sembra già stipata fino alle pareti.»
«Troverò un posto per te» promise Mat. «Solo tieni Olver al sicuro. Quando giungerà il momento e avrò qualcuno per creare dei passaggi, farò in modo di mandarti a Illian in modo che tu possa trovare tuo marito.»
«Un accordo» disse Setalle. Esitò, lanciando un’occhiata verso nord. «Le... altre sono andate, allora.»
«Sì.» E tanti saluti.
Lei annuì, sembrando piena di rimpianto. Forse non si era messa a dare ordini agli uomini per il pranzo perché era stata offesa dal vederli rilassarsi. Forse stava cercando qualcosa con cui tenersi occupata.
«Sono spiacente» disse Mat. «Per qualunque cosa ti sia capitata.»
«Il passato è passato» replicò lei. «E ho bisogno di lasciar perdere. Non avrei mai dovuto chiedere di vedere l’oggetto che indossi. Queste ultime settimane mi hanno fatto dimenticare me stessa.»
Mat annuì, congedandosi da lei, poi andò in cerca di Olver. E poi si sarebbe davvero dovuto occupare di cambiarsi la giacca. E che fosse folgorato, si sarebbe anche rasato. Gli uomini che lo stavano cercando potevano dannatamente ucciderlo, se volevano. Una gola tagliata sarebbe stata meglio di questo prurito.
Elayne passeggiava per il Giardino dell’Alba del palazzo. Questo giardino più raccolto era sempre stato un luogo preferito di sua madre, posto in cima al tetto dell’ala orientale del palazzo. Era bordato da un ovale in muratura bianca, con un muro più grande e curvo sul fondo.
Elayne aveva una visuale completa della città sottostante. Negli anni passati, le erano piaciuti i giardini inferiori proprio perché erano un ritiro. Era in quei giardini che aveva incontrato Rand per la prima volta. Si premette una mano contro la pancia. Anche se si sentiva enorme, la gravidanza stava appena cominciando a essere evidente. Purtroppo aveva dovuto commissionare un nuovo corredo di abiti. Probabilmente avrebbe dovuto farlo ancora nei prossimi mesi. Che seccatura.
Continuò a camminare per il giardino sul tetto. Saltasù rosa e stelle mattutine bianche sbocciavano in vasi. I boccioli non erano tanto grandi quanto sarebbero dovuti essere e stavano già avvizzendo. I giardinieri si lamentavano che non c’era nulla da fare. Fuori nella città, erbe ed erbacce stavano morendo a chiazze, e quella trapunta mescolata di campi e colture pareva tanto marrone da essere deprimente.
Sta arrivando, pensò Elayne. Continuò per la sua strada, percorrendo un sentiero fatto di erba primaverile, curata e tenuta bassa. Gli sforzi dei giardinieri non erano privi di risultati. L’erba qui era perlopiù verde e l’aria odorava delle rose che si intrecciavano su per i lati del muro. Avevano delle chiazze nere su di esse, ma erano sbocciate.
Un torrentello gorgogliante scorreva nel mezzo del giardino, fiancheggiato da pietre di fiume attentamente allineate. Quel torrentello scorreva solo quando lei era lì in visita: l’acqua doveva essere portata su fino alla cisterna.
Elayne si soffermò a un altro punto di osservazione. Una regina non poteva scegliere di rimanere appartata come un erede al trono. Birgitte si accostò a lei. Incrociò le braccia sopra il petto rosso della sua giacca, fissando Elayne.
«Cosa c’è?» chiese Elayne.
«Sei in piena vista» disse Birgitte. «Chiunque laggiù abbia un arco e una buona mira potrebbe far ripiombare la nazione in una guerra per la Successione.»
Elayne roteò gli occhi. «Sono al sicuro, Birgitte. Non mi accadrà nulla.»
«Oh, be’, mi scuso» disse Birgitte in tono piatto. «I Reietti girano indisturbati e arrabbiati con te, l’Ajah Nera è sicuramente furiosa che tu abbia catturato i suoi agenti e hai umiliato svariati nobili che hanno cercato di sottrarti il trono. È evidente che non corri il minimo pericolo. Filerò via a prendere il pranzo, allora.»
«Potresti anche farlo» sbottò Elayne. «Perché io sono al sicuro. Min ha avuto una visione. I miei bambini nasceranno sani. Min non si sbaglia mai, Birgitte.»
«Min ha detto che i tuoi bambini sarebbero stati forti e sani» disse Birgitte. «Non che tu saresti stata in salute quando fossero arrivati.»