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Scattò in piedi e si allontanò dal fuoco, come per allontanarsi da una risposta impossibile, sconvolgente, per la quale la sua mente stentava a trovare perfino le parole. Fu allora che la tenda nel breve corridoio si spostò di lato, così silenziosa che quel movimento parve un’illusione nei riflessi delle fiammelle. Intravedendo nella penombra la figura di una giovane donna bruna pensò dapprima che si trattasse di Lyra. Poi, fissando gli occhi neri e tranquilli della sconosciuta, sentì qualcosa penetrare in fondo alla sua anima, come una pietra che precipitasse in silenzio nelle immense viscere del Monte Isig.

Quasi senza accorgersi di parlare, sussurrò: — Me l’aspettavo!

CAPITOLO SESTO

Sentì che i suoi pensieri erano invasi da altri che li sondavano con grande abilità. Questa volta, quando l’immagine che aveva visto nella pietra riapparve, estratta dalla sua memoria insieme al volto elusivo dell’uomo senza identità, non cercò di lottare. Attese, come attendeva la donna dinnanzi a lei, il lieve movimento della testa che avrebbe dato un nome a quella faccia e preparato anche la sua irrevocabile condanna. Ma lo sconosciuto sembrava congelato nell’ultima posa in cui lo aveva visto, e anche i movimenti delle cose che scivolavano verso di lui come confluendo a quel centro s’erano fermati. Infine l’immagine svanì, e la donna passò a rastrellare altri ricordi, scene nitide quanto casuali appartenenti al passato di Raederle. Lei rivide se stessa bambina, che cercava di parlare coi maiali mentre Cyone parlava con la guardiana dei porci; si vide correre attraverso i Boschi di Madir riconoscendo senza sforzo gli alberi veri e quelli illusori, mentre Rood e Duac imprecavano frustrati alle sue spalle; si rivide discutere con Mathom sulle interminabili serie di enigmi che lui le insegnava, mentre il sole dell’estate indorava le pietre ai loro piedi. La donna indugiò a lungo sui rapporti che c’erano stati fra lei e la guardiana dei porci, e sulle piccole magie in cui l’aveva addestrata. I progetti di matrimonio che Mathom aveva fatto per lei parvero confondere la donna, e così anche l’imperturbabile testardaggine che lui aveva opposto in quei giorni ai nobili di An, a Duac, a Cyone, e alla stessa Raederle allorché lei aveva capito in cosa consistesse il voto del padre. Una torre oscura e massiccia che sorgeva dalla terra di Aum, come un’altra ombra cinta dai boschi, prese forma nella sua mente. A questo punto la donna si ritrasse da lei, lasciandola libera, e Raederle si accorse che la cosa l’aveva sorpresa molto.

— Tu sei stata là, alla torre di Peven!

Raederle annuì. Il fuoco s’era spento fra le braci e stava tremando, ma più per la stanchezza che per il freddo. La donna parve fluttuare avanti come una falena verso ciò che restava della luce del focolare. I suoi occhi fissarono le braci e da esse scaturì di nuovo la fiamma, alta e bianca, che delineò sullo sfondo buio il suo volto pallido e delicato.

— Io dovevo farlo. Dovevo sapere quale marchio mio padre avesse posto sul mio nome ancor prima della mia nascita. Così andai là. Ma non potei entrare. Fu molto tempo fa, e avevo paura… — Scosse la testa, come per scacciare quei ricordi. Di nuovo si volse a fronteggiare la donna, davanti a quel fuoco stregato che si rifletteva in quegli occhi scuri e imperscrutabili. — Chi sei? Qualcosa dentro di me ti conosce.

— Ylon. — Qualcosa di simile a un sorriso le incurvò le labbra. — Noi siamo consanguinee, tu ed io.

— Lo so — rispose lei con voce atona. Il cuore le aveva accelerato le pulsazioni. — Tu hai molti consanguinei nella discendenza dei Re di An. Ma chi sei?

La donna sedette davanti al caminetto. Alzò una mano verso la fiamma in un gesto stranamente dolce e insieme infantile, e disse: — Io sono un cambiaforma. Fui io a uccidere Eriel Ymris ed a prendere le sue sembianze. Fui io ad accecare quasi Astrin Ymris. Fui io ad avvicinare il Portatore di Stelle, sebbene non fosse la sua morte ad interessarmi. A quel tempo. E non m’interessa la tua, se è questo che ti stai chiedendo.

— Me lo chiedevo, sì — sussurrò Raederle. — Cosa… allora cos’è che ti interessa?

— La risposta a un enigma.

— Quale enigma?

— Lo capirai da sola, fin troppo presto. — Tacque, con le mani in grembo e lo sguardo nel fuoco, finché anche gli occhi di Raederle scivolarono sui tizzoni ardenti mentre sedeva nella seggiola che era alle sue spalle. — È un enigma vecchio quanto le radici degli alberi più antichi, quanto il silenzio che stagna nelle caverne più profonde dell’Isig, quanto le facce di pietra dei bambini morti. È vitale, come il vento o il fuoco. Il tempo non significa niente per me, è soltanto un intervallo fra quell’enigma e la sua risposta. Tu sei stata molto vicina a darmela, su quella nave, ma nonostante i miei sforzi hai spezzato il legame che c’era fra te e quella pietra. Questo mi ha sorpreso.

— Io non… non riuscivo a spezzarlo. Ricordo che fu Lyra a colpirmi. Tu! Quella presenza nella mia mente eri tu! E l’enigma… tu vuoi dare un nome a quella faccia?

— Sì.

— E poi… che altro? Cosa accadrà?

— Tu sei una specie di esploratrice di enigmi. Perché dovrei essere io a risolverli per te?

— Questa non è una gara di enigmi. Tu stai giocando con le nostre vite!

— Le vostre vite non significano niente per me — disse la donna freddamente. — Il Portatore di Stelle e io stiamo cercando la risposta alla stessa domanda; lui uccide quando è costretto; i nostri metodi non sono diversi. Io devo trovare il Portatore di Stelle. Egli è diventato molto potente, e molto abile a eludere chi lo cerca. Avevo pensato di usare te o Tristan e di costruire una trappola per lui, ma lo lascerò andare per la sua strada per un po’. Credo di aver capito dove quella strada lo sta portando.

— Vuole uccidere Deth — disse ottusamente Raederle.

— Non sarà il primo grande arpista che egli avrà ucciso. Ma d’altro canto non osa distogliere troppo a lungo la sua attenzione da Ghisteslwchlohm. Sia Morgon che i maghi vogliono uccidere il Fondatore. I maghi hanno la loro vendetta da compiere, fin dai tempi della distruzione di Lungold. Senza dubbio essi si distruggeranno l’un con l’altro, il che non avrà importanza poiché per sette secoli non si può dire che siano stati veramente vivi. — Notò l’espressione di Raederle, intuì quel che stava per dire, e sorrise. — Nun? Un tempo la vidi, a Lungold, Nun la potente, la bella. In vita sua non avrebbe mai messo piede fra i maiali, né intrecciato canestri di paglia.

— E tu cosa stai facendo di meglio?

— Sto aspettando. — Tacque per un poco, fissando Raederle coi suoi occhi imperscrutabili. — Non sei curiosa di te stessa? Non sei curiosa di sapere quali sono in realtà i tuoi poteri? Sono poteri considerevoli.

— No.

— Io sono stata onesta con te.

Le mani di Raederle si rilassarono sui braccioli, abbassando il capo sentì ancora, alle sue parole, quello strano senso di affinità, se non addirittura di fiducia, e una consapevolezza a cui non poteva sfuggire. Amareggiata e sconfortata sussurrò: — Il sangue di Ylon è nella mia famiglia da generazioni, e per quanto ciò non sia piacevole nessuno ha mai capito che questo era qualcosa di più di una semplice favola, una delle tante forme inesplicabili in cui la magia esiste ad An. Ora io so chi era suo padre. Uno di voi. Questo mi dà una certa affinità con te. Ma nient’altro: niente della tua fredda assenza di scrupoli, niente della tua capacità di uccidere.

— Soltanto qualche nostro potere. — La donna si piegò un poco verso di lei. — Il padre di Ylon ed io, con Hereu, cercavamo di fare la stessa cosa: distruggere l’istinto del governo della terra, ad An e ad Ymris, infondendo nelle dinastie reali un po’ di sangue misto e di istinti diversi. C’era uno scopo in questo, ma la cosa fallì. La terra produce un legame troppo forte. Soltanto ad Ylon accadde di sopportare il tormento del governo della terra; i suoi poteri si dispersero nei discendenti, talora inutili, talaltra sopiti. Salvo che in te. Un giorno, forse, tu potresti riuscire a dare un nome al tuo potere, e quel nome ti sorprenderebbe. Ma non vivrai abbastanza a lungo. Tu credi di conoscere l’infelicità di Ylon. Ma non ti sei mai domandata, se noi siamo così terribili, cosa lo spinse a rompere le sbarre della sua prigione per tornare fra noi?