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Jack Williamson

L’impero dell’oscuro

PREFAZIONE

Esisteva un tempo un grande impero, un impero-isola le cui flotte regnarono sui mari per mille anni, la cui ricchezza e il cui fulgore abbagliarono il mondo intero. E poi, questo potente impero venne distrutto… in modo repentino e terrificante, come se un immane cataclisma si fosse d’un tratto abbattuto sulla sua civiltà orgogliosa.

La sua caduta è ancora un mistero. Perché il crollo avvenne bruscamente, come per lo spezzarsi repentino di un filo, quando l’impero si trovava al culmine dello splendore e della potenza.

Le flotte che avevano protetto il suo florido commercio e le città aperte, mai protette da mura o bastioni, sparirono d’un tratto, come se qualcosa le avesse volatilizzate. La capitale imperiale, dove gli uomini avevano dimorato per diecimila anni, venne messa a ferro e fuoco, saccheggiata e bruciata e rasa al suolo dall’esplosione di un improvviso sisma. La sua popolazione si frammentò, disperdendosi ai quattro angoli del mondo, e con il passare del tempo i superstiti e gli eredi di tanto splendore smarrirono perfino il ricordo dell’antica grandezza.

La storia dello splendore memorabile di quell’impero, e della sua scomparsa, diventò ben presto leggenda. I padri la narrarono ai figli e questi la narrarono ai loro figli, e così via, di generazione in generazione: e tramandata di bocca in bocca, lungo il gran fiume del tempo, la storia cominciò a confondersi, a smarrire le sue connotazioni precise, i particolari vennero distorti, come sempre accade alle storie che diventano leggende, e l’insieme si confuse. Gli uomini giunsero così a chiamare quel perduto impero con il nome di Atlantide, sinonimo di un mondo irrecuperabile, e con l’ulteriore trascorrere del tempo, essi dubitarono perfino che mai fosse esistito.

Ma la descrizione di Atlantide che Piatone acoltò dalla viva voce dei sacerdoti egizii… praticamente in ogni particolare, a eccezione della sua confusa ubicazione al di là delle Colonne d’Ercole, e della completa scomparsa dell’impero sotto le acque furiose del mare… si adatta perfettamente a ciò che oggi sappiamo della Creta Minoica.

E anche i conquistatori narrarono a modo loro ciò che era accaduto, dando la loro versione della conquista. Minosse, il dio-sovrano, il mostruoso Minotauro signore del nero Labirinto, Dedalo, l’artificiere sommo, inventore e conoscitore di ogni piega arcana della scienza, e Arianna dalle lunghe trecce dorate, insieme al vittorioso eroe greco… tutti questi personaggi divennero i protagonisti di uno splendido mito.

Ma solamente un mito… fino a quando, circa cento anni fa, un povero ragazzo che si chiamava Heinrich Schlieman ebbe in dono un libro di storia che parlava della Grecia di Omero. Il ragazzo vide uno splendido disegno che raffigurava le mitiche mura di Troia, e si disse che quelle mura poderose non potevano essersi sgretolate, e che neppure la polvere di trecento secoli avrebbe potuto obliterarle completamente.

Schlieman ignorò lo scherno e la sufficienza degli scienziati e dei dotti rappresentanti della scienza ufficiale. Cominciando la sua esistenza nel modo più umile, guadagnandosi qualche spicciolo come modesto garzone di drogheria, una paga misera e un lavoro massacrante, riuscì a studiare, a farsi una cultura, a guadagnare una fortuna, per coronare infine quel suo splendido, cocciuto, incrollabile sogno di ragazzo… scavando nella collina d’Hissarlik, egli mise alla luce non una sola città di Troia, ma addirittura nove!

Le porte stupende di un mondo dimenticato che era esistito prima di Omero vennero perciò spalancate alla scienza. Sir Arthur Evans fu uno degli uomini brillanti che seguirono i passi di Schlieman. Fu proprio lui a disseppellire il maestoso edificio che era il cuore vitale di quel mondo perduto… il Palazzo di Minosse, a Cnosso, nell’isola di Creta.

Perfino il favoloso trono di pietra lavorata sul quale aveva seduto Minosse era rimasto intatto, con gli stupendi bassorilievi e gli affreschi che adornavano la sala del trono; è possibile vederne una riproduzione fedele al Metropolitan Museum di New York. Scavi compiuti in altre località dell’isola, a Creta, a Micene e a Tirinto, hanno contribuito a completare un disegno, che illustra una realtà certo più sorprendente della leggenda di Atlantide e dei miti greci.

Si trattava di un mondo singolarmente moderno, nel senso più completo e vicino della parola, e le pale degli archeologi hanno portato alla luce frammenti sempre più sconcertanti. Moderno in maniera addirittura allucinante, se pensiamo ai suoi vari aspetti, come i lavori idraulici, le fognature, l’arte, l’architettura, persino la moda femminile. Ogni scoperta effettuata a Cnosso porta alla luce la realtà di una corte lieta e progredita, addirittura sofisticata nei suoi costumi e nelle sue usanze.

Ma il mondo minoico aveva anche la sua faccia tenebrosa. L’archeologia suffraga la truce leggenda del Minotauro. Le pitture murali mostrano uomini e fanciulle impegnati nel mortale gioco del ‘salto del toro’; e il dottor Evans scoperse perfino i pozzi delle segrete, nei quali le vittime di una crudele religione dovevano essere rimaste prigioniere, in attesa del sacrificio.

Ma anche quando tutti i frammenti portati alla luce sono stati uniti, alla ricerca di un disegno coerente e completo, la Creta Minoica resta un enigma strano e affascinante. I minoici, certo, hanno lasciato delle testimonianze, dei documenti. Si può dire, anzi, che essi siano stati i primi stampatori… servendosi di caratteri mobili da stampa da usarsi su tavolette di argilla; e il loro stesso alfabeto deve essere stato trasmesso ai Fenici, dopo la catastrofe, attraverso i Filistei, che a quanto sembra furono dei profughi del mondo minoico. La scrittura minoica, nota sotto il nome di ‘Lineare B’, venne brillantemente decifrata agli inizi degli anni ’50 da Michael Ventris, che dimostrò che si trattava di una versione del greco. Altre recenti ricerche nel campo dell’archeologia minoica, però, hanno generato più interrogativi, discussioni e polemiche, che fatti: e la vera storia della caduta di Cnosso resta ancora velata dalla nebbia del mito e della magia.

La caduta dello spietato e decadente dispotismo minoico, a quanto sembra, deve essere stato uno degli eventi fondamentali della storia: perché la democrazia e la civiltà della Grecia, le basi della nostra cultura, potevano essere costruite soltanto sulle rovine dell’opprimente età minoica. Il conquistatore greco che abbatté questo impero, quindi, deve essere considerato uno degli uomini più grandi della storia. La leggenda ci ha tramandato il suo nome… Teseo.

Cnosso cadde. La coincidenza tra il sisma, il ferro e il fuoco, che abbatterono il gigante supremo, resta ancora un nero enigma. Ma il più antico e grande palazzo del mondo venne tramutato in un cumulo di rovine. Per tremila anni, rimase abbandonato, deserto e dimenticato.

Un terreno spoglio, stregato e mortale, dimenticato e temuto dagli uomini e perfino dalle piante che non volevano germogliare sulle rovine…

La magia e i rituali occulti… come è confermato dai ritrovamenti di Evans, McKenzie, Pendlebury, Haweses e molti altri… avevano un ruolo preponderante, minacciosamente importante, nella vita di Creta. L’ancestrale, immemorabile Cnosso poteva essere stata la culla delle arti magiche. L’incomprensibile rompicapo offerto dalla leggenda, dall’archeologia, e dalle frammentarie testimonianze egizie, sembra inevitabilmente assumere un disegno tremendo e spaventoso.

La risposta più plausibile a tutti gli enigmi della Creta Minoica è una sola…

…la magia nera!

CAPITOLO I

«Quali sono gli auspici, capitan Fuoco?» Cirone, il barbuto pirata dorico, aveva l’aria nervosa. Una mano pelosa stringeva uno dei sostegni dell’albero della lunga galera, e il suo viso segnato dalle cicatrici era una maschera d’apprensione, mentre fissava la distesa azzurrina e sfavillante delle acque che i verdi promontori parevano incorniciare. «Dobbiamo fuggire verso le isole?»