Bere tornò quasi subito fuori, seguito dal Re di Isig. Costui era un uomo alto e robusto, i cui capelli color cenere conservavano ancora qualche traccia d’oro rosso. Aveva il volto abbronzato e rugoso come una corteccia d’albero, fornito di un’espressione imperturbabile che tuttavia nel vedere i nuovi venuti sembrava alquanto vicina a incrinarsi.
— Signore, è un privilegio darvi il benvenuto nella mia dimora — disse. — Bere, pensa tu ai loro cavalli. Mi stupisce molto che voi siate in viaggio insieme, e così lontano dalla vostra terra. Devo confessare che non mi era giunta voce del vostro prossimo arrivo.
— Quando ci siamo messe in viaggio per il Monte Erlenstar — spiegò Raederle, — non abbiamo comunicato a nessuno la nostra partenza. Ci eravamo fermate a Kyrth ad acquistare rifornimenti allorché Corbett… il capitano Corbett, ci ha dato una notizia tale che stentiamo a crederla. Così siamo venute qui per domandarvene conferma. Riguarda Morgon.
La fanciulla sentì gli occhi del Re studiarla un istante, e ricordò che l’uomo aveva la capacità di vedere nel buio. Danan disse: — Andiamo dentro — ed essi lo seguirono nel salone. Sulle pareti di pietra massiccia lingueggiavano i riflessi del fuoco e le ombre, come una mobile tappezzeria. Le chiacchiere eccitate dei minatori e degli artigiani, prive di risonanza quasi che il silenzio della pietra le assorbisse, si smorzarono. Attraverso il pavimento serpeggiavano canaletti d’acqua, che nella penombra tracciavano riflessi fiammeggianti di luce, e le torce si riflettevano in mille barbagli sulle gemme grezze incastonate nelle pareti. Danan si fermò soltanto per mormorare qualche istruzione all’orecchio di un servo, poi fece loro strada verso una larga scala a spirale che saliva all’interno di una torre granitica. Giunto su un pianerottolo rallentò il passo per scostare una pesante tenda di pelliccia bianca.
— Sedetevi — li invitò, appena furono entrati. I quattro si accomodarono sulle sedie e sui grossi cuscini ricoperti di pelle e pelliccia. — Mi sembrate stanchi e affamati. Ho ordinato di portare del cibo, e mentre vi rifocillate io vi dirò ciò che posso.
Tristan, che malgrado un’ostentata calma era sempre più stupita e meravigliata, chiese a Danan: — Voi, signore, siete quello che gli ha insegnato a trasformarsi in un albero?
Lui sorrise. — Sì.
— A Hed ci è sembrata una cosa talmente strana. Eliard non riusciva a capire come Morgon potesse farlo. Provò a restare immobile fra gli alberi di mele, e poi disse che non capiva cosa facesse Morgon coi… coi suoi capelli, e come potesse respirare… Eliard. — Le mani di lei erano attanagliate ai braccioli della sedia. Nel guardarla, gli altri notarono che a tratti lo sguardo le brillava di gioia, ed a tratti si scuriva per il dubbio e la stanchezza. — Lui sta bene? Morgon sta bene?
— Così mi è parso.
— Ma io non capisco! — lo supplicò quasi lei. — Lui ha perduto il governo della terra. Come può essere vivo? E se è vivo, com’è possibile che stia bene?
Danan fece per rispondere ma tacque, vedendo che entravano dei servi con vassoi di cibi caldi e bevande. Attese che il fuoco fosse acceso, poiché a quell’altitudine le sere erano ancora fredde, e che le ragazze si lavassero le mani e il viso. Quando poi furono sedute a mangiare disse, col tono un po’ vago di chi racconta una favola: — Sette giorni or sono, mentre me se stavo in cortile a passeggiare e a guardare il tramonto, vidi un viandante entrare dal portone. E mentre veniva verso di me, e nel crepuscolo la sua figura usciva pian piano dall’ombra, mi parve di riconoscerlo per qualcuno che avevo già visto… qualcuno che non avrei creduto di rivedere mai più. Restai ad aspettarlo, e allorché mi resi conto che era Morgon stranamente non provai alcun stupore, poiché il suo volto mi era tanto familiare che per me era come se fosse partito dalla mia casa solo pochi minuti prima, tornando subito indietro. Lo condussi alla luce, e con sorpresa mi accorsi che era invece alquanto cambiato. Lo trovai smagrito, di quella magrezza che non è data dalla fame quanto dai pensieri, e notai anche che alle tempie aveva qualche capello bianco. Restò a parlare con me fino a tarda notte, mi disse molte cose, e tuttavia io ebbi l’impressione che nel fondo dei suoi ricordi ci fosse qualcosa di oscuro, qualcosa che non voleva condividere con me. Disse che sapeva di aver perduto il governo della terra, e mi chiese notizie di Hed, ma di questo non potei dirgli quasi nulla. Mi pregò di far circolare fra i mercanti la notizia che era vivo, affinché voi lo sapeste.
— Ma sta tornando a casa? — lo interruppe Tristan. Danan annuì.
— Sì, a quanto ho capito, ma… mi disse che stava usando ogni goccia dei poteri e delle abilità che aveva appreso per restare in vita…
Lyra si sporse in avanti. — Cosa intendete con «appreso»? Ghisteslwchlohm gli aveva insegnato qualcosa?
— Ebbene, in un certo senso. Forse senza volerlo. — L’uomo si accigliò. — Strano che lo sappiate. Chi ve lo ha detto? Sapete anche chi fu a intrappolare Morgon?
— Mia madre lo ha intuito. Ghisteslwchlohm fu anche alla Scuola di Caithnard sotto falsa identità, al tempo in cui Morgon studiava là.
— Sì, me lo ha detto. — I suoi occhi tranquilli ebbero un lampo duro. — Dovete sapere che il Fondatore di Lungold cercava qualcosa nella mente di Morgon, un frammento di conoscenza o… comunque, quando lo ebbe intrappolato tentò di frugare dentro di lui, scandagliando i suoi ricordi, i suoi pensieri, e nella frenesia di rivoltare la memoria di lui fin negli angoli più reconditi fu costretto ad aprire la sua stessa mente, e Morgon poté così vedere le sue segrete riserve di poteri occulti. Fu grazie a ciò che egli riuscì infine a strappar via se stesso dagli artigli di Ghisteslwchlohm, poiché lesse nella mente del mago quale fosse la sua forza e quale fosse la sua debolezza, usando quindi i suoi stessi poteri contro di lui. Fu una lotta che durò molti mesi, e Morgon mi disse che verso la fine le loro menti erano talmente ingarbugliate l’una nell’altra che non capiva più quale fosse la sua e quale quella del mago, specialmente dopo che l’avversario aveva strappato via da lui tutto l’istinto del governo della terra. Ma quando finalmente egli riuscì a passare dalla difesa disperata all’attacco, allora ricordò di nuovo se stesso e il suo nome, e seppe che in quel lungo, oscuro, spaventoso anno di lotta la sua forza era cresciuta superando perfino quella del Fondatore di Lungold…
— Che cosa ha detto del Supremo? — sussurrò Raederle. La ragazza aveva l’impressione che qualcosa fosse mutato intorno a lei: le solide pietre del caminetto, le pareti della torre, la fortezza e le montagne che la circondavano le apparivano misteriosamente fragili, evanescenti. La luce stessa non era che un palpito nell’immensa tenebra che stringeva d’assedio il mondo. Tristan aveva chinato il capo e i capelli le celavano il viso; Raederle intuì che stava piangendo in silenzio. Un grumo d’angoscia in fondo alla gola la costrinse a deglutire, e strinse i pugni per farsi forza. — Cosa… perché il Supremo non lo ha aiutato?
Danan sospirò profondamente. — Morgon non me l’ha rivelato. Ma da ciò che mi disse, penso di averlo intuito.
— E Deth, l’arpista del Supremo? — sussurrò Lyra. — Ghisteslwchlohm lo ha forse ucciso?
— No — disse Danan, e il tono della sua voce fece sollevare la testa anche a Tristan. — Per quanto ne so è vivo. E riguardo a lui c’è una cosa che Morgon vuol fare, prima di tornare a Hed. Deth lo ha tradito, consegnandolo inerme nelle mani di Ghisteslwchlohm, e Morgon è deciso a ucciderlo.
Tristan si portò le mani alla bocca. Lyra si alzò di scatto, mandando un bicchiere a frantumarsi sul pavimento, e nel voltarsi inciampò sulla sedia. A passi rigidi attraversò la stanza fino alla finestra, ciecamente, e giunta lì si fermò poggiando le mani sui vetri. Bri Corbett borbottò qualcosa di incomprensibile. A dispetto della forza con cui stringeva i pugni, Raederle sentì le lacrime affiorarle agli occhi. Cercando di tener la voce sotto controllo disse: — Questo mi sembra incredibile. Non è da loro comportarsi così.