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Si voltò, e i suoi occhi ilari fissarono la nera figura sepolcrale di Dedalo:

«Tu, la mano e la voce dell’Oscuro, approvi la nostra decisione?»

La voce cupa del vecchio stregone gracchiò:

«Io l’approvo.»

Con il solito sorriso bonario, Minosse si rivolse ad Arianna:

«E tu, ricettacolo di Cibele che è figlia dell’Oscuro?»

Senza respirare, Teseo la guardò. Gli occhi verdi si posarono lentamente su di lui. Un invisibile tremito del suo corpo fece aprire le ali alla colomba. Ma i suoi occhi rimasero freddi e remoti, e la sua voce dorata disse, debolmente:

«Io l’approvo.»

Gli occhi scintillanti di Minosse tornarono a fissare Teseo, e il gigante Talos, che aspettava, rigido alle sue spalle.

«Gli dei approvano.» La voce gli s’incrinò, e una risata brillò nei suoi occhi e sulle sue labbra. «Che ora si apra la porta del Labirinto, affinché il prigioniero possa varcare la soglia dell’Oscuro, per affrontare il suo giudizio.»

Talos si mosse, e fu un movimento strano, parve quasi che una grande statua si fosse animata di colpo. Ma Arianna, facendo un breve gesto imperioso con la mano, lo immobilizzò di nuovo, facendolo ritornare una massa inerte di metallo.

«Aspetta,» disse, «ho un dono per il prigioniero.»

Minosse e Dedalo si voltarono di scatto a fissarla. Per una volta, il sorriso sparì dal viso roseo di Minosse, e il volto cadaverico del gran sacerdote si contorse in una smorfia di terribile sdegno. Si udirono dei sibili di protesta.

Da un punto alle sue spalle, sul trono nero, Arianna estrasse un lungo rotolo di papiro.

«Questa è una copia del ‘Libro dei Morti’,» disse la voce dorata della dea. «Che è stata portata dagli ambasciatori del faraone. È un’opera scritta per la guida dell’anima oltre le porte della morte.» La sua risata era ironica, e gli occhi verdi erano gelidi. «Io credo che capitan Fuoco la troverà molto utile.»

Gli occhi ilari di Minosse e quelli fiammeggianti di Dedalo la fissarono, dubbiosi. La voce del mago gracchiò: «Il prigioniero non ne ha bisogno. È d’uso che gli uomini incontrino l’Oscuro come essi sono usciti dal grembo di sua figlia, nudi, a mani vuote. E neppure l’anima richiede una guida, nella dimora dell’Oscuro, perché essa verrà consumata.»

Ma il corpo roseo e grassoccio di Minosse fu scosso da un’improvvisa ondata di allegria.

«Mia figlia scherza,» sighiozzò, tra le risa. «Ricorda, il prigioniero è suo nemico. Lasciagli prendere il libro dei morti… e poi, che se ne vada subito a usarlo!»

Il braccio bianco di Arianna si tese, per porgere a Teseo il lungo cilindro. Teseo si fece avanti senza parlare, e lo prese, e riuscì a non tradire la sorpresa per il peso dell’oggetto, certo superiore a quello che avrebbe dovuto essere. Cercò di scrutare il viso candido della dea, alla ricerca di quale segno di comprensione e di umanità, ma vide soltanto una perfetta maschera orgogliosa e remota.

«Vai, pirata,» gli disse. «Il Labirinto è aperto.»

Rabbrividendo per il gelo improvviso che aveva invaso la cupa sala, Teseo si voltò, lentamente. Vide che Talos si era chinato, per sollevare un enorme anello di bronzo, al centro di uno dei grandi blocchi di basalto che formavano il pavimento della sala.

Il dorso e le braccia di bronzo si tesero, i muscoli di metallo guizzarono sotto la pelle risplendente del gigante, e Talos tirò, con forza sovrumana. L’immenso blocco di pietra si sollevò lentamente, davanti al palco. Un fetore acre uscì dall’abisso che si apriva sotto la pietra, e tutti, nella sala, si immobilizzarono, in preda a un timore reverenziale che non aveva confini.

Teseo vide che i sacerdoti erano pallidissimi, e tremavano. Il viso di Dedalo era una cupa maschera di pietra; il viso di Arianna era pallido, immobile, e Minosse aveva cessato di sorridere. Teseo provò un freddo brivido di terrore.

Qualcosa, in quella ventata di aria umida e greveolente, gli fece piegare le ginocchia, lo riempì di terrore soprannaturale. C’era la presenza di qualcosa di più del freddo, dell’umidità, dell’oscurità infinita e della polvere dei secoli, in quell’aria… c’era l’impalpabile presenza di una cosa… di una cosa mostruosa!

Il corpo di Talos si tese in un ultimo sforzo sovrumano, e alla fine la pietra si sollevò completamente. I sacerdoti neri sollevarono silenziosamente le loro lance, e le grandi mani di Talos si sollevarono, roventi per lo sforzo sostenuto.

Teseo guardò per l’ultima volta le tre figure degli dei, che sedevano sui loro troni, sul palco. Riuscì a sorridere con scherno, e agitò verso di loro il rotolo di papiro, con aria noncurante. Si voltò, e sputò deliberatamente nel pozzo oscuro sotto la pietra che le mani di Talos avevano sollevato, e si diresse verso di esso, con aria noncurante, in segno di aperta sfida.

Eppure, stava tremando.

Strinse forte sul fianco il rotolo di papiro, per evitare che esso rivelasse il tremito delle sue mani. Si fermò sul ciglio del pozzo. Nella debole luce del tripode, vide dei gradini di pietra, che portavano in basso.

Si chinò, si appoggiò con una mano sull’orlo, e si calò verso il primo gradino. Agitando per l’ultima volta il rotolo di papiro, in segno di saluto, sotto gli occhi fiammeggianti di Talos, scese in quell’abisso antico, umido e greveolente, dove l’aria sapeva di polvere e di morte e di secoli, e una presenza minacciosa, mostruosa, pareva aleggiare ovunque.

L’immenso gong tuonò di nuovo, e l’aria vibrò cupamente, dietro di lui; i sacerdoti neri stavano intonando un canto rituale, una cantilena bassa e monotona che dava i brividi.

La pietra calò sull’apertura.

Poi ci fu un tonfo, poderoso e terribile. E ogni luce scomparve, quando le molte tonnellate di basalto della poderosa pietra ricaddero al loro posto, sull’apertura dell’abisso.

CAPITOLO XVII

Teseo rimase immobile a lungo, alla sommità dei gradini di pietra che non poteva più vedere. L’aria intorno a lui era fredda e stagnante, come un fluido palpabile. Aveva un sentore putrido, antico, e c’era qualcosa… qualcosa di vivo, in essa.

Il tonfo della pietra ricaduta al suo posto rimbombò per qualche minuto nelle sue orecchie, e poi Teseo sentì solo il silenzio. Sapeva che gli uomini e gli dei minori di Creta dovevano muoversi, sopra di lui, nella cupa sala che era l’anticamera dell’antro dell’Oscuro. Ma ora non giungeva neppure il suono dei terribili passi di Talos.

Il silenzio era una cosa solida, spaventosa.

Anche in quella completa oscurità, però, e malgrado quell’immobilità terribile, paralizzante, egli cercò un raggio di speranza. Perché lui aveva passato le tre muraglie di Creta, e ora si trovava, ancora vivo, nel dominio dell’Oscuro.

L’Oscuro, certo… o la paura dell’Oscuro… era il vero padrone di Creta. Se le migliaia di abitanti affamati e laceri obbedivano agli editti di Minosse, e facevano morire di stenti i loro figli per pagare le tasse e i balzelli, e offrivano i primigeniti per il sacrificio supremo dei giochi, era solo ed esclusivamente per questa paura.

Teseo era in piedi, e non chinava il capo, sulla soglia della dimora del dio, e non era neppure a mani vuote. Aveva sentito quel peso inatteso, nel cilindro che conteneva il papiro, quando Arianna glielo aveva dato in dono. Ora, quando le sue dita ansiose ruppero il sigillo e strapparono il papiro, esse trovarono una cosa che conoscevano bene… l’elsa levigata della Stella Cadente!

La spada d’acciaio gli era stata presa dagli etruschi che lo avevano catturato all’inizio, quando lui stesso aveva cercato la cattura, nelle misere strade di Ekoros. Non si era aspettato di poterla di nuovo stringere in pugno. La mosse, fendendo l’aria densa e immobile con la sua lama, e mormorò un ringraziamento ad Arianna.