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— Questa gente conduce una vita dura — osservò Jill.

— Huh. La vita che si meritano.

— Oh, suvvia, amore, cerca di prendere la cosa con filosofia.

Rhodry si limitò ad accigliarsi. Jill sapeva che dentro di sé lui stava ancora ribollendo per il fatto che i nani avevano individuato il suo sangue elfico alla prima occhiata e avevano deciso all’istante che lui era un ladro. Soltanto l’intervento di Nevyn aveva impedito che Rhodry fosse costretto ad aspettare fuori delle grotte e anche adesso sebbene di tanto in tanto qualche nano si avvicinasse a scambiare con lei qualche parola cortese il giovane veniva ignorato del tutto, come se fosse stato un lupo o un altro animale pericoloso di sua proprietà.

— Adesso capisco perché Otho il gioielliere è stato tanto scortese con te — osservò la ragazza.

— Vorrei soltanto essere stato a mia volta più scortese.

Jill gli batté un colpetto su un braccio in un gesto che voleva essere consolatorio. In quel momento si avvicinò loro una donna minuscola, alta non più di novanta centimetri, che portava un rozzo abito marrone lungo fino alle caviglie e che teneva un neonato sul fianco, sorretto da una fascia. Non avendo idea di quanto fosse lunga la vita di quella gente o della rapidità con cui arrivava all’età adulta, Jill non riuscì a determinare l’età del piccolo, che però sedeva eretto e si guardava intorno con lo stesso interesse che avrebbe potuto avere un bambino umano di circa un anno.

— Ah — disse la donna, — tu devi essere la ragazza che è venuta qui con il maestro dell’Aethyr.

— Infatti. Il tuo piccolo è un maschio o una femmina?

— Una femmina.

— È davvero un delizioso agnellino.

A quel complimento la piccola emise un versettino soddisfatto. Sebbene avesse la fronte bassa sotto la massa di riccioli neri e il naso largo e carnoso, era così minuscola e al tempo stesso così vitale che Jill desiderò di poterla tenere in braccio.

— Posso domandarti una cosa? — chiese alla donna. — Come mai tanta della vostra gente parla la lingua di Deverry?

— Oh, commerciamo con i contadini che vivono sulle colline. Sono pacifici e mantengono i nostri segreti in cambio di un po’ del nostro argento. Non c’è nulla come il metallo prezioso per farsi degli amici… o degli acerrimi nemici.

Con quell’ultimo commento la donna guardò ostentatamente in direzione di Rhodry e si allontanò vezzeggiando la neonata.

— Per tutti gli dèi, vorrei che Nevyn si spicciasse a tornare! — ringhiò Rhodry.

Il suo desiderio venne esaudito pochi minuti più tardi, allorché l’uomo del dweomer emerse da una galleria laterale sul lato opposto della caverna. Insieme a lui c’era il nano chiamato Larn, che aveva l’incarico di sorvegliare il prigioniero, e nel camminare di due stavano parlando fra loro in toni urgenti.

— Dov’è Sarcyn? — chiese Rhodry, alzandosi in piedi al loro sopraggiungere.

— L’ho lasciato nella cella — rispose Nevyn. — È impazzito, una pazzia totale e incurabile.

— Quel bastardo se lo è meritato.

— Suppongo di sì. Oh, senza dubbio la tua affermazione ha un che di giusto, ma… — Nevyn esitò, poi scrollò le spalle. — Non importa. È pazzo, e questo chiude il discorso.

Jill comprese che l’uomo del dweomer stava nascondendo loro qualcosa, che aveva ragioni personali per desiderare che Sarcyn fosse ancora sano di mente, ma sapeva che Nevyn non le avrebbe mai rivelate se non quando lo avesse ritenuto opportuno.

— Non avrai intenzione di lasciarlo andare, vero, Nevyn? — chiese. — Mi si torcerebbero le budella a vederlo libero.

— Vendicativa come sempre, vero? Ma no, non intendo liberarlo. Anche pazzo è sempre pericoloso come quando era sano di mente, e poi non era certo pazzo quando ha ucciso quel contadino e rapito Camdel. Lo porteremo indietro perché Blaen lo sottoponga a giudizio.

— Perché? — intervenne Larn. — Posso ordinare ad un paio di ragazzi di portarlo fuori e di tagliargli la gola. Risparmierebbe a tutti un sacco di problemi.

— Non spetta a me giudicarlo e ordinare la sua esecuzione. Soltanto la legge può farlo.

— Come preferisci, allora — si arrese il nano, scrollando le spalle. — Lo farò accompagnare qui.

L’immagine di Salamander che fluttuava al di sopra del fuoco esibiva un ampio sorriso, e nell’osservarlo Nevyn desiderò di cuore che almeno una volta nella vita il gerthddyn prendesse qualcosa sul serio.

— Dunque — trasmise mentalmente Salamander, — la testimonianza di Camdel sembra confermare che avevo ragione a proposito dell’oppio.

— Infatti. Voglio che tu ti rechi immediatamente da un certo Lord Gwaldyn, che collabora con il Prevosto del Re e che mi conosce bene. Digli di arrestare questa Anghariad al più presto e di sorvegliarla attentamente, perché scommetto che a corte ci sono molti nobili che cercheranno di avvelenarla per impedirle di parlare troppo.

— Andrò da lui per prima cosa, domattina. Per quanto ancora devo restare a Dun Deverry?

— Fino al mio arrivo. Liddyn il farmacista… credo che tu lo conosca… sta arrivando qui da Dun Cantrae: affiderò a lui Camdel e poi partirò per restituire al re la Grande Gemma dell’Ovest. Ti dispiace aspettarmi là?

— Per nulla. In effetti, chiedendomi di aspettarti mi fai quasi un favore, perché il mio amato e stimato padre vuole che io torni a casa.

— Se ha bisogno di te, posso mandare qualcun altro nella capitale.

— Non ti disturbare, Maestro dell’Aethyr — replicò Salamander, assumendo un atteggiamento artisticamente malinconico. — Posso immaginare con esattezza cosa vuole dirmi: mi vuole rimproverare per il mio modo di vivere poco ortodosso. Ho detto che tornerò in autunno, e sarà anche troppo presto per sentire un’ennesima conferenza composta con estrema cura e riguardante le mie manchevolezze, il tutto eseguito con un’altisonante voce da bardo.

Quando ebbero finito la conversazione Nevyn spense il fuoco, perché la notte estiva era calda, e rimase seduto a fissare i carboni ardenti chiedendosi se ci fosse ancora qualcosa che lui poteva fare per Sarcyn. L’indomani all’alba l’apprendista sarebbe stato impiccato sulla piazza del mercato, e sarebbe morto con la mente confusa e muta quanto quella di un animale quando il contadino alza l’ascia per macellarlo… e in che modo questo avrebbe influenzato la sua vita successiva? Nevyn non aveva modo di saperlo nei dettagli, ma sapeva che il risultato sarebbe stato negativo, in quanto l’anima di Sarcyn sarebbe stata spinta ulteriormente sul sentiero del male. Tuttavia i suoi tentativi di parlargli non erano approdati a nulla, perché nella sua follia Sarcyn era incapace di comprendere concetti complessi come riparazione e libera scelta… e d’altro canto Nevyn si era anche chiesto se l’apprendista sarebbe riuscito comunque a capire quei concetti quando era ancora lucido e se avrebbe davvero scelto di cambiare.

Lui supponeva che probabilmente non lo avrebbe fatto, ma lo rattristava comunque vedere un’anima gettarsi inutilmente nell’oscurità.

Vicino a lui, sulla pietra del focolare, erano posati i tre libri di Alastyr, che gli erano stati consegnati dai nani. Uno di essi era soltanto una copia del Libro Segreto di Cadwallon il Druido; gli altri due, scritti nella lingua del Bardek, erano intitolati La Via del Potere e La Spada del Guerriero, testi che erano per metà pieni di presuntuose stupidaggini e per metà di procedure e di riti effettivamente pericolosi. Raccogliendoli, Nevyn aprì a caso La Spada del Guerriero.