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«E lo puoi dire davvero, capitan Fuoco!» I suoi occhi ansiosi guardarono le nuvole nere che si stavano alzando. «E ti suggerisco, capitan Volpemaestra,» squittì, «di lasciarmi subito. Perché, come ti ho detto, ho gravi difficoltà con il tempo. Quella tempesta, senza alcun dubbio, mi sta seguendo.»

L’apprensione aveva soffocato lo sdegno di Cirone. Gettò la sua lancia rovente sul ponte, e gridò ai suoi uomini di tenersi pronti a salpare.

«Prenditelo, allora, capitan Fuoco,» brontolò. «Ma sorveglialo. Perché non ci si può fidare di nessun mago… neppure di un cane vigliacco come costui!»

Poi balzò sul ponte della galera pirata, e delle asce brillarono, tagliando le corde che tenevamo unite le due imbarcazioni.

«Addio, capitan Fuoco!» Il suo grido era rauco e carico di angoscia. «Guardati dallo stregone!»

La vela rossa si alzò… perché c’era ancora un alito di vento che spirava dal sud. La lunga frusta del miceneo cominciò a farsi udire di nuovo, e i remi spinsero la galera verso lo stretto, verso nord, incontro alla tempesta incombente.

Rimasto solo con Snish, sulla nave catturata, perché anche gli schiavi ai remi erano stati portati a bordo della galera pirata, Teseo tagliò le corde che avevano stretto il piccolo stregone, e lo mandò a occupare il posto al timone.

Teseo si arrampicò sui sostegni, e alzò la grande vela gialla. Quando il vento del sud cadde, e il primo soffio gelido della tempesta del nord giunse fino a loro, la vela era già spiegata, e si gonfiava.

«Da quale parte, capitan Fuoco?» domandò lamentosamente Snish. «Dobbiamo dirigerci a est, per cercare di sfuggire ai cretesi nelle tenebre cupe della tempesta?»

Teseo sollevò il capo, orgogliosamente, e i suoi capelli rossi, agitati dal vento, formarono una splendida corona intorno al suo viso. Guardò oltre il mare, vide la lunga linea di vele nere che avanzavano portate da quell’incredibile vento del sud. Alla fine si voltò, e fissò, con aria grave, il piccolo stregone.

«No,» disse, piano, «avanti tutta, incontro alla flotta.»

Il viso da rospo dello stregone divenne nuovamente verdastro, e le sue mani rinsecchite si strinsero sul timone, tremando.

«Sì, capitan Fuoco,» pigolò Snish. «Andremo incontro alla flotta.» Scosse il capo, con aria apocalittica. «Ma le mie deboli arti mi dicono che avrei fatto meglio a restare con Volpemaestra, anche a prezzo dei miei occhi!»

CAPITOLO IV

Quando la vela gialla fu sistemata sicuramente, Teseo si voltò, ed ebbe la sorpresa di vedere che Snish aveva assunto di nuovo il suo travestimento femminile.

Tai Leng gli sorrise, con una luce infuocata negli occhi a mandorla. Un movimento provocante del suo corpo alto e slanciato convinse Teseo a chiedere per quale motivo l’incantesimo non potesse essere realizzato meglio, rendendolo a prova di contatto.

La principessa gialla scosse il capo.

«Il travestimento è solo una misura di sicurezza,» disse, con il suo accento esotico. «Anche una donna è esposta a certi pericoli. Ma con una bellezza sufficiente, in genere, si può riuscire a evaderli.»

Avvicinandosi a lei, Teseo pensò di ravvisare nei suoi lineamenti gialli qualche parodistica indicazione delle fattezze da rospo di Snish. E il suo accento esotico, quando lei parlò di nuovo, aveva un tono leggermente nasale.

«Non dovrò certo ingannare anche te, vero, capitan Fuoco?» domandò. «Le mie modeste arti sono al tuo servizio. E se desideri travestirti a tua volta…»

Teseo scosse il capo.

«Io cerco di distruggere le arti della stregoneria, non di impiegarle.» Si strinse nelle spalle, stancamente. «Comunque, rovesciare il trono di Minosse non è un compito da donne.»

«Il travestimento non deve per forza essere femminile,» gli assicurò la ragazza gialla. «Questo è solo il travestimento che meglio protegge la mia insignificante persona. Posso darti le sembianze di qualunque uomo tu scelga.»

Teseo guardò le vele nere che si avvicinavano, a sud, spinte da quel vento misterioso.

«C’è il sacerdote nero che ho ucciso,» disse, bruscamente. «No,» disse, con decisione. «Più avanti, un travestimento del genere potrebbe essermi utile. Ma ora devo incontrare i cretesi nelle vesti del pirata, capitan Fuoco, con la Stella Cadente a parlare per me.»

I grandi occhi a mandorla di Tai Leng lo fissarono.

«Ma il capitan Fuoco è già ricercato,» protestò. «Minosse ha offerto dieci talenti d’argento per la tua testa…»

La cantilena si interruppe; qualcosa brillò negli occhi imperscrutabili di Tai Leng.

«Cerca di guadagnare quella somma,» l’avvertì Teseo, con aria cupa, «e nessun travestimento magico ti eviterà di assaggiare la lama della Stella Cadente. E allora, a che ti servirebbe il denaro?»

Per dare enfasi all’avvertimento, afferrò la spalla dorata dell’orientale, e la scosse vigorosamente. Il risultato di questo gesto fu una strana trasformazione.

La morbida pelle gialla cambiò sotto le sue dita; divenne bruna e ossuta. Il viso esotico della donna si oscurò, e si trasformò parzialmente nei lineamenti da rospo di Snish, e la voce nasale protestò, lamentosamente:

«Capitan Fuoco, davvero non puoi avere fiducia in me? Perché io ti sono debitore dei miei occhi, e anche della mia vita. Io sono il tuo più misero, più piccolo e più fedele schiavo.»

«Non mi fido di nessun mago… neppure se è tanto piccolo da fare invidia a una pulce,» brontolò Teseo. «In ogni modo, le tue arti magiche potranno essermi utili… per quanto siano misere e goffe, di fronte alla magia di Cnosso. Non ti distruggerò… per il momento.»

La principessa dorata si gettò in ginocchio, davanti a lui, e gli baciò la mano. Sentì che le sue labbra cambiavano, a contatto della sua mano, e per un istante i capelli neri e lucidi e il corpo flessuoso furono sostituiti dal cranio calvo e dal corpo sgraziato di Snish.

«Torna al timone,» gli disse Teseo. «La parola di uno stregone non vale niente; ma, finché saremo entrambi nemici di Cnosso, può darsi che potremo esserci utili a vicenda.»

Lanciò del fieno ai tre grandi tori neri, che muggivano ferocemente nella piccola stalla. Osservando le loro corna così aggraziate e minacciose, pensò ai giochi che avrebbero avuto come posta il trono di Minosse, e non riuscì a reprimere un brivido.

Perché molti pericoli si frapponevano tra lui e quel trono, e quelle corna erano anche un simbolo del terribile potere dell’Oscuro.

Spinto dai venti della tempesta, il mercantile avanzò verso sud. La flotta avanzò, sospinta dallo strano vento del sud, e venne loro incontro, e le grandi vele nere si avvicinarono.

Apparvero delle grandi prore, modellate a guisa di teste di toro, e alla fine Teseo poté distinguere la rossa insegna che indicava la nave ammiraglia. Ordinò alla donna gialla di avanzare in quella direzione. Tai Leng obbedì, silenziosamente. Il suo viso giallo era molto pallido, e i suoi occhi erano pieni di paura.

Il freddo vento di tempesta esitò e morì, quando la flotta si fece più vicina. La galera ondeggiò, la vela gialla si afflosciò, e intorno regnò un’improvvisa bonaccia. Il vento del sud che aveva sospinto i cretesi aveva cessato a sua volta di spirare, e dei remi sfavillanti sospinsero l’ammiraglia in avanti.

«Ehi, della nave!» gridò un ufficiale dalla splendida armatura di bronzo. «Quale vascello batte la vela gialla di Amur l’ittita?»

Teseo si portò le mani alla bocca, chiudendole a coppa.

«Questa nave è un bottino di guerra,» rispose. «Il suo capitano è il libero acheo, capitan Fuoco. Si dirige a Creta, portando in dono tre tori neri per i giochi minoici, e una gialla principessa del Catai per rallegrare il gineceo di Minosse. Ma quale nave batte la vela nera di Cnosso?»

Ci fu una pausa, piena di sbalordimento, poi giunse la risposta.