Il ciambellano, il confidente di Phaistro, si stava inchinando a lui, sulla porta.
«Portami la colazione,» ordinò Teseo.
«Un uovo di quaglia?» domandò il servo. «E dell’acqua?»
«Zuppa e latte,» lo corresse Teseo, «due quaglie allo spiedo, delle torte di miele, un pollo e della frutta…» Il volto impassibile del ciambellano fu solcato da un lampo di sbalordimento, e Teseo decise di non aggiungere altro, anche se in cuor suo avrebbe desiderato continuare nella lista. «E mandami il ciabattino,» aggiunse, passando a tutt’altro argomento, «l’uomo è abile, in certi incantesimi minori babilonesi, e mi ha promesso un filtro prodigioso.»
«Il padrone ha certo bisogno di un filtro miracoloso,» rispose il servo, rigidamente, «se aspira ancora al cuore della dea. Chiedo scusa al padrone per questa impertinenza, e vado subito a procurare la colazione! Sono felice di vedere che il padrone si sente così bene.»
Arrivò la colazione, su un grande vassoio d’argento. Snish arrivò subito dopo, tremando, e con aria di grande apprensione. Si guardava intorno, con evidente disagio. Teseo licenziò gli schiavi, e invitò il piccolo stregone a dividere la sua colazione.
Snish, però, non era dell’umore più adatto per mettersi a mangiare.
«Padrone!» gracchiò, quando gli schiavi se ne furono andati. «Tu conosci il pericolo che il tuo folle piano ha attirato su di noi?»
«Vedo un grande pericolo,» ammise Teseo, «se un uomo ce l’ha fatta ad uscire da quel pozzo, anche un altro può riuscirci. E la presenza di due ammiragli potrebbe creare una certa confusione. Perciò, dobbiamo agire in fretta. Assaggia almeno questi datteri egiziani.»
Snish scosse il capo.
«Il pericolo è molto maggiore, padrone!» mormorò. «Se il tuo travestimento cessasse di avere efficacia… e sai che basta poco per spezzarlo! Un contatto sufficientemente intimo potrebbe farti ritornare capitan Fuoco. Ed entrambi finiremmo nel Labirinto! Se questi stregoni cretesi ci prendono, i miei poveri poteri non ci serviranno più!»
La voce del mago si abbassò, fu rotta dai singhiozzi:
«Perché, padrone, hai voluto mettermi alle costole i marinai di Phaistro?» Tremò, e due grosse lacrime gli apparvero negli occhi sporgenti. «Io avevo venduto i gioielli di Tai Leng, e avevo comprato un piccolo negozio in una buona strada, con cuoio, stampo, martello e ago. Gli affari vanno molto meglio qui che in Babilonia, e io ho imparato ad accontentarmi.»
Snish si soffiò il naso.
«Ero felice, padrone,» sospirò. «Lavoravo per tutta la giornata… fino a quando gli uomini dell’ammiraglio sono venuti, con le tenebre, e hanno abbattuto le porte della mia bottega, e mi hanno soffocato con grandi bavagli, e mi hanno trascinato senza una parola di spiegazione nelle segrete, sotto Cnosso.»
Gli occhi gialli ammiccarono.
«Ricorda, padrone, io non sono un audace soldato di ventura. Sono soltanto un ciabattino senza fortuna, che non può sopportare avventure così tremende. E non ho ripagato il mio debito verso di te, padrone, il giorno in cui si sono svolti i giochi?»
«Assaggia una di queste torte,» suggerì Teseo. «Così mi hai aiutato? Me l’ero domandato più volte. Tu affermi di essere soltanto un mago minore, eppure mi dici di avere sconfitto gli stregoni di Creta?»
Snish scosse il capo, terrorizzato.
«Io sono il più piccolo degli stregoni, padrone,» protestò, ansiosamente. «I miei insignificanti poteri non possono neppure essere notati dai grandi maghi di Cnosso. Altrimenti mi avrebbero scoperto e distrutto già da tempo… e lo faranno senz’altro, se tu mi costringerai a sfidarli ancora!» Rabbrividì, e il suo viso diventò verdastro.
«La freccia, il boomerang e la palla di rame dello stregone mi hanno mancato,» disse Teseo. «Come è possibile?»
Il viso giallastro fu illuminato per un fuggevole istante da un sorriso.
«È stato grazie all’infima arte che tu già conosci, padrone,» pigolò Snish. «Dopo che ciascun dio aveva scagliato il colpo della sua arma, ti ho cambiato… per un attimo troppo breve, perché l’occhio potesse notarlo… trasformandoti in me stesso.»
«Tu?» brontolò Teseo.
«I proiettili erano tutti diretti alla tua testa,» gli disse Snish. «Ma Gothung era un uomo molto alto, e io sono molto piccolo. Perciò, gli dei hanno mirato alto. Ma io tremavo, tremavo molto, nel timore che essi scoprissero il mio trucco!»
Teseo guardò per un istante il viso giallastro del mago, e cercò di nascondere i propri dubbi. Lui aveva pensato che fosse stato un suo sforzo, una sfida sprezzante alla magia, a sviare quei colpi. Ma Snish era serio.
«Queste olive sono superbe,» disse, «assaggiale. Il trucco è stato molto astuto, Snish, e io ti ringrazio per avermi salvato la vita. Se Arianna non mi avesse baciato…»
«Ma l’ha fatto!» mormorò Snish. «E tu sei finito a testa bassa nello stesso pericolo… e ci vuoi tornare, trascinandomi con te!» Il mormorio si abbassò. «Dimmi, padrone… quali sono i tuoi piani? Dato che ora tu sei l’ammiraglio, dobbiamo prendere la più veloce nave dei mari, e salpare finché siamo in tempo per qualche remota terra?»
«No,» disse Teseo, «sono venuto qui per distruggere la magia di Cnosso… e porre fine al regno di Minosse e al dominio dell’Oscuro. E stai sicuro che lo farò!»
«Cautela, padrone!» Lo supplicò la voce apprensiva di Snish. «E non gridare! Gli stregoni hanno orecchie molto acute, per tutti i discorsi del genere. Non hai già patito abbastanza per la follia del tuo proposito?»
«Ma non capisci?» protestò Teseo. «La meta è già quasi raggiunta. Come ammiraglio, sono padrone del muro di legno di Cnosso. Posso camminare tranquillamente accanto a Talos, il muro di bronzo. Rimane solo il terzo… il muro della magia. È tutto quello che si trova tra noi e la mèta, ormai.»
«Tu sei ancora capitan Fuoco!» disse Snish, battendo i denti. «Gli stregoni faranno bene a prendere le loro armi… come sicuramente faranno!» Cercò di sorridere, senza riuscirci del tutto. «Ma forse Arianna potrebbe dirti qualcosa sul muro della magia!»
«Senza dubbio,» disse Teseo, meditabondo, «se un uomo potesse parlare da solo con Cibele.»
Snish sorrise più allegramente.
«Evidentemente, non sei a conoscenza dei pettegolezzi che corrono nei quartieri dei servi.» Ansiosamente, il piccolo mago afferrò il braccio di Teseo. «Padrone,» disse, «guardati dai suoi baci! O finiremo entrambi nel Labirinto.»
Teseo raccolse lo specchio, e studiò con aria critica i lineamenti aristocratici ed effeminati dell’ammiraglio Phaistro.
«Le donne,» commentò, senza entusiasmo, «sono delle creature molto strane. E il fatto di essere dee, a quanto pare, non le cambia molto. Quando dovrò vederla?»
«Tu stai aspettando un messaggio, oggi,» gli disse Snish.
«Cos’altro hai saputo, nei quartieri dei servi?»
«Lo stato delle tue finanze,» lo informò Snish, «è molto serio. Tu giochi incessantemente, e spendi delle somme enormi per dare feste e corrompere personaggi altolocati, allo scopo di mantenere la tua posizione. Sei gravemente indebitato con Amur l’Ittita. È per questo che eri così ansioso di ottenere il tesoro sepolto di capitan Fuoco. Amur, tra l’altro, verrà a trovarti proprio questa mattina.»
«Lo scorpione,» brontolò Teseo, «ti ringraziò, Snish.» Sorrise. «Tieni le orecchie e gli occhi aperti, e le tue piccole arti pronte a servirmi… e forse potrai sopravvivere, fino a ritornare un onesto ciabattino, come desideri.»
Aspettando la visita di Amur, nel grande salone immerso nella penombra, Teseo non riuscì a reprimere un brivido d’apprensione. L’Ittita, con il potere del suo oro, era temibile quasi quanto gli stregoni. Amur, magro e con il naso aquilino, e con la solita espressione avida, lasciò il palanchino nel cortile della villa, e si inchinò, quando entrò nella sala.