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Teseo sollevò il capo.

«Se il muro possiede qualche potere,» disse, «lo userò.»

Arianna si strinse a lui.

«Ho cercato di metterti in guardia,» mormorò. «I tuoi nemici sapevano che tu saresti venuto qui, stanotte. Hanno preparato una trappola. Non potresti neppure uscire vivo da questo tempio… senza il mio aiuto. Eppure tu parli di spodestare Minosse dal suo trono!»

Teseo mormorò:

«E lo farò!»

Lei rise, una risata nervosa, quasi isterica, e lo circondò con le sue braccia.

«So perché tu sei venuto a Creta,» disse, piano. «Ma non puoi capire l’insana follia del tuo scopo? Nessun mortale può sperare di rovesciare l’impero del mio divino padre; nemmeno tu, capitan Fuoco!»

Teseo rimase immobile per un istante, attonito, raggelato.

«Allora tu sai?»

«Credevi forse, capitano, che avessi dimenticato così presto il tuo primo bacio?»

«Eppure, sapendolo, tu mi hai donato il muro?»

«È proprio questo il motivo!» La sua voce fu piena di disprezzo. «L’avrei forse dato a un debole ubriacone come Phaistro?»

Teseo era muto per lo stupore.

«E salperesti per l’Egitto con me… con un pirata?»

«Sì, andrei ovunque… con capitan Fuoco!» Le sue mani tremanti lo strinsero. «Lo farai? Partiremo insieme?»

Teseo guardò nel buio. La sua mente vide tutto lo splendore di quel corpo stupendo, la fiamma dei suoi capelli, la luce dei suoi occhi verdi. Alla fine disse, con un sospiro:

«Vorrei che quello che devo fare a Creta fosse meno urgente. Ma non posso abbandonare la mia impresa… neppure per una dea. Quando Minosse sarà sceso dal suo trono, e il potere della magia sarà infranto, e il dominio dell’Oscuro sarà finito… allora, forse, verrò a cercarti.»

La sua voce era soffocata, quasi inaudibile:

«Allora tu distruggeresti mio padre… e tutto il mio mondo?»

«Devo farlo. Potrai mai perdonarmi?»

«Io… non lo so.» Stava singhiozzando; Teseo la strinse tre le braccia. «Io ti amo, capitan Fuoco.»

Allora Teseo, attraverso una fessura della porta, vide il cielo, e disse:

«La stella del mattino si sta levando. Devo andare… e cercherò di farlo, se riuscirò a superare quei nemici. E… se il terzo muro è quello che tu mi hai detto… entro stanotte io salirò sul trono di tuo padre!»

Lei si alzò insieme a lui dai gradini.

«Verrò con te,» disse, «dovunque tu vada. Perché ho tradito la fiducia che mi è stata data, e non posso affrontare la collera di mio padre.»

«No.» Teseo l’allontanò dolcemente. «Il pericolo è troppo grande, e lo rimarrà, finché io non avrò vinto la mia battaglia.» La baciò. «C’è una strada migliore. Se Minosse scopre che tu hai perduto il segreto che ti è stato affidato, tu dirai che ti è stato preso con l’inganno e con la forza, senza tua colpa!» La strinse in un ultimo abbraccio. «Adesso va’… ti darò il tempo di lasciare questo posto, e poi mi muoverò. Addio!»

Aspettando, dopo che Arianna fu svanita dietro la porta, Teseo si tolse la catenella, e strinse in mano il piccolo cilindro della terza muraglia. Se i nemici lo stavano veramente aspettando fuori, per il momento sarebbe stato molto più sicuro lasciare l’oggetto ovunque, meno che sulla sua persona. Un’altra preoccupazione lo prese: se Minosse trovava poco saggio portare il muro sul suo corpo, sarebbe stato forse altrettanto poco saggio anche per lui. Dopo un istante superò l’altare, si inginocchiò, e scese nella fredda e umida fessura nella roccia. Se Cibele era nata davvero in quel luogo, pensò, doveva essere nata prematuramente, perché dopo pochi istanti le sue dita trovarono il fondo del crepaccio.

Trovò un piccolo anfratto, invisibile dall’alto, e vi infilò con ogni cura la catena e il cilindro. Il talismano non sarebbe stato scoperto per caso, sicuramente, a meno che qualche fedele avesse profanato il luogo più sacro di Creta.

E la conoscenza del suo nascondiglio, pensò, poteva essere un vantaggio più sicuro del possesso diretto dell’oggetto. Arianna lo aveva baciato, quella notte… ma per quasi mille anni era stata una dea e la figlia di Minosse.

Si ritrasse dall’umida fessura, e uscì in fretta dal tempio, sotto la luce delle stelle e tra le ombre degli ulivi, dirigendosi verso l’albero vicino al quale aveva lasciato Snish ad attenderlo.

«Eccomi, mago!» chiamò, sottovoce. «Ridammi l’aspetto dell’ammiraglio!»

Ma gli rispose solo il silenzio. Un richiamo fatto a voce più alta non gli diede un risultato migliore. Teseo cercò sotto l’albero, scostò i rami, si avvicinò all’albero più vicino. Ma Snish era scomparso. Il terrore strinse la gola di Teseo. Senza l’aiuto del piccolo mago, tutto ciò che aveva ottenuto veniva a cadere. Era di nuovo in trappola, senza il suo travestimento.

«Eccolo!» disse una voce secca, nella notte. «Arrestatelo!»

Teseo rimase immobile, tremando. Perché quella era la voce rabbiosa dell’ammiraglio. Phaistro era fuggito dalle segrete, ed era fuggito anche alle sembianze del pirata condannato… e, naturalmente, aveva scoperto ben presto in quale direzione avrebbe dovuto colpire.

Arianna, pensò Teseo, e il cuore gli balzò di nuovo in petto, aveva saputo della sua fuga, e del pericolo che minacciava capitan Fuoco.

Allora…

Perché il suo avvertimento non era stato più chiaro, più definito?

Le ombre della notte lo circondavano, e le ombre del tempio, con il ricordo dei baci della dea, parevano ormai lontane, perdute nel passato… perché Arianna non l’aveva messo in guardia dal pericolo che lo aspettava?

Delle forme indistinte scivolarono, tra le ombre degli ulivi.

«Il pirata!» gridò Phaistro. «Prendetelo vivo, in nome dell’Oscuro!»

CAPITOLO XVI

Teseo era andato al tempio senz’armi; aveva lasciato nel palanchino perfino la spada di bronzo dell’ammiraglio. Per un istante si pentì di aver lasciato il muro della magia, pensando che, forse, i suoi poteri avrebbero potuto essergli utili, in quella circostanza. Ma era a mani nude, e in quelle condizioni doveva affrontare il problema della fuga.

«I miei omaggi, grande ammiraglio!» gridò nell’ombra. «Ma potresti scoprire che avresti fatto molto meglio a restare nel corpo di capitan Fuoco!»

Si preparò, mentre gridava, e poi si mise a correre tra gli ulivi. La voce stridula di Phaistro gridò dei secchi ordini, alle sue spalle, e dozzine di uomini uscirono dalle ombre del bosco.

Delle reti, lanciate da mani esperte, sibilarono vicino a Teseo. Allora lui saltò, riuscì ad evitarle. Ma una, finalmente, lo prese, e lui cadde, provando un dolore lancinante. Un marinaio ansimante gli fu subito addosso. Lui riuscì ad afferrare il manico del tridente con il quale il marinaio cercava di trafiggerlo, fece forza, e fece cadere rovinosamente nelle tenebre il cretese.

Scalciando, si liberò dalla rete, e riprese a correre. Tre marinai apparvero nel buio, davanti a lui. Teseo scagliò il tridente, come una lancia. L’uomo che si trovava in mezzo cadde. Teseo corse, tra reti sibilanti, e scese verso il fiume.

I rumori dell’inseguimento si avvicinarono, alle sue spalle, e delle torce brillarono sullo sfondo del cielo, rischiarato dalle prime, pallide luci dell’alba. Davanti a lui non apparvero degli altri uomini, però, e così cominciò a sperare di essere riuscito a sfuggire alla trappola di Phaistro. Una volta passato il fiume, sarebbe senz’altro riuscito a trovare un nascondiglio provvisorio; avrebbe potuto trovare un travestimento meno precario di quelli di Snish; ci sarebbe stato tempo per pensare alle sue prossime mosse, ricordando che il possesso del muro della magia era di per sé un’arma potente e nuova da usare per raggiungere il suo scopo.