In quel momento la fanciulla ebbe l’impressione che il mondo intero si fosse fermato. I fili d’erba erano immobili sotto la luce del sole; le ombre delle rovine sembravano essersi incollate al suolo. Perfino il rumore dei frangenti contro le ripide scogliere s’era acquietato. Il suo stesso respiro era un grumo d’aria bloccato nella sua gola. Poi Astrin la afferrò per un braccio, e udì improvviso il fruscio metallico della sua spada che usciva dal fodero. L’uomo la strinse con forza contro di sé, e la fanciulla avvertì anche attraverso il pettorale di cuoio le violente pulsazioni del cuore di lui.
Nell’atmosfera ci fu un ansito che sembrava scaturire dal ventre della terra. Un’ondata il cui poderoso rotolare fra i bassifondi sembrava non terminare mai fece vibrare la scogliera con un urto immane, e si ritirò scrosciando dalla costa dirupata. Il braccio di Astrin si rilassò. Indietreggiando ella lo fissò, e il vacuo e teso sguardo di lui la riempì di spavento. Un gabbiano stridette sorvolando come una freccia gli scogli della riva, ondeggiò un attimo e scomparve; Astrin rabbrividì intensamente. La sua voce suonò rauca. — Ho paura. E… mi sento confuso. Andiamocene da qui!
Mentre cavalcavano di nuovo giù per la scarpata e poi verso i campi tranquilli e operosi ai lati della strada, che da settentrione portava in città, non si scambiarono una parola. Mentre tagliavano attraverso un prato gremito di pecore appena tosate che si scostarono belando, il bianco, intimo orrore che aveva irrigidito il volto di Astrin cominciò a dileguarsi. Raederle lo scrutò e sentì che l’uomo era tornato ad essere accessibile alla voce umana. — Che cos’è stato? — chiese. — Mi è parso che tutto si fermasse.
— Non lo so. L’altra volta… l’ultima volta che l’ho sentito accadere, Eriel Ymris morì. Avevo paura per te.
— Per me?
— Per cinque anni, dopo la morte di lei, il Re visse con una cambiaforma che aveva assunto le sembianze di sua moglie.
Raederle chiuse gli occhi. D’un tratto nel suo petto ci fu un ansito così doloroso che le parve di potersene liberare solo gettandolo fuori come un grido smarrito. Strinse i pugni con forza per riacquistare la padronanza di sé, e soltanto quando lui la chiamò per nome si rese conto d’aver arrestato il cavallo. Poi riaprì gli occhi e disse: — Almeno Mathom non è costretto a chiudere un Erede in una torre sul mare. Io so d’avere qualcosa che dorme dentro di me. Qualcosa che, se lo svegliassi, mi farebbe odiare ogni giorno della vita che mi resta. In me c’è il sangue di un cambiaforma, e una parte del suo potere. E non è sempre una cosa facile da sopportare.
L’occhio di lui la esaminò quietamente, come se fosse un enigma da dirimere con distacco scientifico. — Abbi fede in te stessa — le suggerì, e lei emise un profondo sospiro.
— È come se io stessi procedendo a occhi chiusi lungo il percorso di uno dei miei intrecci stregati. Tu hai un modo rassicurante di vedere le cose, però.
Lui allungò una mano a sfiorare una delle sue, poi le fece cenno di avviarsi. Quando Raederle si rilassò abbastanza da riaprire la mano sinistra, vide che la piccola pietra le aveva lasciato sul palmo i rossi segni dei suoi contorni.
Dopo il suo rientro alla dimora del Re, Lyra venne a cercarla nella sua camera. La bruna trovò Raederle seduta davanti alla finestra, intenta a fissare un oggetto dai liquidi riflessi marini che aveva in mano. — Hai già pensato a un piano d’azione? — le chiese.
Sollevando la testa Raederle avvertì nell’atteggiamento di lei inquietudine e frustrazione. I suoi movimenti, troppo controllati, erano quelli di un animale selvatico a disagio fra le sbarre della civiltà. Tornare coi pensieri alla loro situazione le costò uno sforzo.
— Penso che Bri Corbett si lascerà persuadere a far rotta a nord, quando usciremo dall’estuario, a patto che si trovi il modo di rimandare Tristan a casa sua. Ma, Lyra, non so cosa potrebbe convincere Astrin Ymris a lasciarci andare.
— La decisione riguarda noi. È una cosa in cui Ymris non ha alcun motivo d’impicciarsi.
— Non sarà facile persuadere di questo Hereu o Astrin.
Lyra si scostò bruscamente dalla finestra e cominciò ad andare avanti e indietro davanti al caminetto spento. — Potremmo trovare un’altra nave. No. Perquisiscono tutte quelle che escono dal porto. — Parve sul punto di afferrare qualche oggetto e scaraventarlo nel muro. Poi i suoi occhi saettarono d’un tratto in quelli di Raederle. — Cosa c’è che non va? Sembri preoccupata.
— Lo sono — fu costretta ad ammettere Raederle. Chinò il capo, stringendo forte la pietra in pugno. — Astrin… Astrin dice che secondo lui Morgon è vivo.
Lyra non riuscì a reprimere un ansito. Sedette di colpo accanto a lei, afferrando il davanzale di pietra con entrambe le mani. Era pallida. Quando riuscì a parlare la sua domanda suonò come una supplica: — Che cosa… che cosa glielo fa credere?
— Ha detto che Morgon stava cercando delle risposte, e che la morte non poteva essere una di quelle. Ha detto…
— Questo vorrebbe dire che ha perso il governo della terra. E non c’era cosa che temesse altrettanto. Ma nessuno può togliere da un uomo quell’istinto, se non il Supremo. Nessuno… — Tacque. Raederle udì lo scatto con cui chiuse i denti; si appoggiò stancamente allo schienale, con la pietra che luccicava come una lacrima sul palmo. La voce di Lyra assunse un tono nuovo, piatto, spassionato: — Lo ucciderò per quello che ha fatto.
— Chi?
— Ghisteslwchlohm!
Raederle fece per dir qualcosa, ma attese che il brivido causato in lei dal suo tono freddo si placasse. Poi mormorò: — Dovrai prima trovarlo. Questo potrebbe non esser facile.
— Lo troverò. Morgon saprà dov’è.
— Lyra… — Ma il volto della bruna bloccò il richiamo alla prudenza nella gola di Raederle. Abbassò gli occhi. — Per prima cosa cerchiamo di andarcene da Caerweddin.
La luce dura che gliela rendeva estranea scomparve dagli occhi di Lyra, e il suo tono tornò ansioso: — Non dir niente di queste cose a Tristan. Non possiamo prevedere le sue reazioni.
— D’accordo.
— Non c’è qualcosa che tu possa fare per noi? Non dobbiamo tornare indietro. Non adesso. Puoi chiamare un vento che spinga via le navi da guerra? O creare un’illusione di noi che andiamo a sud e…
— Per chi mi prendi, per un mago? Credo che neppure Madir sapesse fare cose di questo genere. — Nella strana pietra brillò una goccia di sole, ed ebbe un fremito. — Aspetta. — Sollevò l’oggettino fra il pollice e l’indice, girandolo come per fargli catturare la luce. Un riflesso balenò negli occhi di Lyra, che sbatté le palpebre.
— Ehi! Che cos’è quello?
— Una pietra che Astrin ha trovato a Pian Bocca di Re, nella città dei Signori della Terra. L’ha data a me.
— Ma che stai facendo? — Di nuovo distolse lo sguardo per evitarne i riflessi, e Raederle la riabbassò.
— Lampeggia come un pezzo di specchio… Tutto ciò che ho imparato dalla guardiana dei porci ha attinenza con le illusioni, come le cose piccole che sembravano aumentare di volume: una ciotola d’acqua che diventa uno stagno, un ramoscello che appare come un tronco caduto, o pochi ramoscelli spinosi che si trasformano in una siepe di rovi. Se io potessi… se riuscissi ad abbagliare gli uomini delle navi da guerra con questo, facendolo brillare nei loro occhi come il sole, non si accorgerebbero quando facessimo rotta a nord, e non sarebbero capaci d’inseguirci.
— Con quella pietruzza? Non è grossa neppure quanto metà del mio pollice! E inoltre… — Si accigliò, a disagio. — Non sai neppure cos’è. Una ciotola d’acqua è una ciotola d’acqua. Quel frammento lì invece tu non sai di cosa faceva parte, dunque come puoi sapere con precisione cosa potrebbe diventare?
— Se non vuoi che ci provi, non proverò. È una decisione i cui effetti ci riguardano tutte. Ma è l’unica cosa a cui riesco a pensare.