— Mi spiace — rispose lui, contrito. — Nessuno lo ha più visto. Ho lasciato Kraal via fiume, con una nave mercantile; lungo il percorso ci siamo fermati cinque volte, e ho perso il conto di tutta la gente a cui ho dovuto dire la stessa cosa. C’è una cosa, però, che dovrò riferire a tuo padre. — Sorrise ancora, sfiorandole una guancia. — Sei sempre più bella. Bella come la terra di An. Ma che stai facendo fra i maiali di Raith?
— Sono venuta a parlare con la guardiana dei porci. La quale, se non lo sai, è una persona molto più saggia e interessante di altri.
— Sul serio? — Elieu si volse alla donna, che abbassò gli occhi imbarazzata.
— Credevo che tu avessi superato questi comportamenti infantili — brontolò Raith. — Non è stato saggio cavalcare senza scorta da Anuin a qui. E mi meraviglio che tuo padre… Un momento, lui sa dove ti trovi?
— Sono certa che avrà fatto ipotesi quanto mai precise.
— Stai dicendo che tu…
— Oh, Raith! Se mi va di comportarmi da persona poco saggia questi sono soltanto fatti miei!
— Per carità, scusa tanto! Ma guardati: i tuoi capelli hanno l’aria d’essere stati usati come nido da passeri e ragni.
D’istinto la fanciulla alzò una mano, passandosela fra i vaporosi capelli d’oro rosso, ma subito la riabbassò. — Anche questi sono affari miei — ribatté freddamente.
— Non è confacente alla tua dignità far comunella con la mia guardiana dei porci, come se tu fossi una… come se fossi…
— Ti prego, Raith. Lei ed io siamo parenti. E per quanto ne so ha perfino gli stessi diritti che ho io di stare alla corte di Anuin.
— Non sapevo che foste parenti — disse Elieu, interessato. — E come?
— Tramite Madir. Era una donna piuttosto intraprendente.
Raith emise dal naso un lungo e rumoroso sospiro. Poi stabilì, in tono cattedratico: — Tu hai bisogno di un marito. — Con un gesto secco strattonò le redini, facendo indietreggiare e volgere il suo cavallo. Qualcosa in quell’osservazione colpì sgradevolmente Raederle, che si accigliò a disagio. Poi sentì su una spalla una mano di Elieu.
— Non farci caso — le disse dolcemente il giovane. — Che ne dici di tornare ad Anuin insieme a noi? Sono impaziente di sentirti suonare quel flauto.
— Va bene — sospirò lei. — Verrò, visto che ci sei anche tu. Ma prima dimmi cosa devi riferire a mio padre. Dev’essere importante, se hai fatto tutta la strada da Isig fin qui al sud.
— Già! — Lei sentì una nota di timore superstizioso nella sua voce. — È una cosa che riguarda il Principe… il Portatore di Stelle.
Il grugnire dei porci si fece d’improvviso forte e concitato, quasi che anch’essi avessero riconosciuto quel nome. La guardiana si guardò attorno innervosita. Tesa come un arco Raederle chiese: — Ebbene?
— È una cosa che mi ha detto Bere, il nipote di Danan Isig. Devi aver già sentito raccontare di quella notte in cui Morgon trovò la spada nel posto più segreto del Monte Isig, la notte in cui con essa uccise dei cambiaforma che l’avevano assalito, salvando Bere e se stesso. Un giorno Bere ed io stavamo lavorando in fonderia, e lui mi domandò chi erano i Signori della Terra. Io gli dissi tutto ciò che ne sapevo, e gli chiesi il perché di quella domanda. Allora mi riferì di aver sentito Morgon dire a Danan e a Deth che nella Caverna dei Perduti, dove salvo Yrth non era mai entrato nessuno, ci sono molti bambini: i figli morti dei Signori della Terra. E disse che erano stati loro a dargli la spada stellata.
La guardiana dei porci lasciò cadere la pipa. Scattò in piedi con un movimento così rapido che Raederle ne fu sbalordita. La maschera di vaga ottusità con cui s’era celata i lineamenti era svanita, rivelando un affanno e una forza di carattere che lasciava intuire ben altre conoscenze che quelle riguardanti i maiali. E dalla sua bocca scaturì un Grande Urlo: — Cosa?
L’incredibile grido parve esplodere nell’aria come un fulmine a ciel sereno. Raederle, che s’era schiacciata le mani contro gli orecchi, vacillò e udì oltre al suo stesso gemito di protesta i nitriti dei cavalli terrorizzati, e gli ansiti e le imprecazioni degli uomini che si sforzavano in ogni modo di trattenerli. Ma subito dopo tutto intorno si levò un suono altrettanto inaspettato e terribile dell’urlo della guardiana: l’oltraggiato, agonizzante barrito di protesta con cui rispose l’intero branco di maiali di Hel.
Raederle riapri gli occhi. La guardiana dei porci s’era dileguata, come soffiata via dal suo stesso Urlo. Centinaia di verri e di scrofe, vicini e lontani, stavano ondeggiando e ammassandosi in preda a un panico folle; cacciavano strida selvagge e le loro schiene sembravano le onde di un mare in tempesta. Moltissimi maschi adulti si agitavano come imbizzarriti, con gli occhi chiusi, mentre i maialini stridevano schiacciati in quel marasma, e non poche scrofe gravide s’erano abbattute al suolo. I cavalli, sommersi in quella cacofonia e investiti dai bestioni che correvano qua e là, stavano soccombendo al terrore. Uno di essi indietreggiò travolgendo un enorme verro, e ambedue gli animali emisero versi che mescolandosi suonarono come un corno da battaglia. Nel polverone sollevato dalle zampe scalpitanti, dove riecheggiavano urla umane e nitriti, quello che era stato per nove secoli l’orgoglio di Hel si trasformò in una mandria impazzita che spinse e trascinò via per la radura uomini e cavalli. Raederle, che aveva rinunciato a tutta la sua compostezza femminile per arrampicarsi in fretta su una quercia, vide Raith lottare disperatamente col suo cavallo per raggiungerla al riparo fra gli alberi. Ma l’uomo venne costretto a prendere la fuga attraverso la radura con tutto il suo seguito, compreso Elieu, che piegato sulla sella del suo cavallo rideva da non poterne più. Il branco dei porci andò loro dietro e ben presto tutti quanti, uomini e bestie, scomparvero in distanza fra le piante. La fanciulla restò lì a cavalcioni di un ramo, con la testa che le doleva per i postumi dell’Urlo. Ma al pensiero del Nobile di Hel che galoppava fino alla sala del concilio del Re, follemente tallonato da tutti i suoi maiali terrorizzati, fu colta da un tale accesso di risa che rischiò di precipitare dall’albero.
Tre giorni più tardi, al tramonto, quando stanca per la lunga cavalcata entrò nel grande cortile della dimora di suo padre, scopri che in effetti alcuni dei maiali l’avevano preceduta fin lì. Le mura interne erano adorne degli stendardi dei nobili già arrivati al concilio. E su quello azzurro di Hel qualche spirito ameno aveva aggiunto a carboncino sette porci esausti. Fu costretta a fermarsi e rise ancora fino alle lacrime. Ma il suo umore si raffreddò alquanto allorché ricordò che adesso avrebbe dovuto affrontare Mathom. Mentre uno stalliere correva a prendere le redini del suo cavallo, la fanciulla si domandò perché mai dall’interno della reggia non giungevano voci né rumori. Stupita da quel silenzio salì gli scalini che portavano direttamente alla sala del trono, la cui porta era spalancata, e vide che in mezzo alle lunghe file di tavoli deserti e di sedie c’erano soltanto tre persone: Elieu, Duac e il Re. Nell’udire i suoi passi si volsero.
La giovane donna si fece avanti, esitante. — Dove sono tutti i nobili?
— Fuori — rispose secco Mathom. — Alla tua ricerca.
— L’intero concilio?
— L’intero concilio. Sono partiti cinque giorni fa. E c’è da presumere che, come i maiali di Raith, si siano dispersi in tutte e tre le parti di An. In quanto allo stesso Raith, l’ultima volta che è stato visto era occupato a riunire quanti più maiali poteva, in Aum. — La voce dell’uomo era rigida, ma nei suoi occhi non c’era rabbia: solo un velo, quasi che stesse contemplando pensieri del tutto diversi. — Non ti è balenato il sospetto che qualcuno avrebbe potuto preoccuparsi per te?