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«Figlia mia…» La grande voce di Talos tremò, come le vibrazioni di un grande gong. «Perché…»

Il gigante di bronzo cadde all’indietro. Barcollando, colpì una grande colonna quadrata. La colonna sussultò. Delle enormi pietre nere caddero dall’alto. Il capitello quadrato, che doveva pesare molte tonnellate, colpì Talos sulle spalle.

Teseo impugnò la torcia e la Stella Cadente. Si rialzò, barcollando. Il pavimento tremava ancora, come il ponte di una nave nella bufera. La polvere lo soffocò. Le pareti crollavano ovunque, e quel toro continuava a muggire, nelle viscere della terra.

Stringendo la spada, si avvicinò all’uomo di bronzo. Ma Talos, inchiodato dalla colonna crollata, era già morto… e stava cambiando!

La testa, che sporgeva da quella mostruosa pietra nera, era di nuovo umana. Ma non era la testa di Snish. Il viso era tondo, roseo e molle, e i capelli erano lisci, morbidi e bianchi. I piccoli occhi azzurri, anche nella morte, parvero riflettere la luce delle torce, in un’allucinante parodia di uno scintillio di allegria.

«Minosse!»

Teseo indietreggiò, e la torcia gli tremava in mano.

«Allora chi… chi era l’altra? Quella vecchia, vecchia donna?»

Arianna avanzò lentamente, tra le macerie, e si fermò accanto a lui. Benché i suoi freddi occhi verdi fossero asciutti, era scossa da singhiozzi insopprimibili. Tremando, si strinse a lui. E mentre il muggito della terra si allontanava, lui poté udire la voce scossa della dea.

«Era mia madre. Questo… questo era mio padre.»

Teseo le baciò la fronte sporca di polvere, e la costrinse a voltarsi, e la guidò attraverso le macerie che coprivano il suolo, verso il corridoio, verso l’esterno. Fuori, una colonna gialla ruggiva, nella notte, sopra lo sconvolto palazzo di Cnosso, perché la lunga ala occidentale stava già bruciando.

Tremando, Arianna si strinse a Teseo.

«Che cosa accade?» mormorò lui. «Cos’ha provocato tutto questo?»

«Il muro della magia era un grande incantesimo.» Singhiozzò, ma poi la sua voce si calmò, divenne un sospiro irreale. «Era l’ultimo dono del cielo, che abbiamo conservato quando siamo giunti qui, dal nostro lungo viaggio. Ha protetto Cnosso e mio padre da ogni male, per molte centinaia di anni. È stata una diga contro la corrente del tempo. Ha fermato gli utili cambiamenti che il mondo deve avere. Delle grandi tensioni si sono accumulate contro di essa, negli eventi storici e nella stessa roccia di quest’isola. Le leggi delle probabilità, tenute imprigionate così a lungo, aspettavano una vendetta. Quando tu hai rotto la diga, hai scatenato la forza accumulata in decine di secoli… contro il trono di mio padre!»

La fissò, perplesso.

«Anche contro di te?»

«Che cosa ne pensi?» Lo strinse, con le sue calde braccia. Sollevò il volto, ricacciando indietro le lacrime. Nelle luci cangianti di Cnosso in fiamme, lei era rimasta candida, giovane e bella.

Lui scosse il capo, incerto.

«Non ti piace la mia nuova scienza?» Sullo sfondo del ruggito della terra e della tempesta di fuoco, la sua bassa risata era melodiosa, e vagamente ironica. «Vedi, io ho imparato ad applicare le leggi della natura in una maniera leggermente diversa. Mio padre e Dedalo avevano applicato l’antica scienza del… del mondo degli dei, ma ogni mondo ha le sue leggi. La mia vera scienza può vincere, là dove tutta l’antica magia ha perduto.»

Esitante, lui fu sul punto di allontanarsi da lei.

«Ma ho fatto tutto questo per te, capitan Fuoco.» La sua voce dorata si abbassò, rauca e invitante. «Ho appreso la nuova scienza dal vecchio Dedalo, che era un maestro in entrambe, ma ho rotto il muro della magia per te. Lo farei di nuovo. Perché tu mi hai insegnato che la verità umana è più grande e più bella… e più potente… di tutti i tracchi e le illusioni della magia di un altro mondo. Tu non puoi capire, interamente, quello che ho fatto… ho abbandonato la mia gente, ho scelto un’altra terra. Ma io rinuncio a tutti i poteri della magia… o a quasi tutti… per te.»

La sua cintura serpentina era sotto la mano di Teseo. Senti che, bruscamente, essa si irrigidiva. Abbassando lo sguardo, vide che il malefico bagliore era scomparso dagli occhi di rubino. Strinse il freddo metallo, aprì la fibbia, e la staccò dalla vita di lei. Posando a terra la Stella Cadente, l’attirò con forza a sé.

Lei lo stordì con la magia dei suoi baci.

FINE