Lei cercò di sorridere, e la rigidezza con cui la bocca le rispose la costrinse a riflettere che il suo volto doveva essersi trasformato in una maschera per chi la guardava. — Sì, c’è molta animazione. È piacevole — disse. Si rese conto che in quei giorni il suo silenzio poteva aver messo a disagio il capitano, e si propose d’essere più cordiale.
Di fronte a loro, ai piedi della passerella di una nave dipinta in giallo e arancione, c’era un gruppo di giovani donne che chiacchieravano vivacemente. Le loro lunghe vesti eleganti scintillavano nel vento che le scuoteva; s’indicavano l’un l’altra tutto ciò che vedevano, con occhi brillanti d’eccitazione e commenti divertiti. Il sorriso di Raederle si spense. — A chi appartiene quel vascello arancione?
Il capitano schioccò le dita, ma poi si accigliò, incerto. — Non l’ho mai visto prima. Però giurerei… No. Non può essere.
— Che cosa?
— Quelle sono le guardie della Morgol, ecco chi sono! Non me n’ero reso conto perché lei lascia Herun solo molto di rado.
— Le guardie? — si stupì lei.
— Quelle ragazze, sì. Belle come fiori… ma provate a dir loro una parola storta e vi ritroverete scaraventata in mare a mezza strada fra qui e Hed. — Tossicchiò, imbarazzato. — Uh! Chiedo scusa, signora.
— Non chiedetemi scusa. Però non parliamo più di corvi, capitano.
— Come volete. — L’uomo scosse la testa con un sospiro. — Ma… un corvo! E pensare che ce l’avrei portato io a costo di mettermi ai remi, se ce ne fosse stato bisogno, su per l’Ose fino al Monte Erlenstar.
Lei aggirò un mucchio di barilotti di vino piuttosto pericolanti. Affiancandolo lo guardò negli occhi. — Ne sareste stato capace? Di condurre mio padre su una nave risalente l’Ose?
— Be’… non proprio. Non esiste nave al mondo che possa risalirlo oltre il Passo Isig, a causa delle rapide. Ma se me lo avesse chiesto ci avrei provato.
— Fino a dove si può giungere via fiume?
— Partendo da Kraal, sul mare, si può risalire il Fiume Inverno fino alla sua confluenza con l’Ose, a est di Isig. Ma è un viaggio lento, specialmente in primavera quando col suo disgelo le acque acquistano forza. E occorrerebbe una nave senza chiglia, mentre quelle di vostro padre pescano troppo per quei bassi fondali.
— Ah!
— L’Inverno è un fiume largo e placido, all’apparenza. Ma smuove tali banchi di sabbia che a distanza di un anno giurereste di essere in navigazione su un fiume completamente diverso. Assomiglia a vostro padre: non si può mai dire cosa intenda fare. — Arrossì un poco, ma la fanciulla stava osservando la foresta d’alberi oscillanti e si limitò ad annuire.
— Obliquo e imprevedibile, sì.
Usciti dal porto montarono in sella e attraversarono la città animata e affaccendata, poi spronarono i cavalli su per la salita che sfiorando le bianche spiagge conduceva all’antica Scuola. Sul prato antistante c’erano pochi studenti, per lo più intenti a leggere, e nessuno di loro si prese la briga di alzare il capo per guardarli. Giunti al portone scesero, e il comandante bussò. Uno studente in toga rossa, dall’aria molto frettolosa, venne ad aprire e li interrogò con voce brusca su quel che volevano.
— Siamo venuti a vedere Rood di An.
— Se fossi in voi lo cercherei fra le taverne. Il «Marinaio Solitario», giù al porto, è la più probabile. Oppure «L’Ostrica Reale»… — Sbirciando dietro le spalle del comandante il giovanotto vide Raederle, e con un’esclamazione uscì verso di lei. — Santo cielo, Raederle! Mi spiace, signora, non m’ero accorto di voi. Desiderate entrare e aspettare qui il ritorno di vostro fratello?
La giovane donna riuscì finalmente a ricordare il nome dello studente di enigmi! — Tes! Come stai? Non ho dimenticato chi mi insegnò a fischiare.
Un sorriso di compiacimento illuminò il volto di lui. — Già. Portavo il Blu dei Praticanti Esterni, allora, e voi eravate… eravate… — S’interruppe, intimidito. Poi si volse a Corbett. — Comunque, in biblioteca non c’è nessuno, se non v’importa di aspettare lì.
— No, grazie — disse lei. — So dov’è il «Marinaio Solitario». Però non conosco «L’Ostrica Reale».
— In via della Vecchia Goletta. Ricordate? Di fronte all’«Occhio della Strega Marina».
— In nome di Hel! — sbottò Corbett. — Si può sapere di cosa parli? Non ti aspetterai che la signora conosca il nome di tutte le dannate bettole di questa città, per caso?
— Pare invece che io abbia una certa cultura in materia — lo informò Raederle con un filo d’asprezza. — Ogni volta che sono venuta a fargli visita, Rood aveva il naso infilato in un boccale di vino. O in un libro. Speravo che stavolta sarebbe stato in un libro. — Trattenendo il suo cavallo per le redini esitò, poi chiese: — Lui ha… voi avete avuto qualche notizia da Hed?
— Certo. — Il giovane si accigliò, abbassò la voce. — Già. Ieri sera è passato di qui un mercante che aveva fatto scalo a Hed. La Scuola è un po’ in subbuglio. È da allora che non vedo Rood. Sono stato in piedi tutta la notte coi Maestri. — Nel vederla sospirare ebbe un gesto di scusa. — Vi aiuterei a cercarlo, ma ho avuto l’ordine di andare giù al porto. Devo scortare qui alla Scuola la Morgol di Herun.
— Non preoccuparti. Lo cercheremo noi stessi.
— Io lo cercherò — puntualizzò Bri Corbett, con enfasi. — Vi prego, signora. Le taverne di Caithnard non sono posto per voi.
Lei fece girare il cavallo. — Avere un padre che se ne va attorno in forma di corvo dà una certa qual noncuranza per le formalità. Inoltre io so quali sono i suoi posti preferiti.
Ma un’ora dopo li avevano già esplorati tutti senza successo. Quando ebbero però domandato in una mezza dozzina di taverne l’avvenenza di Raederle aveva procurato loro un codazzo di studenti desiderosi di aiutarla, tutti conoscenti di Rood, e costoro li precedettero da un locale all’altro eseguendo in ciascuno una metodica perquisizione. Fuori da uno di essi la giovane sbirciò da una finestra, e quando notò che frugavano perfino sotto i tavoli mormorò stupita: — Ma dove lo trova il tempo di studiare?
Bri Corbett si tolse il cappello e lo usò per farsi vento. Stava sudando. — Signora, permettetemi di ricondurvi alla nave.
— No.
— Voi siete stanca. E dovete essere affamata. Vostro padre mi metterebbe a ramazzare il ponte di una nave, se sapesse che vi lascio strapazzare a questo modo. Troverò io Rood, e lo porterò a bordo.
— Voglio cercarlo io. Devo parlargli.
Gli studenti sciamarono all’esterno con aria delusa. Uno di loro decise: — Resta soltanto la locanda «Cuore e Speranza», nella via del mercato del pesce. Proviamo anche là.
— La via del mercato del pesce?
— Nell’angolo meridionale del porto, signora. — La informò lui, e aggiunse: — È meglio che aspettiate qui, se volete un buon consiglio.
— Vengo anch’io — disse lei.
Sotto il sole caldo del pomeriggio la strada dove i pescatori vendevano all’ingrosso sembrava avere un’atmosfera solida e vibrante, tant’era intenso l’odore del pesce che cominciava a infrollire nelle ceste. Bri Corbett storse il naso con un brontolio. Raederle invece, al pensiero d’essere passata dagli eterei ambienti della Scuola degli Enigmi alla più sudicia e maleodorante strada dei sobborghi, piena di lische e resti di pesce fra cui si azzuffavano i gatti, fu costretta a ridere stancamente.
— Locanda Cuore e Speranza… ora capisco. Due virtù indispensabili, per sopportare questo odore!
— Eccola qui — sospirò Bri Corbett, mentre gli studenti sparivano in un edificio il cui aspetto gli aveva fatto sbarrare gli occhi.
La locanda era una costruzione in legno così stinto, cadente e polveroso, che non si capiva come il pianterreno potesse sostenere il peso del primo piano. Ma oltre le finestre sudice sembrava esserci un notevole affollamento di clienti, popolani e marinai, garzoni e prostitute, il cui vociare colorito fece stringere i denti al comandante. L’uomo poggiò una mano sul collo del cavallo di Raederle. — Questo è troppo. Dovete lasciare che vi conduca alla nave, adesso.