— Che cosa?
— Guerra! Queste sono navi da guerra di Ymris.
La storditezza residua abbandonò di colpo Raederle, che scrutò la piccola e veloce flottiglia. — Ma hanno appena terminato una guerra — protestò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. — Non è neppure trascorso un anno.
— Dobbiamo aver evitato un guaio per un capello. Da qualche parte sulla costa c’è guerra; questi stanno aspettando un carico d’armi.
— Credete che si fermeranno?
— Perché dovrebbero? Abbiamo l’aria di una nave mercantile? — Ma subito tacque. Si fissarono l’un l’altro, colpiti dalla stessa riflessione.
— No — disse Raederle. — Questa è una nave privata del Re di An, e la sua comparsa in zona di guerra potrebbe generare sospetti. C’è la possibilità che ci vogliano scortare a Caerweddin? Come pensate di spiegare la presenza delle guardie della Morgol su…
— Come penso di spiegarlo? Io? Forse che sono stato io a impadronirmi di questa nave, e a chiedervi di portarmi a nord?
— E come potevo immaginare che Ymris fosse alla vigilia di una guerra? Voi, piuttosto, che stavate chiacchierando con quel mercante: possibile che non ve ne abbia accennato? Non avreste dovuto scegliere una rotta così sottocosta; se ci fossimo tenuti al largo non saremmo finiti in mezzo alle navi del Re di Ymris. O forse… lo sapevate? Stavate contando sul fatto che ci avrebbero fermati?
— Per la barba di Hagis! — esplose Corbett, indignato. — Se volessi tornare indietro non mi farei fermare da nessun uomo, figuriamoci da quattro ragazzotte, addestrate o meno che siano! Sto facendo vela per il nord perché così voglio io e non… Ma chi è quella?
Rosso in viso per l’ira l’uomo era rimasto come paralizzato, gli occhi fissi su Tristan, che era uscita per appoggiarsi alla murata e stava vomitando in mare. La bocca di Corbett si aprì e si richiuse più volte, ma dalla gola non gli emerse che un rauco ansito d’incredulità. Allorché Tristan si raddrizzò, pallida e vacillante, l’uomo ritrovò la voce:
— Signora, quella chi è?
— Oh, ecco, è… è soltanto una clandestina — disse Raederle, vagamente. — Corbett, non c’è motivo di prendersela. La faremo sbarcare a Caerweddin e…
— No, non voglio! — Tristan l’aveva udita, e la sua voce suonò ferma. — Io sono Tristan di Hed, e non sbarcherò finché non saremo al Monte Erlenstar.
Corbett aprì la bocca e aspirò l’aria, gonfiandosi come una vela, e Raederle si scostò d’istinto come se si aspettasse di vederlo esplodere. Ma l’uomo girò su se stesso, e fu in direzione del timoniere che il suo urlo scaturì, così violento che il marinaio sussultò come se si fosse stroncato l’albero: — Questo è troppo! Inverti la rotta di questa nave. Voglio che la prua entri nel porto di Tol prima ancora che la poppa abbia lasciato le acque di Ymris!
La nave ruotò su se stessa, coi marinai impegnati alla manovra della velatura. Tristan rimase aggrappata alla balaustra, con aria abbacchiata. Lyra salì sul cassero, prese atto della situazione e della presenza di Tristan, e si accostò a Raederle con un sospiro. — Cos’è successo?
La giovane donna scosse il capo, sconsolatamente. Ma pochi minuti dopo un’ombra azzurra scivolò fra loro e il sole; era una nave di Ymris, e Raederle mandò un ansito: — Corbett!
Veloce, capace di tagliare il vento con più agilità, la nave da guerra li stava oltrepassando a tribordo e si accostava, con l’evidente intenzione di tagliar loro la rotta. — Corbett! — Il grido di lei fece finalmente volgere il comandante, che stava abbaiando ordini alla ciurma. — Le navi da guerra! Guardate! Devono aver creduto che volessimo fuggire da loro!
— Cosa? — L’uomo si rese conto con un’occhiata che il vascello li avrebbe intercettati o costretti a dirottare sui bassifondi, e la sua voce esplose alcuni ordini concitati. Il timoniere fece compiere alla nave un altro semicerchio, le vele persero il vento e la velocità si ridusse. Quella di Ymris compì l’identica manovra, accostandosi maggiormente, ed essi poterono vedere le armi e le armature dei soldati sul ponte. Un secondo vascello si stava intanto avvicinando sul lato di terra, e nel vederli tornare indietro invertì la rotta portandosi più vicino. Corbett non fece aumentare la velocità. Da lì a poco, giunti a portata di voce, da una delle navi di Ymris un uomo dai capelli bianchi gridò alcune intimazioni in tono deciso.
Bri Corbett rispose, confermando che non intendeva opporre resistenza, quindi si volse a Raederle con una smorfia. — Non preoccupatevi, signora. Faremo rotta a nord, e a quanto pare da qui a Caerweddin avremo una scorta reale.
— Chi c’è a bordo di quella nave?
— Astrin Ymris.
CAPITOLO QUARTO
Entrarono nel porto di Caerweddin con una nave da guerra su ciascun lato. Il grande estuario del fiume era sottoposto a intensa sorveglianza; le imbarcazioni da carico in arrivo erano pochissime, e venivano fermate e perquisite prima di ottenere il permesso di risalire il fiume fino alle banchine. Raederle, Tristan, Lyra e le sue guardie rimasero alla murata di dritta, osservando la città che si stendeva lungo le acque tranquille. Il quartiere portuale era fitto di bottegucce, e le case si assiepavano fin sotto le antiche mura turrite, in lontananza. La dimora del Re, su un’altura al centro di Caerweddin, sembrava la sede fortificata di un potere inespugnabile, squadrata in linee massicce e munita di quattro torri poderose. Ma i bizzarri e scintillanti colori delle sue pietre riuscivano a conferirle fascino ed eleganza. Raederle la paragonò al palazzo Reale di Anuin, edificato dopo che tutte le guerre erano cessate quasi come un simbolo di pace, con le sue bianche mura e le sottili altissime torri: una costruzione forse fragile, contro le forze che la casa del Re di Ymris sembrava prepararsi ad affrontare. Al suo fianco Tristan aveva tratto giovamento dall’ingresso in acque finalmente lisce, e guardava la città a bocca aperta. Osservandola Raederle rivide balenare in sé l’immagine verso cui la sua mente s’era già protesa: quella di una grande ma modesta casa di legno, placidamente adagiata fra i campi battuti dalla pioggia.
Fissando accigliata la città, mentre dietro di loro Bri Corbett dava ordini all’equipaggio, Lyra disse sottovoce a Raederle: — Questo è umiliante. Non hanno alcun diritto di scortarci come fossimo criminali.
— Hanno chiesto a Corbett se la nostra destinazione era Caerweddin, e lui ha dovuto rispondere di sì. Ma invertendo la rotta così di colpo abbiamo destato i loro sospetti. Forse hanno pensato che avessimo rubato una nave del Re di An. — Poi aggiunse: — Adesso, invece, probabilmente si preparano a dare il benvenuto a mio padre a Caerweddin. Credo che avranno una sorpresa.
— Dove siamo? — domandò Tristan. Era oltre un’ora che non apriva bocca. — Siamo vicini al Monte Erlenstar?
Lyra la guardò, incredula. — Ma non hai mai visto una carta geografica del reame?
— No. Non ho mai avuto bisogno di farlo.
— Siamo sempre così lontani dal Monte Erlenstar che tanto varrebbe essere ancora a Caithnard… dove ci ritroveremo da qui a un paio di giorni, comunque.
— No — sussurrò duramente Raederle. — Io non tornerò indietro.
— E io neppure — affermò Tristan. Lyra e Raederle si scambiarono un’occhiata sopra la tua testa.
— Sia pure. Ma hai qualche suggerimento da darci?
— Ci sto pensando.
La nave si ormeggiò di poppa a una delle banchine, affiancata da uno dei due vascelli da guerra; l’altro si mise in panne un po’ più al largo e attese, non fu chiaro se per cortesia o per prudenza, finché Corbett non ebbe fatto calare le ancore e stretto gli ormeggi, quindi rialzò le vele e fece di nuovo rotta per il mare aperto. Il tonfo delle ancore e il tintinnio delle catene suonarono agli orecchi di Raederle come la parola finale di una muta discussione fra le navi. Mentre la passerella veniva gettata a terra videro avvicinarsi un gruppo di cavalieri, riccamente vestiti e armati fino ai denti. Bri Corbett scese sul molo a incontrarli. Uno scudiero in uniforme azzurra portava uno stendardo azzurro e argento. Raederle intuì a chi apparteneva quella scorta, e sentì un improvviso afflusso di sangue al viso.