— Capisco — annuì Raederle. — Anch’io ho provato qualcosa di simile.
— Così, a questo modo, non è stato terribile come avrei creduto quando morì. Terribile fu sapere… sapere cosa stava passando prima di morire, e non poter far nulla per… per… — La voce le si spezzò. Premette la bocca su un polso. Raederle si morse le labbra, con gli occhi fissi sull’ombra che il boma proiettava sulla tolda.
— Tristan, in An il passaggio del governo della terra è una cosa complicata e sconvolgente, così mi hanno detto. Come avere d’improvviso un terzo occhio per vedere nel buio, o un terzo orecchio capace di udire le cose sepolte nella terra… È questo che accade ai Principi di Hed?
— Non mi è sembrato così. — La fanciulla parve sollevata di doversi concentrare su quella domanda. — Eliard era nei campi quando la cosa gli successe. Mi ha detto che sentì all’improvviso tutto quanto… le foglie, gli animali, i fiumi, i semi, ogni cosa assumere un significato nuovo. Seppe che cos’era tutto ciò, e perché tutto cresceva o si muoveva. Ha cercato di spiegarmelo. Io ho risposto che quelle cose certo avevano un senso per lui anche prima, e che tutti sanno perché i semi crescono e le acque scorrono, ma lui ha detto che era diverso. Adesso poteva vedere tutto, molto chiaramente, e ciò che non vedeva lo sentiva. Non credo che sia riuscito a spiegarsi troppo bene.
— Ha sentito Morgon morire?
— No. Lui… — Tacque, stringendosi con forza le ginocchia. La sua voce si abbassò in un sussurro. — Eliard disse che questo fu perché Morgon, quando morì, doveva aver dimenticato perfino chi èra.
Raederle poggiò una mano su quelle di lei. — Scusami. Non volevo farti soffrire. Cercavo soltanto di…
— Buffo. Proprio come Morgon.
— No! — L’angoscia che vibrò nella sua voce costrinse Tristan a sollevare di scatto la testa, stupita.
La fanciulla restò un poco in silenzio, studiando il volto di Raederle come se la vedesse allora per la prima volta. Poi disse: — C’è una cosa che mi sono sempre domandata, in un angoletto della mente, fin da quando sentii dire che tu eri la seconda donna più bella di tutta An.
— Che cosa?
— Chi è la donna più bella di An? — Tristan arrossì al sorriso di Raederle, ma nei suoi occhi brillava una scintilla di timida curiosità. — Me lo sono chiesto spesso.
— La più bella donna di An è la sorella di Map Hwillion, Mara, che ha sposato il nobile Cyn Croeg di Aum. La chiamano il Fiore di An.
— E tu come sei chiamata?
— Soltanto la seconda donna più bella.
— Io non ho mai visto una ragazza bella quanto te. Quando Morgon ci disse del voto di tuo padre, e di te, io ebbi paura. Non riuscivo a immaginare come tu avresti potuto vivere a Hed, in casa nostra. Ma ora… ora non so. Vorrei tanto che le cose fossero andate in modo diverso.
— Anch’io — disse dolcemente Raederle. — E adesso, vuoi finalmente spiegarmi una cosa? Come, per tutte le stelle, sei riuscita a lasciare quella nave da guerra e a salire sulla nostra senza che Astrin, o Hereu, o Corbett o tutti i guerrieri se ne accorgessero?
Tristan sorrise. — Ho seguito il Re a bordo di quella nave, e quando è sceso l’ho seguito di nuovo. Lui non si è accorto che gli andavo dietro, e gli altri hanno pensato che lo facessi per suo ordine. Giù dalla passerella il Re ha voltato a sinistra e io a destra. Non mi è difficile passare inosservata. E conoscevo già una certa scialuppa.
Quella notte oltrepassarono il porto di Hlurle. Bri Corbett, a cui non sarebbe dispiaciuto imbarcare ancora un po’ di vino di Herun, suggerì di fare una breve sosta, ma Lyra gli fece osservare che a Hlurle c’erano venti guardie in attesa di scortare la Morgol a Corona. Il comandante decise quindi di approdare alquanto più a nord, in un porticciolo alla foce del turbolento Ose, dove tutti poterono scendere a terra e sgranchirsi le gambe. La cittadina era di piccole dimensioni, piena di pescatori e di cacciatori che usavano venire sulla costa due volte all’anno per vendere le loro pelli ai mercanti. Corbett acquistò del vino, tutte le uova e le verdure fresche che riuscì a trovare, e rinnovò la scorta d’acqua potabile. Lyra, Raederle e Tristan scrissero lettere che poi consegnarono ai mercanti diretti nel sud. Nessuno le riconobbe, e tuttavia l’intestazione delle lettere destò in quegli uomini un notevole stupore, e ripartirono fra la curiosità generale.
Tre giorni più tardi, a metà mattina, raggiunsero il porto di Kraal.
La città, tagliata dal Fiume Inverno, era un insieme di case in robusta pietra, coi tetti spioventi, atte a tener fuori il freddo e la neve nella stagione fredda che a Osterland era dura. Nell’entroterra poterono vedere per la prima volta la vastità delle desolazioni settentrionali, disabitate e boscose, confinanti all’orizzonte con le cime bianche di montagne lontanissime e velate di foschia. I moli erano occupati quasi per intero da molte navi mercantili, chiatte a remi dai colori vivaci, e imbarcazioni fluviali che nel salpare controcorrente sulle acque verdi e profonde procedevano lente, sfruttando il vento con abilità.
Corbett fu costretto a far manovra fra gli altri scafi con gran cautela, calcolando ogni oscillazione della nave e ogni soffio d’aria che gonfiava le vele. Prima di addentrarsi nel porto s’era messo al timone personalmente, e Raederle lo udì brontolare: — Questa corrente è così forte da staccarci le incrostazioni dalla chiglia. Non ho mai visto le acque così alte. Sul Passo Isig dev’esserci stato un inverno terribile.
Trovare un posto libero alla banchina e riuscire a incunearvi la nave fu un’operazione che richiese tutto il fiuto di Corbett e l’abilità dell’equipaggio. I mercanti dagli occhi acuti che si trovavano sui moli non s’erano certo lasciati sfuggire l’arrivo di una nave le cui vele azzure e porpora erano il contrassegno della casa reale di An, e nel vedere a bordo quelle insolite passeggere i commenti vivaci si sprecarono. Prima ancora che la catena dell’ancora scivolasse in mare tutte le ragazze, appoggiate alla murata, erano state riconosciute e identificate. Tristan restò a bocca aperta nell’udire il suo nome, seguito da un’osservazione a dir poco pungente sulle condizioni mentali di Bri Corbett, e stupita comprese che a bordo della nave attraccata alla loro sinistra c’era gente che sembrava saperla lunga sui fatti loro.
Corbett li ignorò, ma il volto gli si era scurito. Mentre abbassava la passerella disse a Raederle: — Se scenderete a terra non godrete di molta intimità in questa città, ma se non altro non faticherete a trovare qualcuno che vi faccia buona scorta. Io cercherò di trovare un’imbarcazione da fiume e dei rematori. Non sarà un mezzo veloce, e dovrà esser pagato. Però se aspettassimo che le acque del disgelo decrescano, o che si levi un vento favorevole, rischieremmo di veder sopraggiungere la nave della Morgol. E la cosa darebbe a questi mangiatori di pesce crudo, questi impiccioni alcuni dei quali non sanno che stanno per ingoiare i loro denti bacati, altri motivi per i loro stupidi pettegolezzi.
Il comandante cominciò a darsi da fare per trovare alla svelta una chiatta, i rematori e dei rifornimenti, con un’energia che, come Raederle ipotizzò, nasceva dal timore di veder comparire fra il traffico fluviale la vela azzurra di una nave da guerra di Ymris. La fanciulla scese a terra con Lyra, Tristan e le guardie della Morgol, per trascorrere il pomeriggio aggirandosi per la città. Vendettero alcuni anelli, acquistarono oggetti da toeletta, cenarono in una locanda piena di mercanti, di cacciatori e popolani di Osterland, quindi tornarono al porto. Qui trovarono i loro cavalli e i bagagli già trasferiti a bordo di una grossa chiatta allungata. Le ragazze salirono sul goffo vascello e si distesero sui giacigli che Corbett aveva preparato, così vicini fra loro che poterono mettere in comune le coperte. La chiatta, aiutata dal salire della marea nelle buie ore prima dell’alba, si lasciò alle spalle Kraal mentre tutte erano immerse nel sonno.