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«Questa nave,» urlò l’ufficiale, «è l’ammiraglia della Flotta Settentrionale di Minosse, che è dio lui stesso, e compagno dell’Oscuro, che è anche re di Creta e delle isole del mare e delle coste lontane. E il comandante di questa nave è Phaistro, primo nobile di Cnosso e ammiraglio di tutte le flotte di Minosse.»

Le navi entrarono in contatto. Una squadra di marinai cretesi, armati di reti e tridenti, balzò sul ponte del mercantile, e formò un anello intorno a Teseo. Quando le due navi furono saldamente legate dalle grandi funi, Phaistro in persona salì a bordo.

L’ammiraglio era alto, per essere un cretese, ma era magro e ossuto. Il suo volto scuro aveva un profilo aristocratico, ed era quasi bello. Teseo guardò quel mento debole, quelle rosse labbra piene e gli occhi scuri e calcolatori. Vide le rughe della fronte, la tensione nervosa del corpo. Malgrado tutta la sua passione e tutto il suo orgoglio, pensò Teseo, quell’uomo era sempre un debole.

Con un’andatura che possedeva una grazia quasi femminea, Phaistro attraversò il ponte. Teseo sentì il profumo che veniva dai capelli neri dell’ammiraglio, il quale era pettinato secondo l’elaborata foggia cretese, con una treccia alla sommità del cranio, e tre crocchie che scendevano fin sulla nuca.

L’abito dell’ammiraglio era ricco, di un lusso che sconfinava nella civetteria. Il largo costume da cerimonia era del colore rosso del suo rango. Il costume era aperto, sul davanti, e mostrava la stretta cintura dorata e il bianco perizoma di lino. Portava sandali alti e ricoperti di brillanti, e le braccia nude erano coperte di braccialetti d’oro e d’argento.

Circondato da un esiguo gruppo di ufficiali, tutti con la mano posata sull’elsa delle loro spade, in atteggiamento vigile e guardingo, l’ammiraglio si arrestò davanti a Teseo. Il suo viso magro parve riflettere una certa riluttante amminirazione.

«Così tu saresti il famoso capitan Fuoco?»

«Così mi chiamano,» rispose Teseo.

«Allora dov’è la tua veloce galera, che ha catturato tante prede?» Gli occhi neri dell’ammiraglio si strinsero, e scrutarono con improvvisa preoccupazione Teseo. «E dove sono i tuoi uomini feroci e spietati?»

«Domandalo ai tuoi maghi,» disse Teseo.

Phaistro trattenne il respiro, e l’ira fece sfavillare i suoi occhi. «Dov’è l’equipaggio di questa nave?» La sua voce s’incrinò. «E tutto il tesoro delle coste settentrionali, che essa portava a bordo? E dove sono le due scorte reali?»

Teseo sorrise.

«L’ittita e i suoi uomini sono salvi, sul promontorio che si trova alle nostre spalle,» dichiarò. «E in quanto al tesoro e alle scorte, domanda anche questo ai tuoi maghi. Oppure, se preferisci, comincia a pescare sul fondo del mare!»

L’ammiraglio mugolò qualcosa, e tremò di collera.

«Capitan Fuoco!» disse, con voce secca. «Abbiamo sentito parlare di te, a Cnosso…»

«E ne sentirete parlare ancora,» promise con calma Teseo. «Perché io mi dirigo a Creta, portando doni per Minosse.» Indicò i tori selvaggi, che muggivano nella loro stalla, e indicò anche la ragazza dalla pelle dorata, immobile davanti al timone. «E ho intenzione di partecipare ai giochi ciclici,» disse, «presentandomi come candidato al trono di Minosse.»

L’ammiraglio si irrigidì. Per un istante restò senza fiato, spalancando gli occhi per lo sbalordimento. Poi si piegò, convulsamente, e il suo viso magro avvampò, e rise, una lunga risata stridula che parve spezzarlo in due. Si rivolse agli ufficiali cretesi che lo circondavano, piccoli uomini scuri che portavano larghe cinture di cuoio e perizomi neri, e riuscì ad ansimare, tra le risa:

«Il pirata dice che ha intenzione di partecipare ai giochi, per conquistare il trono di Minosse! Non è la cosa più buffa del mondo?»

Evidentemente, lo era. Gli ufficiali si piegarono in due, tanta era la forza delle loro risate… senza dimenticare, però, di sorvegliare Teseo e di tenere la mano sull’elsa della spada.

Alla fine, l’ammiraglio si riprese, ridiventò serio, e fissò Teseo.

«Sono sicuro, capitan Fuoco,» disse, con la voce rotta dalle risate, «che le tue battaglie con i tori, gli uomini e gli schiavi saranno uno spettacolo molto interessante. Ma non credi di essere troppo audace a offrirti volontariamente, quando nessun uomo ha vinto i giochi, negli ultimi cento cicli?»

«Mi sembra,» disse Teseo, «che sia Minosse il più audace, se continua a ripetere i giochi. Ma qual è la cosa comica di cui parlavi?»

Phaistro rise di nuovo, finché non gli vennero le lacrime agli occhi.

«La cosa comica… la cosa comica… ah, è molto semplice,» ansimò, alla fine. «Ci hai detto che ti dirigi a Creta per partecipare ai giochi minoici. E gli ordini della flotta, capitan Fuoco, erano di portarti a Cnosso… per farti partecipare a viva forza ai giochi!»

«Se questa è una cosa tanto comica,» disse Teseo, «non stai forse ridendo un po’ in anticipo?»

Phaistro arrossì di collera. Strinse i pugni, e gli occhi neri sfavillarono. Dopo un istante, però, inghiottì, e cercò di sorridere all’alto acheo.

«Perdono la tua insolenza, capitan Fuoco, perché tu sei un coraggioso,» disse. «E voglio offrirti un consiglio… sempre perché la tua audacia mi ha molto colpito.»

Phaistro si fece avanti, allontanandosi dai suoi ufficiali, e disse in tono incalzante, abbassando la voce:

«Non consegnare la tua spada. Non lasciare che noi ti portiamo vivo a Cnosso! Farai meglio a gettarti sulla tua spada, per morire in maniera gloriosa e lieta, lontano dall’ombra dell’Oscuro!»

Teseo toccò l’elsa della sua spada, e sorrise:

«Grazie, ammiraglio,» disse, sottovoce, «e io non consegnerò la Stella Cadente. Ma non intendo neppure uccidermi.» Estrasse la lunga lama d’acciaio dalla fondina. «Ho intenzione di portare la Stella Cadente a Creta, con me.»

Il viso di Phaistro si oscurò di nuovo.

«Pirata, la tua impudenza ha passato ogni limite,» disse, rabbioso. «Consegna la tua spada… o i miei uomini verranno a prenderla!»

Teseo sollevò la spada.

«Che ci provino!» Sorrise. «Esistono dei maghi, anche al di fuori di Cnosso,» disse piano. «Uno di essi, ammiraglio, è mio schiavo. E la mia spada è stata forgiata da una stella cadente. È una lama incantata, e può spezzare ogni altra lama del mondo. Se la vuoi… prendila!»

Phaistro spostò la sua attenzione, per un istante, sull’alta figura dorata di Tai Leng, in piedi davanti al timone. L’espressione dell’ammiraglio era incerta. Egli studiò il ponte deserto, e poi guardò di nuovo Teseo, che brandiva la Stella Cadente.

Teseo osservò il volto magro dell’ammiraglio. Su quel volto c’era sempre un’espressione irata, ma adesso c’era anche il pallore della paura. Phaistro, evidentemente, aveva paura della magia. E doveva parergli strano, Teseo lo sapeva, di incontrare una nave guidata da due sole persone: un uomo come capitan Fuoco, e una donna come Tai Leng.

Le labbra rosse dell’ammiraglio tremarono. Le sue mani si chiusero a pugno e si schiusero; e alla fine prevalse il suo timore della magia.

«Se la tua arma è davvero protetta da un incantesimo,» disse, alla fine, «allora potrai portarla con te, fino a quando non toccheremo terra, a Creta. Là Minosse e i suoi stregoni potranno spezzare in fretta l’incantesimo. E senza dubbio Talos, il gigante di bronzo, potrà prendertela, se sarà necessario. Perché nessun uomo porta con sé delle armi, nei giochi minoici.»

«Lo vedremo,» disse Teseo, «quando saremo giunti a Creta.»

Phaistro indicò con un ampio gesto del braccio la nave ammiraglia.

«Ora, capitan Fuoco,» disse, «sali a bordo del mio vascello. Tu sarai il mio ospite d’onore, finché non toccheremo terra. Lascerò un equipaggio su questa nave, per portarla con noi. I sacerdoti ti aspetteranno al porto.»

Teseo scosse il capo.

«Questa nave è la mia preda,» disse, sottovoce. «La porterò io a Creta, con i doni per Minosse, e non ho bisogno di aiuto. Tratterò con Minosse e con i sacerdoti quando li incontrerò.»

L’ira fece di nuovo avvampare il viso scuro dell’ammiraglio. Socchiuse le labbra, per lanciare un ordine. Ma il suo sguardo si posò di nuovo sulla spada lucente di Teseo e sulle forme dorate di Tai Leng. Bruscamente, mormorò qualcosa ai suoi ufficiali, e li riportò verso l’ammiraglia.

«Procedi pure, capitan Fuoco!» gridò raucamente Phaistro, dal ponte della sua nave. «Ti seguiremo a Cnosso.»

I suoi marinai tagliarono le corde. Teseo e la donna dorata furono di nuovo soli a bordo della loro nave.

«Sta’ in guardia, capitan Fuoco!» disse Tai Leng, con la voce di Snish. «Coloro che proclamano di avere degli incantesimi che non possiedono, sono veramente in pericolo, di fronte ai maghi di Cnosso. Lo so bene!»

«Lo vedremo,» ripeté Teseo, «quando arriveremo a Creta.»