— Dev’essere entrato in qualche taverna — disse Raederle. E poi, irritata perché le facevano male i piedi e non le sarebbe dispiaciuto sedersi davanti a un boccale di vino: — Avrebbe almeno potuto aspettarci! — Alzando lo sguardo sopra i tetti degli edifici vide le scure e immense muraglie di granito che si perdevano verso ovest, e il Passo stesso, dove la luce del sole assumeva riflessi glaciali sulla cima dei picchi desolati. Respirò a fondo, cercando di scacciare il brivido di paura che quella vista riusciva a darle, e per la prima volta da quando avevano lasciato An si chiese se davvero avrebbe avuto il coraggio di affrontare il Supremo faccia a faccia.
Mentre aspettavano senza sapere da che parte dirigersi il crepuscolo si scurì ancora, e ombre sfumate di porpora e di grigio scivolarono sulle rupi intorno al Passo. Soltanto una montagna, in lontananza, catturava ancora con la sua vetta i pieni bagliori del sole; poi esso tramontò, e anche quegli immani contrafforti di roccia e di ghiaccio impallidirono di cupi riflessi lunari. Raederle non riusciva a distogliere gli occhi da quell’immagine lontana, e quando Lyra le diede di gomito ebbe un sussulto.
— È quello là il Monte Erlenstar? — le chiese la bruna.
— Non lo so. — Con sollievo Raederle vide finalmente Bri Corbett, che sbucato da una taverna stava attraversando la strada. Nel fermarsi davanti a loro l’uomo apparve palesemente imbarazzato, a corto di parole. Aveva il volto arrossato, e sudava malgrado l’aria fresca; si tolse il berretto, si passò una mano fra i capelli e se lo rimise. Poi parlò guardando Tristan, quasi che rivolgendosi alle altre due fosse in quel momento troppo per lui: — Dobbiamo salire sul Monte Isig, adesso, a parlare con Danan Isig.
— Corbett, cosa c’è che non va? — chiese Raederle, allarmata. — Forse c’è qualcosa… sul Passo?
— Sul Passo voi non ci andrete. Ve ne tornerete a casa.
— Cosa?
— Ripartiremo per il sud domattina; c’è una chiatta che sta per discendere l’Ose fino a…
— Corbett — disse Lyra seccamente. — Non ci sposteremo neppure da qui dove siamo in questo momento, senza una chiara spiegazione!
— Avrete spiegazioni finché ne volete, presumo, da Danan Isig. — Con gesto inaspettato, esitante, poggiò una mano sulla spalla di Tristan. Sul suo volto solitamente poco espressivo si susseguivano fremiti simili a lievissime smorfie. Di nuovo si levò il cappello, e con un gesto che fece trasalire le tre ragazze lo scaraventò in mezzo alla strada. — Tristan… — disse. Raederle depose al suolo gli involti e si portò una mano alla bocca.
— Sì? — mormorò Tristan, sbattendo le palpebre.
— Io non… non so come dirvelo.
Il volto della fanciulla si sbiancò di colpo. Sbarrò gli occhi in quelli di Corbett. — Signore, si tratta di… Eliard?
— No. Oh, no. Riguarda vostro fratello Morgon. È stato visto a Isig solo tre giorni fa, alla corte del Re di Osterland. È vivo.
Le dita di Lyra, strette intorno a un gomito di Raederle, si fecero così rigide da strapparle un gemito di dolore. Tristan abbassò la testa, i capelli le ricaddero come un sipario davanti al viso. La fanciulla restò talmente immobile che gli altri tre non capirono che stava piangendo finché un singhiozzo terribile, rauco e angoscioso, non le scaturì dalla gola. Bri Corbett le mise dolcemente un braccio attorno alle spalle.
— Corbett! — sussurrò Raederle. L’uomo si volse a guardarla.
— Alcuni mercanti lo hanno saputo da Danan Isig stesso. Potrà confermarvelo se salirete a parlargli. Il mercante con cui ero poco fa ha detto… altre cose. Ed è meglio che le sentiate da Danan Isig in persona.
— Va bene — disse lei, stordita. — Va bene. — Prese gli involti di Tristan e li consegnò a Corbett, seguendolo poi verso il luogo dove avevano lasciato i cavalli. Ma nel volgersi vide gli occhi di Lyra ancora vacui per lo sbalordimento, scuri come le ombre che più indietro si addensavano sul Passo e sulle sorgenti dell’Ose.
Prima di uscire di città incontrarono due delle guardie della Morgol. Lyra le invitò in poche parole a cercare alloggio a Kyrth, e le ragazze accettarono quel cambiamento di programma senza far commenti, ma non nascosero una certa sorpresa. I quattro montarono in sella e attraversarono il ponte, seguendo la strada che risaliva obliquamente le pendici della montagna. Nell’oscurità e nel silenzio i tonfi degli zoccoli dei cavalli si smorzavano fra gli abeti. Il percorso terminava direttamente nel grande portone ad arco della dimora di Danan Isig, aperto, e al di là di esso si trovarono nel grande cortile interno. Nelle botteghe artigianali e nelle fonderie non c’era alcuna attività, ma mentre stavano attraversando il largo spiazzo oscuro la porta di una delle officine si aprì d’improvviso. Nella luce rossastra delle torce un ragazzo giovane, che ne era sbucato fuori in fretta con un oggetto metallico fra le mani, per poco non andò a sbattere nel cavallo di Corbett.
L’uomo fu svelto ad arrestare l’animale con un colpo di redini, e il giovinetto, girando su di loro uno sguardo sorpreso, accarezzò il muso del cavallo come per scusarsi e per calmarlo. Era robusto, con capelli neri scarmigliati e un volto tranquillo. Sbatté le palpebre nel vedere che tre di loro erano ragazze giovani, e disse: — A quest’ora sono tutti a cena. Ma avvertirò Danan che abbiamo ospiti. Signori, volete cenare con noi?
Quell’invito informò Corbett che non avevano a che fare con un semplice artigiano. — Ehi, ragazzo, non sarai per caso i figlio di Rawl Ilet, con quei capelli? — chiese, burbero.
Lui annuì. — Sì. Sono Bere.
— Io sono Bri Corbett, capitano di nave al servizio di sua maestà il Re Mathom di An. Ho navigato spesso con tuo padre, quando facevo il mercante. Le signore che vedi con me sono: la figlia di Mathom, Principessa Raederle di An; Lyra, Erede della Morgol di Herun, e la Principessa Tristan di Hed.
Gli occhi di Bere si spalancarono a quelle presentazioni, fissandosi ora su un volto ora sull’altro. Ebbe un movimento istintivo, quasi che stesse per cedere all’impulso di correre dentro e di gridare a tutti la notizia, ma si controllò. — Danan è nel salone. Andrò subito a… — Ma nonostante l’eccitazione che gli vibrava nella voce non si mosse, anzi si accostò al cavallo di Tristan. Lo tenne fermo per la cavezza e porse una mano alla fanciulla. Tristan abbassò su di lui uno sguardo stupito, e ci mise qualche attimo prima di capire che poteva lasciarsi aiutare a smontare. Ma appena scesa lo vide voltarsi e correre via attraverso il cortile, spalancare di botto il portone da cui uscì un fiotto di luce e precipitarsi dentro, gridando: — Danan! Danan!… Danan!
Bri Corbett, notando la perplessità che era rimasta sul volto di Tristan, le spiegò, divertito: — Tuo fratello gli ha salvato la vita.