— Non posso.
Lyra la fissò in silenzio, poi spostò lo sguardo sui volti impassibili delle ragazze schierate dietro la collega. Deglutì saliva. — Perché non puoi? La Morgol vi ha dato altri ordini? Cosa intende fare per quel che riguarda me?
Trika alzò una mano, sfiorò esitante la lancia, poi la lasciò ricadere. Alle spalle di Lyra le cinque guardie erano immobili, ai piedi della passerella, e sembravano piuttosto tese. — Lyra… — La bionda parve cercare con cura le parole. — Lyra, hai venti testimoni del fatto che ti offri, per l’onore della Guardia, a cavalcare disarmata nella terra di Herun. Tuttavia io penso che faresti meglio a tenere la tua lancia. La Morgol non è a Herun.
— E dov’è? Sicuramente non è ancora a Caithnard!
— No. È tornata da Caithnard oltre un mese fa. Ha preso con sé sei di noi per farsi scortare a Corona, e ha lasciato le altre quattordici qui con l’ordine di aspettare te. Ieri Feya è arrivata con la notizia che lei è… che lei non è più a Herun.
— Ebbene, se non è a Herun, allora dov’è andata?
— Nessuno lo sa. È andata via, semplicemente.
Lyra raddrizzò la lancia, sbattendone l’estremità al suolo con un tonfo. Si volse verso il drappello di guardie, fermando gli occhi su una ragazza snella dai capelli rossi. — Feya, cosa volevi dire riferendo che la Morgol è andata via?
— Solo che è andata via, Lyra. La sera prima ha cenato in sala, con tutte noi, e il mattino dopo se n’è andata.
— Ma deve aver detto a qualcuno dove intendeva andare. Non ha mai fatto cose di questo genere. Ha preso con sé dei servi, del bagaglio, e qualche guardia?
— Ha preso il suo cavallo.
— Il suo cavallo? E nient’altro?
— Abbiamo interrogato tutti, a palazzo. Risulta che ha preso il cavallo e basta, senza borse da sella né altri bagagli.
— Perché nessuna di voi l’ha vista partire? A cosa stavate facendo la guardia?
— Il fatto è, Lyra — disse un’altra delle ragazze pacatamente, — che lei conosce gli orari dei cambi di guardia bene quanto noi. E nessuna le avrebbe certo chiesto ragione dei suoi movimenti, in casa sua.
Lyra tacque. Si scostò dalla passerella, per togliersi dalla strada dei marinai che scaricavano i bagagli e le guardavano incuriositi. Raederle, osservandola, ripensò al volto calmo e attraente della Morgol come l’aveva visto nel tragitto fino alla Scuola di Caithnard, ed ai suoi enigmatici occhi d’oro fissi sui Maestri che le s’erano raggruppati attorno. Nella sua mente balenò una domanda. Ma fu Lyra, accigliata, che la trasformò bruscamente in parole: — Morgon di Hed ha parlato con lei?
Feya annuì. — È arrivato con tale riservatezza che soltanto la Morgol lo ha visto. E se n’è andato in modo altrettanto anonimo, salvo che… salvo che, dopo la sua partenza, Herun non era più molto tranquilla.
— Ha dato degli ordini? — chiese Lyra in tono piatto. Accanto a Raederle, Tristan sedette stancamente sulla passerella e si coprì il viso con le mani. Feya deglutì saliva e annuì ancora.
— Ha ordinato che il confine settentrionale e quello occidentale fossero pattugliati per impedire l’ingresso all’arpista del Supremo, che nessuno in Herun gli dia alloggio né aiuto di alcun genere, e che se qualcuno lo vede avverta subito le guardie o lei stessa. E ce ne ha detto il motivo. Ha spedito messaggeri in ogni angolo di Herun per diramare questi ordini. E poi è partita.
Lo sguardo di Lyra si spostò lentamente sui tetti grigi e scabri dei magazzini prospicenti i moli, e poi sulle sommità delle colline delicatamente sfumate di verde sotto il sole primaverile. — Deth! — sussurrò.
Trika si schiarì la gola. — Noi abbiamo supposto che potrebbe essere andata a cercarlo. Lyra, nessuna di noi… nessuna capisce come lui abbia potuto fare le cose terribili di cui lo ha accusato il Portatore di Stelle, o come abbia potuto mentire alla Morgol. Sembrava impossibile. Allora lui non… non amava la Morgol?
— Forse la amava — disse lentamente Lyra. Colse l’occhiata di Raederle e aggiunse, sulla difensiva: — Lei ha emesso il suo giudizio come hanno fatto Danan Isig e Har: senza neppure ascoltarlo, senza dargli la possibilità di difendersi, un diritto che avrebbe riconosciuto perfino all’ultimo zappaterra degli acquitrini di Herun.
— Io non sono in grado di capirlo — disse Raederle, secca. — Ma quando ho parlato con lui ha ammesso la sua colpevolezza. E non ha neppure provato a discolparsi. Non aveva nessuna giustificazione.
— Sembra che nessuno abbia pensato, neanche la Morgol, che forse Ghisteslwchlohm tiene Deth in suo potere, così come dominava i maghi, e che Deth fu costretto a portare Morgon da lui invece che dal Supremo.
— Lyra, Ghisteslwchlohm è… — Raederle tacque. Aveva l’impressione che il vento del mare si fosse d’improvviso levato come una saracinesca fra di loro, una barriera invalicabile. Notando i loro sguardi interrogativi continuò, stancamente: — Tu stai dicendo che il Fondatore è più potente del Supremo, visto che forza la volontà del suo arpista. E se c’è una cosa che io credo di Deth è che nessuno, forse neppure il Supremo, può costringerlo a fare qualcosa contro la sua volontà.
— Dunque anche tu lo hai condannato — disse Lyra in tono piatto.
— Si è condannato da solo! Cos’altro dovrei pensare? Ha mentito a tutti, ha tradito il Portatore di Stelle, la Morgol e il Supremo. E ha messo il suo mantello su di me perché non prendessi freddo mentre dormivo, quella notte nell’entroterra. Questo è tutto ciò che so. — Fissò gli occhi in quelli cupi e pensosi di Lyra. — Chiediglielo tu. Non è questo che vuoi? Trovalo e interrogalo. Tu sai dov’è: nell’entroterra, diretto a Lungold. E sai anche che dev’essere laggiù che la Morgol sta andando.
Lyra non replicò. Si mise a sedere sulla passerella accanto a Tristan, tormentata da un’incertezza che la faceva apparire ancor più giovane e vulnerabile di lei.
Dopo qualche istante fu Goh a parlare: — La Morgol non ci ha lasciato istruzioni, né ci ha ordinato di restare a Herun. E nessuno può viaggiare da solo nell’entroterra.
— Mi chiedo se lei non abbia guardato al di là dei confini di Herun, e non lo abbia visto andare… — Alzò la testa di scatto, come sul punto di dare qualche ordine, poi ebbe una smorfia e tacque.
Trika disse, gravemente: — Lyra, nessuna di noi sa cosa fare. È vero, non abbiamo ordini. Sarebbe molto meglio per tutte se tu rinunciassi a dare le dimissioni, almeno per un po’.
— Va bene. Sellate i cavalli, e andiamo a Corona. Per quanto voglia viaggiare in incognito, anche la Morgol deve aver lasciato delle tracce.
Le guardie si dispersero. Raederle sedette accanto a Lyra. Tacquero, lasciando passare uno dei marinai che fischiettando stava portando a terra il cavallo di Lyra. La ragazza bruna si appoggiò di traverso la lancia sulle ginocchia, e si volse a Raederle. — Pensi che io faccia bene a seguirla?
Raederle annuì. Aveva ancora negli occhi il volto segnato dell’arpista, l’insolito sorriso divertito che il fuoco gli delineava agli angoli della bocca mentre beveva, l’amara ironia di una voce che non era mai stata distorta da quel sentimento. Mormorò: — Sì. Lei avrà bisogno di te.
— E tu che farai? Vuoi venire con noi?
— No. Proseguirò via mare fino a Caithnard con Corbett. Se Morgon è andato a sud, forse si fermerà là.
Lyra la osservò. — Andrà fino ad An.
— Forse.
— E poi dove credi che andrà? A Lungold?
— Non lo so. Dovunque pensi che ci sai Deth, suppongo.
Seduta sulla sinistra di Lyra, Tristan sollevò la testa. — Tu credi che verrà a Hed prima di aver fatto… quella cosa? — disse, con inaspettata amarezza. — O il suo piano è di ammazzare Deth e poi tornarsene a casa, e dire a tutti ciò che ha fatto? Le altre due la fissarono. I suoi occhi erano gonfi di lacrime che non s’era curata di asciugare, la sua bocca aveva una piega dura. Abbassò gli occhi sulla superficie del molo. — Se non si spostasse così in fretta, se potessi soltanto raggiungerlo, forse potrei persuaderlo a tornare a casa. Ma come posso farlo, se viaggia senza un attimo di pausa?