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La nave s’inclinava sotto la spinta del vento, un’onda si ruppe con un tonfo contro una fiancata e la ragazza sbatté le palpebre accecata per un attimo dagli spruzzi. Lyra le stava stringendo le spalle con forza, e la sua voce suonò angosciata: — Scusami! Scusami! Ma tu stavi gridando e…

Raederle vide che la luce dell’oggetto lasciato in mare s’era spenta. Molto più a sud, quasi all’orizzonte, le sette navi del Re stavano navigando ciascuna in una direzione diversa, come se avessero smarrito l’uso del timone. Bri Corbett, pallido in faccia, la fissò a occhi sbarrati e ansimò: — Devo riportarvi indietro? Dite una sola parola e vi riporterò indietro!

— No. Va tutto bene, adesso. — Raederle accennò a Lyra di lasciarla, poi si passò lentamente le mani sul viso. — Adesso va meglio, grazie.

— Che cos’è successo? — esclamò Lyra. — Cos’era quella pietra?

— Io non lo so. — Risentì in sé l’eco della strana presenza, interrogativa, curiosa, insistente, e rabbrividì. — Sono stata molto vicina a sapere…

— Che cosa?

— Non posso saperlo! Qualcosa d’importante su qualcuno. Ma non so cosa, e non so perché. — Scosse il capo, angosciata. — È stato come un sogno, e sembrava molto importante, molto chiaro, ma adesso… mi sembra che non abbia più senso. Tutto ciò che so è che erano dodici.

— Dodici cosa?

— Dodici sfaccettature intorno a quella pietra. Come una bussola. — Si accorse dell’espressione vacua di Corbett. — Lo so. Non ha senso.

— Ma in nome di Hel, cosa vi ha fatto gridare in quel modo? — esplose l’uomo.

Ripensando al potere della curiosa e invincibile entità che l’aveva intrappolata Raederle fu certa che, perfino autorizzando il comandante a tornare verso le navi da guerra, non ci sarebbe stato posto al mondo dove quel potere arcano non avrebbe potuto raggiungerla e minacciarla. Sottovoce disse: — Quella pietra era un oggetto di potere. Avrei dovuto utilizzare qualcosa di più semplice e innocuo. Adesso ho bisogno di riposare un poco.

Restò distesa nella sua cabina fin dopo il tramonto. Prima di cena uscì sul ponte, si appoggiò alla murata e alzò lo sguardo alle stelle che palpitavano nel sereno, simili a lontanissimi riflessi in miniatura del bagliore rimastole in un angolo della mente. Un colpo di tosse la fece voltare. E fu allora che vide, immobile e per una volta a suo agio nel rullio della nave, Tristan di Hed, seduta proprio sulla prua della nave come una polena.

CAPITOLO QUINTO

Tristan non volle parlare a nessuno per due giorni. In quanto a Bri Corbett, trattenuto dal desiderio di riportarla indietro soltanto dal timore di finire nuovamente fra le navi di Ymris, l’uomo trascorse il primo di quei due giorni imprecando. Il pomeriggio successivo, cedendo alla muta e testarda determinazione di Tristan o semplicemente disgustato dalle proprie indecisioni, fece vela verso il nord. Quella sera stessa si lasciarono alle spalle la costa di Ymris. Dal mattino dopo tutto ciò che poterono vedere fu la distesa di foreste disabitate lungo la riva, e le spoglie interminabili colline che separavano l’interno di Herun dal mare, e pian piano cominciarono a rilassarsi un poco. Il vento era teso e costante; Bri Corbett ritrovò il suo rude buonumore da marinaio grazie alle ottime condizioni meteorologiche, e tenne occupati gli uomini coi lavori di bordo. Le guardie della Morgol, che detestavano l’inattività, fecero ginnastica e si allenarono al lancio del coltello contro una tavola poggiata al castello di poppa. Ma quando un rullio della nave provocò un lancio errato, e il coltello andò a tranciare il cavo di una drizza, Corbett insistette che quel tipo di addestramento avesse termine. Le ragazze si misero allora a pescare, con lunghe lenze a traino che gettavano dalla poppa. I marinai, che avevano notato la mortale precisione con cui le loro lame volavano al bersaglio, non rinunciarono a far loro la corte ma adottarono modi più cauti.

Raederle, dopo alcuni inutili tentativi di rientrare nelle grazie di Tristan, che sul ponte si teneva in disparte e scrutava costantemente verso il settentrione con cupa impazienza, rinunciò e pensò bene di lasciarla a se stessa. Ne approfittò per rilassarsi, lesse i libri di Rood, e suonò il flauto regalatole da Elieu di Hel, che s’era portata dietro da Anuin. Un pomeriggio uscì a sedersi sul ponte, suonò alcune canzoni popolaresche per divertire i marinai, poi eseguì delle melodie in voga alla corte di An, fra cui diverse ballate tristi e nostalgiche insegnatele da sua madre Cyone anni addietro. Infine, quando ebbe suonato una semplice aria melodica della quale non ricordava il titolo, abbassò il flauto e s’accorse che Tristan s’era appoggiata alla murata accanto a lei e la stava guardando.

— Questa è una canzone di Hed — osservò la fanciulla, accigliata. Raederle si mise il flauto sulle ginocchia, e cercò di ricordare dove l’avesse appresa.

— Credo che me l’abbia insegnata Deth.

Tristan esitò, indecisa. Dopo un poco si scostò dalla balaustra e si sedette al suo fianco sul coperchio del boccaporto. Ma il suo volto rimase privo di espressione, e non disse parola.

Raederle, con gli occhi sul flauto, mormorò: — Ti prego, cerca di capire. Quando è giunta notizia della morte di Morgon, a soffrire per quella perdita non è stata soltanto Hed, ma anche gente in ogni parte del reame, persone che lo avevano aiutato, che lo avevano amato, e che erano preoccupate per lui. Lyra ed io, e Corbett, volevamo risparmiare al reame, e specialmente al tuo popolo, altre paure e preoccupazioni per te. Hed sembra essere al centro di eventi spiacevoli in questi tempi, e non ha difese contro di essi. Noi non volevamo ferirti, ma non volevamo neppure che chi ti vuoò bene rischiasse di soffrire molto per causa tua, se dovesse accaderti qualcosa.

Tristan l’aveva ascoltata in silenzio. Rialzò lentamente la testa e appoggiò le spalle all’argano. — Non mi accadrà nulla di male. — Guardò un poco Raederle, e la sua voce fu un sussurro timido: — Tu avresti voluto sposare Morgon?

Raederle si morse le labbra. — Ho aspettato due anni che venisse ad Anuin per chiedere la mia mano.

— Vorrei che l’avesse fatto. Non è mai stato molto ragionevole. — Si circondò le ginocchia con le braccia e vi poggiò il mento, pensosa. — Ho sentito i mercanti dire che può assumere le sembianze di un animale. E questo ha spaventato Eliard. Tu puoi farlo?

— Cambiare forma? No. — Il flauto tremò fra le sue dita. — No.

— Hanno detto che… che la primavera scorsa ha trovato una spada stellata, e che ha ucciso con essa. Questa non mi è sembrata cosa da lui.

— No.

— Ma Grim Oakland ha detto che se qualcuno cercava di ucciderlo, lui non poteva star lì e lasciarglielo fare. Questo riesco a capirlo, è ragionevole, ma… dopo tutto ciò, con qualcuno che ha fatto per lui un’arpa e una spada, che gli appartengono per via delle stelle che ha sulla fronte, lui non sembra più appartenere a Hed. Mi è parso che non potesse più tornare indietro e fare quelle cose di ogni giorno che faceva una volta… dar da mangiare ai maiali, discutere con Eliard, fabbricare birra in cantina. Pensai che forse ci aveva lasciato per sempre, e che ormai fosse troppo diverso da noi.