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Teseo fissò il suo viso.

Era bianco, immobile, gelido. Freddo come una statua di ghiaccio, e gli occhi verdi erano cupi, e annebbiati da un odio sprezzante.

Si fermò davanti a Teseo, e guardò l’aria.

La voce sepolcrale di Dedalo gracchiò:

«Attraverso Arianna, che è il suo altare in Terra, ed è pure figlia di Minosse e incantatrice dei serpenti, la Madre di Tutti, Cibele, prende colui che è stato Gothung il Normanno come suo sposo onorato, e gli dà il benvenuto nel consesso degli dei.»

Arianna rimase immobile, orgogliosa e sprezzante, di fronte a Teseo, eppure i suoi occhi freddi rifiutarono di guardarlo. Le mani nere di Dedalo le tolsero la lunga veste. Lei rimase con una sottile veste verde, trasparente e aperta, che rivelava tutto lo splendore del suo corpo.

La voce di Dedalo echeggiò cupamente:

«Vuoi tu, Arianna, ricettacolo di Cibele, accettare questo nuovo dio nel tuo cuore?»

La colomba bianca agitò le ali, sulla spalla di Arianna, e il serpente d’argento si agitò alla sua cintura. Gli occhi del serpente erano gemme cremisi, che luccicavano maligne. La voce di Arianna era debole e fredda, quando lei rispose:

«Sì, lo accetto.»

Teseo rimase immobile, e vide un leggero rossore salire alle gote della dea. Si rilassò un poco, e osò sorridere, di fronte al suo sdegno impotente. Le cose stavano procedendo bene, al di là di ogni sua aspettativa.

Ma Dedalo gracchiò, rivolgendosi ad Arianna:

«Allora accogli il nuovo dio con un bacio di sposa… perché ora tu sei la sua sposa.»

Il volto di Arianna era pallidissimo e teso, e gli occhi verdi mandavano lampi di sdegno. Teseo sorrise.

«Abbiamo già discusso sui doveri della maternità,» disse a Dedalo. «Perdoniamole, adesso, il suo carattere così femminile. Troverò tempo, in seguito, per insegnarle gli obblighi di una sposa.»

Il volto contorto dello stregone era una livida maschera di odio. Fissò a lungo Teseo, come se volesse consumarlo con il sinistro potere dei suoi occhi. Alla fine si voltò, furioso, e si avvicinò all’ascia di pietra, sull’altare.

«Essendo io la mano dell’Oscuro,» disse raucamente il grande stregone, «ora offro al nuovo Minosse la sacra ascia, le cui lame gemelle sono la perizia della guerra e l’arte della pace, e che rappresenta il simbolo della reggenza dell’Oscuro.» Allungò la mano verso l’antica ascia, ma…

«Ferma!» sibilò la voce flautata di Minosse. «Egli non è ancora un dio!»

C’era qualcosa di terribile in quel viso roseo e sorridente, e gli occhi azzurri scintillavano di malizia. Roseo e tarchiato, senza il suo bianco abito, Minosse andò accanto alla figlia, e le mormorò qualche parola all’orecchio.

Guardando con apprensione la scena, Teseo vide che il gelido viso di Arianna si riscaldava, che i suoi lineamenti di pietra si addolcivano in un luminoso sorriso. La dea guardò Teseo, e i suoi occhi verdi splendevano di una luce spietata di trionfo. Ansiosamente, la sua voce dorata disse:

«Aspetta! Mi rendo conto dei miei doveri. Il nuovo dio deve ricevere il saluto che gli è dovuto!»

Si avvicinò a Teseo, con aria sollecita e premurosa. La colomba bianca mosse le ali, per mantenere l’equilibrio, e gli occhi di rubino della cintura serpentina brillarono malignamente. Lisce, bianche e calde, le braccia della dea circondarono le spalle di Teseo.

«Mio divino padrone!» La sua voce era dolcissima, piena di un’ironia soave che risplendeva anche nei suoi occhi verdi. «Un bacio!»

Teseo capì che Minosse lo aveva preso in trappola. Disperatamente, cercò una via di scampo. Strinse le spalle levigate di Arianna, e la scostò, rudemente.

«Tu me l’hai rifiutato,» disse, «ora aspetta che io sia pronto.»

Ma Minosse sorrise, un sorriso fanciullesco e ilare, e gli strizzò l’occhio, allegramente. E Teseo scoprì, improvvisamente, di essere avvinto dalle stesse corde invisibili che lo avevano paralizzato al centro dell’arena, sopra il segno della doppia ascia.

«Ora, mio signore.» Gli occhi di Arianna ridevano. «Un bacio!»

Il suo bianco corpo slanciato fu di nuovo contro quello di Teseo, e lui non riuscì a muoversi. Deliberatamente, le calde labbra rosse di lei cercarono quelle dell’uomo, e le toccarono. Teseo, bruscamente, sentì che Arianna lasciava cadere le braccia, e che la veste di Minosse scendeva sul suo corpo in maniera diversa da prima. E Arianna indietreggiò, fingendo una grande sorpresa, con gli occhi meravigliosi che le ridevano.

«Chi sei tu, testarossa?» domandò, ironicamente. «E dov’è il divino sposo di Cibele?»

Libero finalmente dagli invisibili, magici legami, Teseo abbassò lo sguardo, vide le sue mani. Erano abbronzate, e sottili, con le dita affusolate… le sue, non le enormi mani del normanno. Strinse i pugni, sconfitto.

Udì la risata di Minosse.

«Guarda, Talos!» mormorò la voce femminea del re. «Ecco il prigioniero che tu cercavi… il pirata Fuoco! Mi ha rubato la veste! Prendilo! Gettalo nella segreta più profonda, dove aspetterà la giustizia dell’Oscuro.»

Con un suono soffocato, di trionfo, Dedalo strappò a Teseo la bianca veste, e la rimise sul corpo roseo di Minosse. Il sovrano stava tremando, era scosso dalle risa, e il volto era grinzoso come non mai.

«Ma noi stavamo mettendo sul trono il mio successore,» singhiozzò, tra le risa, «dove sarà mai il normanno?»

Il pavimento tremò, e Talos avanzò verso Teseo. Nell’istante che gli era rimasto, Teseo afferrò Arianna, la strinse così forte che lei ansimò per il dolore.

«Questa non è la fine,» alitò, «mia sposa!»

Qualcosa dentro di lui, però, gli diceva che quella era davvero la fine.

Ricordò l’arena. Ricordò che Minosse aveva scommesso con calma sovrumana sulla vittoria di Gothung. Improvvisamente, fu sicuro che quell’ometto roseo e gioviale, dagli occhi perennemente ilari, aveva scoperto il suo travestimento fin dall’inizio, e che la sua sorprendente vittoria nell’arena e questa rivelazione ritardata erano state soltanto un gioco… un gioco per rompere il tedio che doveva giungere, dopo trenta generazioni di vita.

Doveva essere così. Certo, doveva essere proprio così. E che stupido era stato, lui, a credere di poter spezzare il giogo che gravava da mille anni su Creta! E come dovevano avere riso… beffandosi di lui, della sua speranza di vincere quel cimento, di conquistare quel trono inviolabile!

La calda, irresistibile mano di Talos afferrò il braccio di Teseo, e lo trascinò via.

Voltandosi, egli vide che Minosse era ancora scosso dalle risa.

Arianna lo seguiva con lo sguardo, invece, e aveva una strana espressione di sorpresa, e il suo viso era bianco come le piume della sua colomba.

CAPITOLO XIII

La segreta, perduta nei sotterranei di Cnosso, non era dissimile dal pozzo in cui Teseo aveva aspettato il giorno dei giochi. Un pozzo quadrato, dalle pareti di granito, scavato nella roccia viva, umido per l’acqua che filtrava dalle pareti, freddo e sinistro, ove regnava un odore di decomposizione che faceva gelare il sangue. Teseo era totalmente solo.

Neppure il più fievole raggio di luce, però, raggiungeva il pozzo, per distinguere il giorno dalla notte, e l’oggi dal domani. Nessun rumore filtrava dal mondo dei vivi, in alto. Teseo sapeva che dovevano esserci delle guardie, nei cupi corridoi di pietra che si stendevano in alto, ma non udì neppure il sospiro di una voce, o il fruscio del più leggero dei passi. La segreta era un sepolcro dei morti viventi.

Nell’altro pozzo, prima dei giochi, Teseo aveva affermato che un uomo avrebbe potuto fuggire anche da un luogo del genere… se ciò fosse stato necessario. Ora, si disse Teseo, questo era necessario. E provò a far funzionare il piano che aveva escogitato.