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Teseo strinse a sé la Stella Cadente.

«L’Oscuro è una menzogna!» Una forza nuova risuonò nella sua voce. «E il giogo di Creta… e tutto il dominio della stregoneria… sono basati su una menzogna! È la paura che siede sul trono di Minosse. È la paura che rappresenta la spada della magia. Ed è una paura senza motivo alcuno!» Si alzò in piedi, impugnando la spada.

«Questa verità è l’arma che cercavo, Volpemaestra. La porteremo lassù, nel mondo che ora si trova sopra di noi. Perché è questa la spada che può distruggere la tirannia di Minosse. È questa la torcia che può dar fuoco alla stregoneria di Creta!»

Cirone grugnì, con aria cinica.

«Minosse non ti incoraggerà certo a parlare,» disse. «E neppure i suoi sudditi oserebbero credere alla tua affermazione blasfema.» Il pirata dorico sedette sul terreno viscido e insidioso. «Comunque, è una domanda stupida, perché non possiamo uscire.»

«Possiamo tentare,» disse Teseo, «adesso ne abbiamo un motivo.»

«Per tutto questo tempo ho avuto un eccellente motivo,» brontolò Cirone. «E ho tentato. Non c’è modo di uscire. Solo la porta dalla quale siamo entrati rappresenta la via dell’uscita… e solo il gigante di bronzo può aprirla.»

Teseo si passò una mano sul mento.

«C’è un’altra strada,» disse, «E tu l’hai appena dimostrato.»

«Io?» La speranza si unì al dubbio, nella voce di Cirone. «Come?»

«Quando hai parlato della nascita dell’Oscuro. Prima che l’Oscuro fosse conosciuto, hai detto, qualche cretese il cui nome è stato dimenticato deve avere vagato, disperatamente, per questo tempio maligno.»

«Ebbene?» domandò Cirone.

«Non è certo entrato per il passaggio che il gigante di bronzo ha aperto per noi,» gli disse Teseo. «Perché si tratta di una scala di pietra, che deve essere stata costruita grazie al lavoro di molti uomini, e deve essere stata progettata da molti architetti. I loro padroni dovevano già conoscere l’esistenza di questa caverna. Così, deve esistere un’altra entrata, un’entrata più antica e naturale!»

Il dorico grugnì, sconsolato.

«Forse esiste… o esisteva, duemila anni fa. Ma non abbiamo modo di scoprirla. Io ho seguito almeno cento passaggi interminabili e tortuosi, partendo da questo tempio dell’Oscuro… e sempre, alla fine, mi sono ritrovato qui!»

Batté i denti, e disse, raucamente:

«A volte, capitan Fuoco, penso che ci sia davvero una forza maligna in questa immagine di pietra, che guida qui gli uomini, a morire, perché il suolo della caverna, intorno all’immagine, è pieno di ossa marcite.»

Le sue dita, fredde e tremanti strinsero il braccio di Teseo.

«Forse esiste un Oscuro!» mormorò. «Forse, la divinità ci permette di negarla solo per gioco, finché, dopo mille circoli viziosi, ci attira a lei, perché noi depositiamo le nostre ossa davanti alla sua immagine.»

«Non dire questo… perché l’Oscuro non esiste!» Ma la voce di Teseo tremava. «Vieni… per lo meno, possiamo cercare una via d’uscita.»

«Io ti aspetterò qui,» brontolò Cirone. «Tra un giorno o due… con l’Oscuro a guidarti… sarai di ritorno… pensando di essere quasi riuscito a fuggire,» grugnì di nuovo. «Forse, quando sarai di ritorno… se gli stregoni avranno di nuovo nutrito il loro dio… ci sarà qualcosa da mangiare, anche per te.»

Teseo tacque per qualche tempo.

«Credo di sapere come potremo trovare la strada,» disse, alla fine. «La Stella Cadente ci farà da guida!»

«Una spada!» brontolò Girone. «Ma non può certo parlare!»

«Mi ha guidato attraverso il deserto e attraverso il mare,» gli disse Teseo. «Mio padre mi ha detto che il suo metallo è caduto dal cielo settentrionale. E ancora, quando è sospesa a un capello, la sua punta cerca la Stella del Nord.»

Girone grugnì, dubbioso.

«Forse potrai dire la direzione, come facevi sul mare,» ammise, «ma a che serve, se non sappiamo da quale parte dobbiamo andare?»

«Forse,» disse lentamente Teseo, «credo di saperlo. In ogni modo, l’Oscuro non potrà farci tornare qui, senza che ce ne accorgiamo.»

Cirone si alzò, riluttante.

«Allora, guidami tu,» disse, cupamente. «Sarà una lunga strada, per due uomini che vanno a tentoni nel buio. E probabilmente… a dispetto della tua spada… terminerà qui, davanti a questa maligna figura.»

Teseo si era portato una mano al capo, e si era strappato un lungo capello rosso. Lo legò attentamente intorno alla lama d’acciaio, nella minuscola rientranza piatta che segnava il punto mediano della spada. Aspettò pazientemente che la spada ondeggiante si fermasse, poi la toccò con le dita.

«Questa è la strada che dobbiamo seguire.» Tenne ferma la spada, affinché Cirone sentisse qual era la sua direzione. «Avanti, oltre la roccia con le grandi corna.»

Il dorico lo seguì. Non era facile mantenere una direzione, anche approssimativa. Giunsero in fondo ai corridoi ciechi, furono costretti a tornare indietro, a interrogare di nuovo la spada, e a scegliere un altro corridoio.

Erano entrambi sfiniti per la fame, e i loro corpi tremavano per il freddo e l’umidità. I piedi dilaniati lasciavano invisibili tracce di sangue sulle rocce. I loro corpi nudi erano martoriati dalle punte aguzze di pietra che sporgevano dovunque.

Cirone voleva tornare indietro.

«Non sono mai stato risoluto quanto te, capitan Fuoco,» brontolò. «Mi piace una buona lotta… ma preferisco molto un buon pasto. E, se torno dall’Oscuro, presto o tardi Minosse me lo manderà, il pasto che desidero. Tu sei troppo duro, capitan Fuoco. Sei duro, di metallo invincibile, come la tua spada… abbastanza duro e ostinato da combattere gli dei.»

«E,» mormorò in tono cupo Teseo, «da vincerli!»

«Allora vai avanti,» gli disse Cirone, «Io torno indietro.»

«Non ora, Volpemaestra,» disse Teseo, e lo toccò con la punta della Stella Cadente. «Tu verrai con me… in un modo o nell’altro.»

Cirone sobbalzò, si rimise in piedi.

«Allora preferisco venire con te, vivo,» ansimò, preoccupato. «Metti via quella spada! So che scherzi, capitan Fuoco… spero che tu scherzi.» Batté i denti. «Ma sei un uomo duro e deciso a ottenere il tuo scopo. Vengo con te, non temere!»

Continuarono a salire, attraverso interminabili passaggi scivolosi e umidi. Passarono a nuoto dei cupi laghi sotterranei, strisciarono dove non era possibile camminare, raggiunsero pareti insuperabili e tornarono indietro, per cercare un’altra strada, e interrogarono sempre la spada per mantenere la stessa direzione.

Poi venne il momento in cui Cirone cadde, e non si rialzò. «Sono finito, capitan Fuoco,» mormorò debolmente. «Tagliami la gola e bevi il mio sangue, poi potrai proseguire. Ma io sono finito. Può esistere una strada… ma solo la luce potrebbe indicarcela.»

«Allora,» disse Teseo, «avremo la luce.»

Avvolto intorno al collo, dove era all’asciutto, riparato dal sudore del corpo, Teseo aveva portato con sé il rotolo di papiro in cui Arianna aveva nascosto la Stella Cadente. All’interno di esso c’era una pietra focaia, che Teseo aveva preso nella caverna dell’Oscuro.

Strappò una parte del papiro, l’arrotolò bene, fece cadere delle scintille dalla pietra focaia, servendosi della lama della Stella Cadente. Il papiro si accese, e ci fu un’esplosione di luce… il primo raggio di luce che Teseo avesse visto in tutto il nero Labirinto.