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A questo punto, lo studente cominciava a costruire una casa di ricordi, immaginandola e visualizzandola una stanza per volta, e in ciascuna stanza poneva oggetti che simboleggiavano le cose che lui voleva ricordare, di solito immagini divertenti o grottesche per stimolare maggiormente la memoria. Per esempio, un mercante di spezie aveva nella sua casa immaginaria una stanza in cui riponeva informazioni relative a determinati importanti clienti, e se una sua facoltosa cliente detestava il pepe nero, la cosa veniva raffigurata con una statua della donna che sternutiva violentemente. Se in un certo momento il mercante ricordava che la donna in questione aveva una caratteristica speciale ma non rammentava quale, gli bastava entrare mentalmente in quella stanza e vedere l’immagine per sapere che doveva portarle in dono una spezia che non fosse il pepe nero.

Ovviamente, quel metodo di addestramento mentale aveva molto in comune con i primi passi che si muovevano nell’apprendistato del dweomer, e il Vecchio se ne era reso conto non appena aveva cominciato a studiare il dweomer. Da giovane, aveva lavorato come impiegato del governo, un lavoro che più di ogni altro richiedeva il metodo mnemonico, perché a quei tempi la semplice idea di archiviare documenti e informazioni in ordine alfabetico non era ancora stata scoperta. Il giovane schiavo eunuco ancora noto come Tondalo aveva così costruito nella sua mente un vasto archivio, nel quale poteva entrare e trovare ogni importante documento affidato alle sue cure. Dopo essere riuscito a comprarsi la libertà e ad arricchire spremendo tutto quello che poteva essere ricavato da un servizio civile che funzionava soprattutto mediante la corruzione, Tondalo aveva trascorso un pomeriggio estremamente piacevole impegnato a bruciare l’intero archivio fino all’immaginario terreno su cui poggiava.

La tecnica aveva però continuato ad essere per lui estremamente preziosa, soprattutto dopo che si era per caso imbattuto in un modo di perfezionarla. Questo era successo circa un centinaio di anni prima, quando lui era impegnato a lavorare ad un problema particolarmente difficile della Corporazione Oscura, e cioè se assassinare o meno un determinato arconte. A mano a mano che le spie gli avevano portato informazioni in merito all’arconte e alla situazione nella sua città-stato, Tondalo le aveva archiviate in una stanza della sua memoria, perché erano cose decisamente troppo scandalose per poter essere messe in forma scritta. Ad un certo punto era tornato in quella stanza e aveva scoperto che determinati oggetti erano cambiati: la statua di un ragazzo nudo (che rappresentava il vero amore dell’arconte nella vita reale) teneva in mano una ciotola che il Vecchio non vi aveva posto e vicino al ragazzo c’era una donna in pianto. Spronato da quel cambiamento, Tondalo aveva improvvisamente visto la soluzione del problema: il ragazzo aveva messo del veleno nella ciotola e la donna in pianto era sua madre. A quel punto uno dei membri più presentabili della corporazione oscura aveva manipolato la mente della donna fino a renderla abbastanza furiosa da denunciare pubblicamente l’arconte per i suoi vizi, e dopo che la folla inferocita aveva finito con lui, la Corporazione Oscura non aveva più avuto bisogno di mandare nessun sicario.

Quella particolare serie di simboli era mutata soltanto grazie all’intuito: il Vecchio si era infatti reso perfettamente conto che come in un sogno la parte inconscia della sua mente aveva risolto il problema mentre la sfera cosciente guardava altrove… ma la cosa gli aveva dato un’idea. E se avesse creato una stanza speciale, magari addirittura un tempio, riempiendola di simboli carichi di dweomer? Quei simboli sarebbero forse mutati nell’essere toccati dalle maree del futuro e avrebbero rivelato i segreti del tempo a venire? Anche se gli ci erano voluti anni di lavoro, alla fine era riuscito ad attuare la sua idea.

Quel pomeriggio si sedette quindi sulla sedia ed evocò il suo tempio del Tempo. Dal momento che quella era un’operazione puramente mentale, il Vecchio era del tutto cosciente e si stava soltanto concentrando con un’intensità impossibile ad una mente non addestrata. L’edificio era una torre alta e quadrata, fatta di pietra bianca, che sorgeva su una collina. Un lato della collina era esposto in pieno alla luce del sole, l’altro alla luce della luna. Aggirata la struttura fino a portarsi sul lato rischiarato dalla luna, il Vecchio aprì una delle quattro porte che davano accesso al primo dei dodici piani della torre: ogni parete aveva sette finestre e al centro c’era una scala circolare di cinquanta gradini. Il Vecchio cominciò a salire, degnando appena di un’occhiata l’assortimento di oggetti presente in ciascuna stanza, fino ad arrivare al dodicesimo piano.

Là dove lui le aveva poste intorno alla scala c’erano le statue di quattro elfi, due maschi e due femmine, tutti con la schiena ai gradini come se stessero guardando dalla finestra, e più oltre c’era la statua di Rhodry, simile all’originale quanto più lo permettevano le descrizioni che il Vecchio aveva sentito, con la sola eccezione che era vestita interamente di rosso; ai suoi piedi giaceva il drago azzurro e argento di Aberwyn. Accanto a quella di Rhodry era posta una statua stilizzata che doveva rappresentare Jill, una graziosa ragazza bionda con una spada in mano, e dietro di essa c’era… non c’era nulla. Il Vecchio sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando si rese conto che l’immagine di Alastyr era completamente svanita, ma suppose che se lo sarebbe dovuto aspettare: questo dimostrava che il tempio era saldamente collegato alle forze più elevate. Tutt’intorno c’erano poi svariati simboli e oggetti, una statua di Nevyn, un arco elfico spezzato, parecchi membri del Popolo Fatato che reggevano oggetti che avevano corrispondenza con ricordi presenti nella mente del Vecchio, ma in un primo tempo lui ignorò ogni cosa e si avvicinò ad una delle finestre.

Fuori vorticava una strana foschia, e lui dovette calmare i propri nervi prima di sbirciare in essa. A volte strane creature venivano là, perché anche se il tempio era nato soltanto come costruzione mentale nel corso dei lunghi anni in cui lui vi aveva lavorato aveva cominciato ad acquisire anche una realtà astrale, come poteva fare qualsiasi immagine permeata di una forza sufficiente. In quel particolare giorno lui vide però soltanto la luce della luna che vorticava fra la nebbia, invece di indecifrabili immagini di eventi futuri, e anche se fece il giro di tutte le finestre esposte al lato notturno rimase sempre deluso. Mentre si girava verso le scale qualcosa attirò il suo sguardo e lo indusse a fermarsi ad esaminare la statua di Rhodry: c’era una differenza, qualcosa di minimo… il Vecchio continuò a scrutare la statua fino a scoprire di cosa si trattava. Minuscole rose di un candore estremo stavano crescendo intorno all’indice della mano sinistra di Rhodry, così perfette che le loro spine avevano fatto affiorare una goccia di sangue sul dito della statua. Perplesso, accennò a girarsi soltanto per arrestarsi di nuovo: le statue degli elfi stavano ridendo di lui.

All’improvviso si sentì assalire dal terrore nel sentire piccoli rumori e un frusciare vicino alle finestre, come se qualcosa stesse cercando di entrare. Mentre cominciava a scendere i gradini udì una lontana risata e una musica che aleggiava come un sussurro sulle ali del vento che aveva preso improvvisamente a soffiare intorno alla torre. In preda al panico, si lanciò a precipizio giù per la scala, balzando da un piano all’altro, fino a raggiungere infine il sicuro silenzio del piano più basso, dove le statue di arconti morti da tempo lo fissarono come se disapprovassero la sua premura poco dignitosa, e a quel punto si calmò. La torre era soltanto un’immagine mentale da lui costruita e del tutto irreale, ed era stato uno stupido a cedere a quell’inesplicabile paura: tutto quello che doveva fare era aprire gli occhi, e il tempio sarebbe scomparso nella sua memoria. Nonostante tutto, si chiese però quanto esso fosse diventato reale e se per caso avrebbe potuto trovarlo sul piano astrale… così com’era o in qualche versione strana e distorta… se fosse andato a controllare. Per un momento ebbe paura di aprire gli occhi, per timore di trovarsi intrappolato nella visione, poi si costrinse ad uscire da una delle porte sul lato soleggiato, a guardare la collina inesistente… e ad aprire gli occhi.