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«Snish, dammi le sembianze di Gothung!»

Aspettando il mutamento, Teseo fissò il piccolo stregone, che tremava nell’acqua. Il fodero delle spade cominciava a fargli male, contro il fianco, e meccanicamente lui allargò la cintura. Una lunga ciocca di capelli gli cadde sul viso. I capelli erano biondi come la paglia.

«È fatto, capitan Fuoco!» pigolò il piccolo stregone. «Ma ricorda… l’incantesimo è debole. Se qualcuno ti tocca… basta solo un bacio… tornerai a essere il pirata braccato!»

Teseo stava fissando le sue mani. Non erano quelle che conosceva, ma erano grosse come prosciutti, arrossate dal sole, coperte di una peluria biondiccia.

«Dimentica capitan Fuoco,» mormorò. «Io sono Gothung il Normanno… un semplice marinaio, naufragato sulla costa di Creta.» Guardò Snish. «Ma… e il tuo aspetto?»

Il piccolo stregone tremò violentemente.

«Non cambierò certo aspetto a Creta!» gracchiò. «Gli stregoni di Cnosso sono troppi e troppo gelosi. Il particolare benvenuto che essi riservano ai maghi stranieri è famoso, anche a Babilonia.» Cominciò a battere i denti. «Ed è una cosa tremenda! No, io sono soltanto il povero ciabattino, Snish. E non tenterò alcun sortilegio, padrone, salvo quelli che tu potrai domandarmi!»

Il vento li aveva portati verso la riva. La spiaggia era a non più di un tiro d’arco da loro, quando Snish sollevò il capo di nuovo, e il suo viso giallastro diventò verde per la paura.

«Capitano Gothung!» pigolò, debolmente. «È Talos… che sta arrivando dal promontorio!»

Il piccolo stregone aveva proclamato d’essere incapace di nuotare. Ma in quel momento trattenne il fiato, lasciò l’improvvisata zattera, e si immerse con la perizia di una foca. La zattera proseguì verso la riva. Teseo guardò nella direzione indicata dal mago, e vide una macchia d’alberi. Poi, uno splendente gigante di metallo apparve, e avanzò tra i marosi.

Talos era alto il doppio di un uomo. Il metallo del suo enorme corpo pareva caldo e vivo; la pelle lucente si piegava e si increspava, quand’egli si muoveva. E le onde che colpivano le sue gambe possenti sibilavano, dando vita a masse di vapore biancastro, cosicché Teseo seppe che la corsa del mostro doveva avere surriscaldato quel metallo… Talos doveva essere giunto a una velocità incredibile davvero!

«Uomo,» una potente voce bronzea echeggiò al di sopra della risacca, «chi sei?»

Gli occhi di Talos parevano le bocche di una fornace; il loro splendore giallo era insostenibile. Il suo immenso viso splendente rifletteva una forza semplice e terribile… una forza, pensò Teseo, che riposava soprattutto nei suoi muscoli di metallo. Con l’acqua che fumava ed evaporava intorno al suo corpo nudo, il gigante aspettò una risposta.

Teseo si guardò intorno, alla ricerca di Snish, e cominciò a sospettare che il piccolo stregone si fosse trasformato in pesce. Si portò le mani alla bocca, a imbuto, e gridò per superare il suono della risacca:

«Io sono soltanto un semplice marinaio, che cerca di raggiungere la riva dopo il terribile naufragio.»

Gli occhi di fiamme guardarono lontano, oltre la zattera, verso gli scogli, e la voce possente di Talos rimbombò di nuovo:

«Di quale nave si trattava?»

«Era una nave pirata,» gli disse Teseo. «Il vento magico di Minosse l’ha gettata contro gli scogli, questa notte. Io ero prigioniero, incatenato ai remi. Ho supplicato Minosse e l’Oscuro, ed essi mi hanno risparmiato la vita.»

Gli occhi fiammeggianti di Talos tornarono a posarsi su di lui.

«Chi era il capitano dei pirati?»

«Un acheo, un uomo alto dai capelli rossi.»

«Si chiamava Fuoco?»

«I pirati,» disse Teseo, «lo chiamavano capitan Fuoco.»

«Capitan Fuoco!» la voce di Talos era più forte di un tuono. «Dove si trova, adesso?»

«Giace sul relitto,» gridò Teseo, «è rimasto ferito durante la battaglia con la flotta, e quasi tutti i pirati sono stati uccisi. Stava fuggendo incalzato dalla tempesta, per salvarsi, quando la nave ha urtato gli scogli. L’albero maestro gli è caduto sulle gambe, e lo ha inchiodato sul ponte. Mi ha maledetto, quando io l’ho lasciato, e ha insultato il nome di Minosse e dell’Oscuro.»

Talos si fece avanti, e l’acqua sibilava intorno al suo lucido corpo rovente.

«Questa è la sua ultima follia,» disse la voce bronzea, «perché Minosse sapeva che il pirata si sarebbe avvicinato a questa costa, stanotte, e mi ha mandato qui per distruggerlo.»

L’uomo di bronzo, si fermò di colpo, e i suoi occhi fiammeggianti scrutarono Teseo con aria astuta.

«Talos non è uno stupido,» ruggì. «Non sarai per caso anche tu uno dei pirati, che cerchi di fuggire prima che l’ammiraglio ti prenda per i giochi o per l’Oscuro?»

«Chiedilo a capitan Fuoco,» consigliò Teseo, «quando lo troverai.»

«Lo chiederò a capitan Fuoco,» ruggì l’uomo di bronzo. «Prima di strappargli le braccia e la testa e il resto del suo corpo. E se tu mi hai mentito, non mi sfuggirai. Perché, ricordatelo bene, Talos non è uno stupido!»

Sorpassò la zattera. Le onde sibilarono, sopra le sue spalle. Poi il vapore si alzò sulla sua testa, e l’acqua coprì il corpo di bronzo. La sua testa bronzea riapparve per un breve istante, quando egli superò uno scoglio, e poi scomparve definitivamente.

La zattera toccò terra. Teseo scese, e corse verso la spiaggia. Si voltò, chiedendosi cosa fosse accaduto a Snish. Il piccolo stregone uscì dall’acqua, come d’incanto, e salì sulla spiaggia, barcollando. Aveva il viso bluastro, e respirava affannosamente.

«Splendido, Gothung!» ansimò. «Tu menti come un cretese. Ma pensavo di annegare, prima che l’uomo di bronzo se ne andasse. Sparire è la cosa migliore, per noi, prima che lui ritorni.»

Attraversarono un ampio sentiero polveroso, dove delle enormi impronte di piedi metallici apparivano, a una distanza di tre metri una dall’altra, e cominciarono a salire lungo i fianchi boscosi della collina. Teseo apriva la strada e il piccolo stregone lo seguiva, squittendo e annaspando.

Dopo qualche tempo, uno schianto lontano raggiunse Teseo, come se gli alberi fossero stati abbattuti, vicino alla riva, da qualche essere colossale.

Con uno scatto prodigioso, Snish superò Teseo.

«Il nostro amico di bronzo,» gracchiò, sorridendo, «che non è uno stupido!»

Ma Talos non li raggiunse, e dopo qualche tempo Teseo e il suo compagno superarono la cima boscosa della collina, e videro la valle che si stendeva più oltre. Dei fiori brillavano nei prati erbosi. Le basse colline erano coperte di olivi e di vigneti, e un fiume, in basso, attraversava dei campi bellissimi e fecondi. Le case multicolori di un lontano villaggio facevano capolino tra gli arbusti.

«Un magnifico paese!» sospirò Snish. «È bello come le pianure che circondano la mia perduta Babilonia!»

«È un magnifico paese.» La voce di Teseo era cupa. «La sua bellezza è niente, se è stretta nella morsa della più malvagia stregoneria. Ma noi siamo venuti per liberare questa terra!»

Scesero nella valle. Snish supplicò Teseo di nascondere la Stella Cadente, lungo la strada. La spada era troppo bella, disse, per appartenere a un semplice marinaio scampato a un naufragio; li avrebbe senza dubbio traditi, prima o poi.

Teseo non voleva abbandonare l’arma. Ma avvolse l’elsa con degli sterpi, e macchiò di sporco e di fuliggine la magnifica lama. Così nessuno l’avrebbe riconosciuta.

Un pastore offrì loro la colazione, e mangiarono formaggio, vino e frutta. Quando raggiunsero il villaggio, Snish trovò il mastro mercante del luogo, e vendette uno dei suoi verdi braccialetti di giada, per una manciata di sicli d’argento.

Dal villaggio, presero la strada che portava a occidente, dirigendosi verso Cnosso. Era una strada lastricata, e in perfette condizioni. Vi incontrarono delle carovane di mercanti, e alcuni nobili, in carrozza o in palanchino.