— Chi è stato a liberarlo? — sussurrò Rood.
— Lui non lo sa.
Raederle si coprì la bocca con le mani. D’improvviso dinnanzi ai suoi occhi era balenato il volto ossuto della guardiana dei porci di Hel, e l’immensa e sbalordita costernazione che era apparsa nel suo sguardo.
— Rood — sussurrò. — La guardiana dei porci di Raith! Anch’ella udì una notizia che Elieu portò da Isig, una notizia riguardante il Portatore di Stelle, e poi mandò un Grande Urlo che disperse i maiali come foglie al vento. E poi scomparve! Aveva… aveva dato nome Aloil a uno dei maiali.
Il giovane trattenne il respiro. — Nun?
— Forse il Supremo li ha liberati.
— Il Supremo! — Qualcosa nella voce pensosa della Morgol ricordò a Raederle il tono duro di Mathom. — Io non so perché avrebbe dovuto aiutare i maghi, e non il Portatore di Stelle. Però sono sicura, se è questo che è successo, che aveva le sue ragioni. — Controllò che il suo seguito avesse ritrovato l’assetto e avviò il cavallo. Erano quasi sulla sommità del promontorio; oltre il termine della strada si allargavano terreni irregolari ombreggiati dalle querce.
Scrutando l’espressione della Morgol con una timidezza per lui insolita, Rood disse: — Posso chiedervi una cosa?
— Naturalmente, Nobile Rood.
— Sapete dove sia l’arpista del Supremo?
La Morgol non rispose subito. I suoi occhi percorsero i contorni del massiccio edificio radicato alla roccia, ravvivato dai colori delle toghe di quanti si affollavano alle porte e alle finestre per assistere al suo arrivo. Poi abbassò lo sguardo. — No. Non mi è giunto messaggio da lui.
Neri come corvi dalle vesti svolazzanti fra altri uccelli dal piumaggio rosso o dorato i Maestri uscirono ad accogliere la Morgol. Le due ceste furono subito portate in biblioteca, i volumi in esse contenuti vennero esaminati con acceso interesse dai Maestri, mentre tutti ascoltavano meravigliati il racconto di come la Morgol avesse aperto due di essi. Raederle ne osservò uno posto su un leggio intagliato apposta per sostenerlo. La grafia nera le parve pignolescamente accurata, ma nel voltare pagina fu sorpresa dalla bellezza dei fiori selvatici che disegnati sui margini incorniciavano lo scritto. Questo le riportò alla mente l’immagine della guardiana dei porci, che a piedi nudi fra le radici delle querce fumava la sua pipa, e sorrise meravigliata. Poi l’unica figura immobile in quel salone attrasse i suoi occhi: era Lyra, ritta in piedi accanto alla porta in quella che sembrava essere una sua posa abituale, dritta e tesa come se montasse la guardia alla biblioteca. Ma lo sguardo di lei, era fisso, quasi ottenebrato, e aveva l’aria di chi non vede ciò che ha davanti a sé.
Il locale cadde nel silenzio quando la Morgol disse ai Maestri della ricomparsa del mago Iff. La donna chiese poi a Raederle di ripeter loro anche ciò che era accaduto alla guardiana dei porci, e lei riferì da ultimo la notizia che Elieu aveva portato da Isig. Si trattava di un’informazione che nessuno, neppure la Morgol, aveva ancora ricevuto, e destò fra i presenti uno sbigottimento generale. I Maestri le posero coi loro modi garbati domande a cui non poté rispondere. S’interrogarono l’un l’altro su argomenti a cui nessuno riuscì a dare una soluzione. Poi la Morgol parlò ancora.
Raederle non udì quel che disse. Fu soltanto conscia del silenzio che scivolò come una fredda nebbia da Maestro a Maestro, da gruppetto a gruppetto, finché l’unico rumore che restò nella biblioteca fu l’ansito del Maestro più anziano. L’espressione della Morgol era rimasta immutata; solo i suoi occhi s’erano fatti più guardinghi.
— Il Maestro Ohm — disse uno studioso dall’aria fragile e mite il cui nome era Tel, — è sempre stato con noi fino alla primavera scorsa, allorché si recò a Lungold per trascorrere un anno nello studio e nella contemplazione. Avrebbe potuto andare dovunque voleva, ma optò per l’antica città dei maghi. Le lettere che ha scritto da allora ci sono state recapitate da mercanti provenienti da Lungold. — Tacque, fissandola coi suoi occhi saggi e placidi. — El, voi siete conosciuta e rispettata per il vostro discernimento e la vostra integrità. E lo stesso si può dire di questa Scuola. Se vi è qualche critica che intendete fare, non esitate a esporcela.
— È proprio l’integrità di questa Scuola che devo mettere in discussione, Maestro Tel — disse lei a bassa voce. — E in particolare la persona del Maestro Ohm, che dubito rivedrete mai più fra queste mura. E metto in discussione l’intelligenza di noi tutti, me inclusa. Poco prima di lasciare Herun ho ricevuta la visita del Re di Osterland, che venne da solo e in incognito. Mi chiese se avessi notizie di Morgon di Hed. Disse d’esser già stato anche da Isig, ma non fino al Monte Erlenstar, poiché sul Passo c’erano bufere di neve insostenibili anche per un vesta. Durante la permanenza nella mia dimora mi disse qualcosa che in me rafforzò certi sospetti, venutimi in occasione della mia ultima visita in quel luogo. Disse che Morgon gli aveva raccontato di come il mago Suth, prima di morire fra le sue braccia, avesse pronunciato un’ultima parola: il nome di Ohm. Ghisteslwchlohm. Col suo estremo respiro Suth aveva accusato il Fondatore di Lungold. — Tacque, spostando gli occhi sui volti immobili che la circondavano. — Chiesi ad Har se avesse domandato qui alla Scuola. Egli rise, e disse che i maestri del sapere non avevano saputo riconoscere né il Portatore di Stelle né il Fondatore di Lungold, neppure trovandoseli davanti agli occhi.
Fece ancora una pausa, ma dagli uomini che la ascoltavano non si levarono proteste o giustificazioni. Abbassò gli occhi. — Il Maestro Ohm è a Lungold dall’inizio della primavera. L’arpista del Supremo non è più stato visto dalla fine dell’inverno. E malgrado i fatti accaduti il Supremo stesso è rimasto in silenzio, circa da allora. La morte del Principe di Hed sembra aver liberato i maghi da un incantesimo messo su di loro per imprigionarli. Io posso solo fare l’ipotesi che il Fondatore di Lungold abbia liberato i maghi poiché, vista la morte del Portatore di Stelle, non aveva più motivo di temere i loro poteri e la loro interferenza. Suggerisco inoltre che, se questa Scuola vuol continuare a giustificare la sua esistenza, debba cercare di risolvere subito e con ogni cura questo importantissimo e incredibile groviglio di enigmi.
D’improvviso nel locale ci fu un fruscio d’aria marina, come un vento che percorresse i muri e le finestre chiuse in cerca di un’apertura per uscire dall’edificio. Lyra si volse di scatto e chiuse la porta alle sue spalle prima ancora che qualcuno si fosse accorto del suo movimento. La Morgol fissò la porta, poi scrutò uno per uno i Maestri, che si stavano scambiando a bassa voce commenti spaventati. D’istinto gli uomini cominciarono a raggrupparsi, intorno alla Morgol. Rood era seduto rigidamente a uno dei tavoli con un libro aperto davanti a sé, ma il suo volto esangue e la fissità del suo sguardo dissero a Raederle che non vedeva neppure le pagine. La fanciulla fece un passo verso di lui. Poi si volse, attraversò il gruppo dei Maestri fino alla porta e uscì.
Nel corridoio oltrepassò numerosi studenti che attendevano lì, ansiosi e curiosi di dare uno sguardo ai libri; udì a stento le loro voci. Uscita dall’edificio si aggirò sul terreno circostante, senza neppure accorgersi del vento di mare che s’era rinforzato, facendosi freddo nel crepuscolo. Un po’ più tardi vide Lyra, in piedi accanto a un albero alla sommità del promontorio, che volgeva le spalle alla Scuola. Qualcosa nel suo atteggiamento rigido, forse il modo in cui teneva il capo chino, la spinse ad avvicinarsi a lei. Mentre Raederle si stava incamminando sul terreno irregolare, Lyra sollevò la lancia in un arco che ne fece lampeggiare la punta e la conficcò al suolo, rabbiosamente.
Malgrado il vento che scuoteva le querce la bruna udì lo scalpiccio dei passi alle sue spalle e si volse. Raederle si fermò. In silenzio si fissarono l’un l’altra. Poi Lyra, dando parola al dolore e all’angoscia che aveva negli occhi disse, in tono quasi di sfida: — Avrei dovuto andare con lui. Io l’avrei difeso, a costo della vita!