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In quest’anno di questa vostra epoca, vi sarà di conforto sapere questo, poiché le vostre menti sono turbate. Forse — lo so — vi conforterà sapere che la prossima guerra atomica, quella che avrà probabilmente luogo nella vostra generazione, non sarà una guerra finale: è troppo presto, non disponete ancora di quelle anni veramente micidiali che l’uomo tante volte ha già inventato. Sì, farete un passo indietro: per un secolo, o per alcuni secoli, saranno tempi cupi. Poi, ammaestrati dal ricordo di quella che definirete “terza guerra mondiale”, crederete di essere rinsaviti, come l’uomo ha sempre pensato dopo ogni guerra atomica di poco conto.

Se non m’inganno, per un po’ vi controllerete. Tornerete tra le stelle e scoprirete di esserci già stati. Che diamine, tra cinquecento anni tornerete su Marte, e io sarò con voi, per rivedere quei canali che un giorno anch’io scavai. Non vado lassù da ottantamila anni, e mi piacerebbe sapere che cosa è successo col passare del tempo a quanti di noi rimasero abbandonati lassù l’ultima volta che il genere umano dimenticò l’arte della navigazione spaziale. Certo, anche loro avranno ricalcato il solito schema, ma non necessariamente allo stesso ritmo. Non so a quale stadio del ciclo li troveremo, ma certamente non all’apice: se fossero all’apice del ciclo, non dovremmo essere noi ad andare da loro, sarebbero loro a venire da noi, convintissimi, come ormai credono, di essere dei marziani.

Mi domando fino a che punto arriverete, questa volta. Spero non fino al punto di Thragan, comunque. Spero che l’arma che Thragan usò contro la propria colonia di Skora non venga mai più riscoperta: a quei tempi, Skora era il quinto pianeta ma i Thragan lo ridussero ad una serie di asteroidi. Ovviamente quell’arma potrebbe essere costruita soltanto se i viaggi intergalattici tornassero ad essere una cosa d’ogni giorno. Se questo accadesse, sarei costretto a lasciare la galassia, ma mi dispiacerebbe. Amo la Terra, e vorrei passare su di essa il resto della mia vita mortale, ammesso che il pianeta resista a sufficienza.

Forse non sarà così, ma la razza umana sopravviverà, sopravviverà dappertutto e per sempre poiché non sarà mai sana di mente e solo la follia è divina. Solo i pazzi distruggono se stessi e tutto ciò che possiedono

E solo la fenice vive in eterno

Titolo originale: Letter to a Phoenix

© 1949 by Street Smith Publications;

© 1977 by The Estate of Fredric Brown. Originally appeared in “Astounding Science Fiction”, August 1949

Traduzione di Giuseppe Lippi